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Volere figli in Italia: quali i costi e i benefici attesi?

Come viene percepito l’arrivo di un figlio dai potenziali genitori in Italia? In un’analisi dei dati di Famiglie e Soggetti Sociali (2016), Rebecca Soldo, Giulia Feltrin e Valeria Ferraretto mostrano che le aspettative negative sono predominanti nella sfera economico-lavorativa, specialmente per le donne, mentre vi è più ottimismo riguardo le ripercussioni sul benessere soggettivo.

Le barriere alla genitorialità in Italia

Ormai da decenni, l’Italia spicca in Europa con uno dei tassi di fecondità più bassi, pari a 1,26 figli per donna nel 2023, accompagnato da un’età media al primo figlio tra le più alte (31,6 anni). Inoltre, l’Italia si colloca al terzo posto in Europa per ampiezza del divario tra il numero di figli desiderato – generalmente, 2 – e quello effettivamente realizzato (Beaujouan & Berghammer, 2019). Questo divario suggerisce che la bassa fecondità in Italia sia dovuta, almeno in parte, alla presenza di barriere che ostacolano la realizzazione dei desideri di fecondità. In questo dibattito, la deregolamentazione del mercato del lavoro, la precarietà lavorativa, i bassi livelli di occupazione femminile, l’inadeguatezza delle politiche di welfare a sostegno delle famiglie e dei giovani rappresentano da tempo temi centrali (Guetto et al., 2025; Vignoli et al., 2020). A questi si aggiungono i sempre più esigenti standard genitoriali che incoraggiano ad investire sui figli non solo in termini economici, ma anche di tempo, energia e attenzioni. Queste dinamiche gravano soprattutto sulle donne, ritenute prime responsabili dell’attività di cura, per le quali la maternità rappresenta spesso un’esperienza totalizzante in contesti come l’Italia (Lebano & Jamieson, 2020). Meno indagato è invece il ruolo della percezione soggettiva di vincoli e opportunità legati alla genitorialità, che potrebbero di fatto ampliare o mitigare l’effetto negativo delle barriere economiche, strutturali ed istituzionali esistenti, ed influenzare, quindi, la decisione di avere figli. 

Costi e benefici attesi dai potenziali genitori 

Attraverso una batteria di domande dedicata, l’indagine multiscopo Istat “Famiglie e Soggetti Sociali” (2016) offre l’opportunità di esplorare i costi e i benefici associati alla genitorialità. In particolare, i rispondenti tra i 18 e i 49 anni, in una relazione di coppia e che intendono avere un figlio nel breve o nel lungo termine, sono chiamati a valutare se l’arrivo ipotetico di un figlio nei successivi tre anni migliorerebbe o peggiorerebbe la loro vita in diversi ambiti, sia economico-lavorativi che personali-valoriali. 

La Figura 1 mostra che le dimensioni valutate più negativamente sono quelle relative alla sfera economico-lavorativa, soprattutto per le donne: circa la metà dei rispondenti (sia uomini che donne) dichiara che, con l’arrivo di un figlio entro i tre anni successivi, la propria situazione economica peggiorerebbe; per oltre il 49% delle donne le proprie opportunità lavorative peggiorerebbero, contro solo il 19% degli uomini. Anche gli uomini riportano in larga parte (oltre il 45%) aspettative negative riguardo le opportunità lavorative della partner. Quasi il 10% degli uomini si aspetta invece un miglioramento delle proprie opportunità lavorative con l’arrivo di un figlio.

Al contrario, i rispondenti si aspettano un miglioramento nelle dimensioni legate alla  sfera personale e valoriale, come la propria reputazione, le loro certezze e la soddisfazione che ricevono dalla vita. Le aspettative rimangono perlopiù negative o neutre, invece, per quanto riguarda la propria vita sessuale e la possibilità di fare ciò che si vuole. Considerando la selettività del campione, composto da individui che intendono avere un figlio in futuro, questi risultati suggeriscono che, in Italia, le intenzioni di fecondità potrebbero dipendere in misura maggiore dai benefici attesi riguardo la soddisfazione e le certezze nella vita, piuttosto che riguardo i  costi economici o la libertà personale. 

Al tempo stesso, le intenzioni potrebbero essere posticipate quando il peggioramento atteso delle condizioni economiche non è sufficientemente controbilanciato da aspettative positive sulle altre dimensioni. Per tutti gli ambiti considerati, infatti, i rispondenti che hanno intenzione di avere figli nel lungo termine sono in generale più negativi rispetto a coloro che hanno dichiarato di volere un figlio nei prossimi tre anni (Tabella 1).

Considerando le differenze in base alle caratteristiche socio-demografiche dei rispondenti, le percezioni negative sono prevalenti nella fascia d’età 18-29, ma tendono a calare con l’età: l’intenzione di avere un figlio prima dei 30 anni si scontra quindi con aspettative negative in merito alla propria situazione economica, lavorativa e personale. L’arrivo di un figlio è ancora valutato come peggiorativo della situazione economica nelle fasce di età successive, ma aumentano, in questo caso, i benefici attesi in altre sfere della vita.
I costi economici sono molto più preoccupanti per chi sta ancora studiando, mentre il divario limitato tra gli occupati e i non occupati evidenzia l’importanza delle percezioni soggettive per le scelte di fecondità.
L’esperienza pregressa è rilevante: i rispondenti senza figli appaiono più pessimisti dei genitori, soprattutto sugli aspetti economico-lavorativi e sulla libertà personale. Minori le differenze nei benefici attesi, tranne per la reputazione sociale che migliora con l’arrivo del primo figlio.

Per concludere, le persone che intendono avere figli in Italia sono guidate principalmente da motivazioni legate al proprio benessere soggettivo ma si aspettano, almeno nel breve periodo, un deterioramento nelle proprie possibilità economiche e lavorative. L’impatto atteso negativo nella sfera economica varia limitatamente per età, condizione occupazionale, o per numero di figli, suggerendo che intervenire sulla conciliazione tra lavoro e famiglia e sugli aiuti economici potrebbe cambiare sensibilmente le aspettative riguardo l’arrivo di un figlio, permettendo a più persone di realizzare le loro intenzioni di fecondità.
Questo contributo è parte del progetto “Well-being and Fertility Policies (WelFerPoli)”, finanziato dal Ministero Italiano dell’Università e della Ricerca nell’ambito del programma PRIN 2022 PNRR.

Bibliografia

Beaujouan, E., & Berghammer, C. (2019). The gap between lifetime fertility intentions and completed fertility in Europe and the United States: A cohort approach. Population Research and Policy Review38, 507-535.

Guetto, R., Alderotti, G., & Vignoli, D. (2025). Can Policy Reforms Enhance Fertility? An Ex-Ante Evaluation through Factorial Survey Experiments. Demography, 11775048.

Lebano, A., & Jamieson, L. (2020). Childbearing in Italy and Spain: Postponement Narratives. Population and Development Review, 46(1), 121–144.

Vignoli, D., Tocchioni, V., & Mattei, A. (2020). The impact of job uncertainty on first-birth postponement. Advances in Life Course Research45, 100308.

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