L’articolo esplora l’accoglienza dei rifugiati ucraini in Polonia, evidenziando le sfide giuridiche, religiose e sociali che ne derivano. Esamina il ruolo delle normative europee come la Direttiva sulla Protezione Temporanea, le difficoltà nell’integrazione e le contraddizioni politiche e culturali emerse, mettendo in luce la risposta del governo polacco e le implicazioni per il sistema migratorio europeo.
La guerra in Ucraina, scoppiata il 24 febbraio 2022, ha generato uno dei più vasti esodi migratori in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale, con oltre 3,6 milioni di rifugiati accolti in Polonia. Questo afflusso, inizialmente contraddistinto da un’eccezionale ondata di solidarietà, ha ben presto evidenziato sfide complesse che spaziano dall’integrazione europea alla tutela giuridica dei rifugiati, dalla gestione equa delle risorse alla coesistenza tra diverse confessioni religiose.
La base giuridica della protezione temporanea
L’accoglienza dei rifugiati ucraini in Polonia si fonda sulla Direttiva Europea sulla Protezione Temporanea, attivata per la prima volta nel 2001 per rispondere a situazioni di emergenza, e attuata anche nel 2022 in seguito alla crisi ucraina. Questa normativa consente ai cittadini ucraini di beneficiare di una protezione immediata, che include il diritto di soggiorno, l’accesso al lavoro, all’istruzione e ai servizi sociali per almeno un anno. Recentemente, questa protezione è stata estesa fino al 4 marzo 2024, permettendo ai rifugiati di continuare a beneficiare delle misure senza dover richiedere nuovi documenti. Questo modello ha riscosso un ampio consenso (secondo un sondaggio condotto da United Surveys nel febbraio 2023, il 78% dei polacchi approvava la politica di sostegno all’Ucraina), ma ha messo in luce le contraddizioni presenti nel sistema migratorio europeo, in particolare sul bilanciamento tra solidarietà tra Stati membri e la crescente polarizzazione delle politiche nazionali. A tal proposito, nel 2023, sono emerse discussioni sulla riforma del Sistema Comune di Asilo, con particolare attenzione alle modalità di distribuzione dei rifugiati tra gli Stati membri dell’Unione Europea. Roberta Metsola, Presidente del Parlamento Europeo, ha dichiarato nel 2023 che “non possiamo permettere che l’immigrazione venga utilizzata come arma” durante una discussione sul Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, esprimendo preoccupazione per come alcuni Stati membri possano adottare politiche che ostacolano una cooperazione equa tra paesi dell’Unione. Nello specifico, la risposta polacca a questa situazione non sempre rispecchia i principi di uguaglianza e non discriminazione che sono sanciti dalle normative europee, come la Direttiva 2011/95/UE, che disciplina il riconoscimento dello status di rifugiato, e la Direttiva 2001/55/CE sulla protezione temporanea. In particolare, la Polonia ha accolto rifugiati ucraini con maggiore apertura rispetto ad altri gruppi, ma ha adottato politiche più restrittive nei confronti di immigrati provenienti da altre regioni come il Medio Oriente e l’Africa. Nel 2022, secondo l’UNHCR, la Polonia ha accolto 1,5 milioni di rifugiati ucraini, mentre i nuovi arrivi includevano 19.000 siriani, 6.000 palestinesi e circa 4.000 sudanesi. Questo approccio non è pienamente allineato con la direttiva europea, la quale prevede un trattamento equo per tutti i rifugiati, indipendentemente dalla loro origine. L’allineamento con queste normative richiederebbe una politica migratoria che garantisca uguali diritti a tutti i rifugiati, senza discriminazioni basate sulla provenienza. Il 24 novembre 2020, su proposta della Commissione Europea, è stato adottato il Piano d’Azione per l’Integrazione e l’Inclusione per il periodo 2021-2027. Questo piano, che si inserisce nel contesto del Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, mira a promuovere una maggiore inclusione e integrazione per migranti e cittadini dell’UE con background migratorio attraverso interventi in ambiti cruciali come istruzione, lavoro, alloggio e accesso ai servizi sanitari, e include azioni concrete per promuovere una maggiore cooperazione tra le autorità locali, regionali e i vari partner sociali. Sebbene il piano non sia vincolante e lasci agli Stati membri la flessibilità di adattare le proprie politiche di integrazione alle esigenze nazionali, promuovendo al contempo l’utilizzo di fondi europei come il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (AMIF), la Polonia ha intrapreso poche iniziative per implementarlo in maniera significativa. Le azioni si sono concentrate prevalentemente su interventi emergenziali a breve termine, senza sviluppare politiche strutturate per favorire un’integrazione sistematica dei migranti. Questo limite è attribuibile anche a un contesto politico che tende a mostrare scetticismo verso politiche di accoglienza e multiculturalismo.
La sostenibilità dell’accoglienza
La gestione dell’accoglienza dei rifugiati ucraini ha rappresentato una prova senza precedenti per la Polonia sul piano economico, sociale e infrastrutturale. Le difficoltà, accentuate dalla scarsità di risorse e dalla crescente pressione sul sistema sanitario e scolastico, sono infatti evidenti nonostante la riduzione significativa degli arrivi giornalieri a partire da maggio 2022, dovuta principalmente alla chiusura temporanea delle rotte migratorie verso l’Europa e al ritorno di alcuni rifugiati in Ucraina (il flusso si era inizialmente attestato su oltre 100.000 persone al giorno, per poi stabilizzarsi a circa 20.000 arrivi giornalieri nel 2023). Molte famiglie polacche che ospitano rifugiati si trovano in difficoltà nell’assicurare il sostentamento a lungo termine e, dato che solo il 30% dei rifugiati ucraini riesce a integrarsi nel mercato del lavoro (occupazione a tempo pieno), sono rari i casi di totale autosufficienza. La maggior parte dei rifugiati ucraini in Polonia dipende infatti completamente dall’assistenza statale o dagli aiuti delle organizzazioni non governative. Durante la campagna elettorale per le elezioni parlamentari del 2023, questo ha alimentato posizioni critiche nei confronti dei rifugiati ucraini. Alcuni esponenti del partito di governo Diritto e Giustizia (PiS), tra cui Jarosław Kaczyński, hanno proposto misure drastiche come il rimpatrio dei rifugiati e una riduzione del supporto. Kaczyński ha dichiarato: “La Polonia non è un paese multiculturale e non vogliamo diventarlo”. Se queste problematiche non vengono affrontate con politiche adeguate, la sostenibilità del sistema di protezione temporanea rischia infatti di essere compromessa. Ancora una volta, la crisi potrebbe diventare un’opportunità per rafforzare l’identità collettiva europea, affrontando le sfide della migrazione e dell’integrazione con maggiore cooperazione e solidarietà. Questo principio è stato enfatizzato durante il Global Refugee Forum 2023, che si è tenuto a Ginevra dal 13 al 15 dicembre. In particolare, l’evento ha evidenziato l’importanza di promuovere una cooperazione tra attori pubblici e privati per garantire l’uso sostenibile delle risorse, con un’attenzione particolare ai paesi che accolgono un numero consistente di rifugiati, proprio come la Polonia.
La questione religiosa e culturale
È infine interessante osservare l’aspetto religioso della situazione. La coesistenza tra profughi ucraini, per lo più ortodossi, e la comunità polacca, cattolica, può forse essere spiegata dalla vicinanza storica e culturale tra i due popoli e dalla minaccia comune della Russia. “Aiutando gli ucraini, aiutiamo noi stessi” afferma Stanisław Obirek, teologo, storico, antropologo culturale ed ex gesuita polacco, sottolineando però anche la presenza di atteggiamenti contrari all’integrazione, perlopiù legati alle dinamiche politiche del paese. “Per quanto riguarda ostilità e xenofobia, verso gli immigrati provenienti dai paesi mediorientali o asiatici, si deve dire che questo è il risultato della politica dell’attuale governo populista di destra, venuto al potere, in gran parte, grazie alla politica anti migratoria, così come è accaduto nell’Ungheria di Orban” continua accorato. Tuttavia, sebbene le differenze religiose esistano, dal punto di vista della gente comune queste sono molto più sottili, e la calorosa accoglienza che gli ucraini hanno trovato in Polonia ha permesso di superare qualunque barriera. Padre Luca Bovio, missionario in Polonia dal 2008, osserva: “Il fatto che loro siano nelle famiglie è una cosa poco raccontata ma di molto effetto, quando ci sono queste grandi migrazioni di persone è molto più facile costruire palazzetti e farci dormire ammassate cinque mila persone, invece che garantire ognuno un tetto e un calore che una famiglia può dare, questa è la realtà di questo Paese”. La libertà religiosa, sancita dall’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, diventa in questo contesto un elemento fondamentale per garantire la coesistenza pacifica e il rispetto delle minoranze. Se in futuro, a causa di questa convivenza ortodosso-cattolica, i principi e i valori del mondo religioso polacco si annebbieranno, è ancora difficile stabilirlo.
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