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Cambiamento climatico e fecondità

Negli ultimi decenni le problematiche connesse al cambiamento climatico hanno conquistato un’attenzione via via crescente nei media e nella pubblica opinione. L’elevato interesse per tematiche ambientali, attribuibile anche ai diversi eventi meteorologici di intensità estrema e ai disastri ambientali verificatisi negli ultimi anni, può avere ricadute positive sull’ambiente stesso, se contribuisce a creare strategie di adattamento da parte degli individui e delle società volte a limitare gli effetti negativi di tale cambiamento, per esempio attraverso l’adozione di comportamenti responsabili nonché di adeguate politiche di prevenzione e salvaguardia del territorio.
Relazione tra ambiente e comportamento umano
È ampiamente riconosciuto che il cambiamento climatico ha un carattere antropogenico e che un continuo peggioramento delle condizioni ambientali ha un notevole impatto sul benessere di singoli individui e intere popolazioni (Lutz 2009, Christensen JH et al. 2007).
Il peggioramento delle condizioni ambientali può avere un impatto anche sulle decisioni e sui comportamenti riproduttivi, tramite effetti diretti sulla salute riproduttiva (si pensi, per esempio, alle conseguenze dell’inquinamento sulla fertilità delle donne) ed effetti indiretti che agiscono sulle scelte riproduttive.
Nell’indagine Eurobarometro “Fecondità e cambiamento climatico”, condotta nel 2011, uomini e donne di età superiore ai 15 anni appartenenti ai 27 paesi dell’Unione Europea sono stati chiamati a riportare la loro opinione su questioni di natura ambientale, rispondendo, tra l’altro, alla domanda: “Come consideri il cambiamento climatico?”. Tre possibilità di risposta erano contemplate nel questionario: ‘Non è un problema’, ‘È uno dei più importanti problemi del futuro’, ‘È il più importante problema del futuro’.
Le informazioni fornite dagli intervistati sono state analizzate unitamente al numero effettivo e desiderato di figli riportato dagli stessi per verificare l’ipotesi che a una più spiccata sensibilità verso le questioni ambientali corrisponda una maggiore cautela da parte degli individui in età riproduttiva a programmare (ulteriori) nascite o a posticiparle in un futuro più lontano. L’idea, ancora in corso di elaborazione, è che le preoccupazioni legate a un potenziale deterioramento dell’ambiente scoraggino la scelta di avere un figlio, oppure di averne uno in più, perché il nascituro sarebbe esposto al rischio e alle conseguenze del peggioramento ambientale. La relazione potrebbe funzionare anche in un altro senso, ovvero tramite l’intenzione o la volontà, più o meno esplicita, di ridurre l’impatto umano sull’ambiente attraverso una riduzione del numero di figli.
Una diversa sensibilità ai problemi ambientali
Sebbene in tutta l’Unione Europea sia emersa una notevole sensibilità al tema del cambiamento climatico, le differenze tra paesi rimangono considerevoli. In Portogallo, Estonia, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Romania, Italia, Regno Unito e Irlanda, meno della metà degli intervistati tra i 20 e i 45 anni hanno dichiarato di essere preoccupati del cambiamento climatico. All’estremo opposto, in Germania, Belgio, Lussemburgo, Francia, Spagna, Grecia, Cipro, Slovenia, Svezia e Danimarca oltre il 60% degli intervistati nella stessa fascia di età ha dichiarato di nutrire preoccupazioni per il futuro a causa del graduale mutamento del clima (Fig.1). Nei restanti paesi (Finlandia, Austria, Paesi Bassi, Lituania, Lettonia, Bulagaria Slovacchia, e Malta ) la percentuale si aggira attorno al 50%.
Coerentemente con l’ipotesi di ricerca che vede un’influenza significativa del cambiamento climatico su scelte e comportamenti riproduttivi, gli individui con figli si sono rivelati maggiormente preoccupati del futuro cambiamento climatico degli individui senza figli (Tab.1). Tale relazione rimane statisticamente significativa anche quando vengono tenute sotto controllo una serie di caratteristiche socio-demografiche degli individui (età, sesso, stato civile, livello di istruzione, stato di occupazione e classe sociale) che potrebbero potenzialmente influenzare la relazione positiva tra fecondità e ambiente. Tale risultato è robusto anche in presenza di una forte variabilità tra paesi nella quota di individui sensibili al problema ambientale, come si evince dalla varianza tra paesi nei modelli multilivello usati . Anche le scelte riproduttive future sembrano avere una relazione positiva con la preoccupazione per l’ambiente: quest’ultima è maggiore per gli individui che programmano di avere (ancora) uno o due figli rispetto a chi non ha intenzioni di avere figli in futuro.
In definitiva, i dati dell’indagine Eurobarometro ci rivelano che gli europei con prole, o che programmano una famiglia con più figli, sono più preoccupati degli europei senza prole, o che non vogliono (altri) figli, che è importante preservare e trasmettere alle generazioni future un ambiente sano in cui i bisogni della specie umana possano essere soddisfatti senza causare danni futuri o, utilizzando un’espressione cara agli ambientalisti, seguendo modelli di sviluppo sostenibile.
Per saperne di più

Christensen JH et al. (2007). Regional Climate Projections. In: Solomon S, D. Qin, M. Manning, Z. Chen, M. Marquis,K.B. Averyt, M. Tignor and H.L. Miller, editor. Climate Change: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change. Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA.: Cambridge University Press.
De Rose A., and M.R. Testa. 2013. Climate change and reproductive choices. Poster presented at the Italian Population Days, Brixen 7-9 February 2013.
Lutz, W. 2009. Population and Climate Change. Population Network Newsletter, POPNET 41. Contributo basato sul discorso tenuto alla XXVI Conferenza Generale dello IUSSP, International Unit for the Scientific Study of Population, Marrakech, 1 Ottobre 2009. 
Testa, M.R. 2012. Family size in Europe: evidence from the 2011 Eurobarometer survey. European Demographic Research Paper 1, Vienna Institute of Demography of the Austrian Academy of Sciences.  

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