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Putin, la demografia e la guerra

La vastità della Russia e la sua dispersa popolazione, attenuano il trauma sociale della costosa guerra di aggressione all’Ucraina. Massimo Livi Bacci fa il punto sulle perdite militari delle due parti e sulla demografia della Russia, molto debole nonostante la costosa politica pro-natalista avviata da Putin nel 2007.

All’inizio del 2024, nel suo discorso all’Assemblea generale della Federazione Russa, Putin è tornato sulla questione demografica, sua costante preoccupazione dalla sua investitura come capo dello stato: “Il sostegno alle famiglie con figli è il nostro fondamentale imperativo morale. Una grande famiglia dovrebbe diventare la norma, la filosofia di vita della società, l’obbiettivo dell’intera strategia dello stato… nei prossimi sei anni dobbiamo raggiungere una natalità che permetta una crescita sostenibile”. 

Pochi abitanti per tanto spazio

La Russia è il paese più vasto del mondo, con i suoi 17 milioni di chilometri quadrati di superficie (7-8 milioni in più di Canada, Cina e Stati Uniti), oltre 20mila chilometri di confini terrestri, e una popolazione di 146 milioni di abitanti, in declino. Un’enorme spazio da conservare, difendere e popolare, obbiettivo geopolitico primario di ogni governo, da Pietro il Grande, a Caterina II, a Stalin, a Putin. Le vicende demografiche della Russia/Unione Sovietica sono ben note1; nella Figura 1 è riportata la curva della popolazione dal 1960 all’inizio del 2024: un continuo aumento dal 1960 fino al 1990, alla dissoluzione dell’Urss (da 119 a 149 milioni); una flessione nel periodo di crisi successivo, una ripresa dopo il 2007 (143 milioni) fino al 2020 (148 milioni) e una nuova inversione e discesa negli ultimi quattro anni (146 milioni attuali). Le Figure 2 e 3 completano l’immagine della demografia degli ultimi decenni. La ripresa dopo il 2007 è in parte artificiosa, e dovuta all’annessione, nel 2014, della Crimea e di Sebastopoli (2,7 milioni di abitanti). In parte è dovuta anche alla ripresa delle nascite, per l’introduzione di un cospicuo sostegno finanziario alle coppie (il cosiddetto “capitale materno”) nel 2007. Le recenti previsioni delle Nazioni Unite (2022), secondo la “variante media”, prospettano una perdita di circa 10 milioni di abitanti nei prossimi vent’anni (136 milioni nel 2044), nonostante una ipotizzata, sia pur moderata, ripresa della natalità. 

Il “capitale materno” e le nascite

Queste prospettive allarmano il governo. Nel 2007, nel tentativo di sostenere la natalità fu introdotto il cosiddetto “capitale materno”, cioè la corresponsione di una cospicua somma (una tantum) alla nascita di un secondo figlio, o di un figlio di ordine superiore, volta sostenere i costi di allevamento e della formazione, ma anche spendibile per l’accensione di un mutuo per l’acquisto di un’abitazione, o per la sua ristrutturazione, e per altre necessità familiari. Il contributo è stato via via adeguato al costo della vita; oggi vale 834mila rubli (equivalenti, al cambio corrente di fine marzo, a € 8.350), una somma cospicua se commisurata al reddito medio familiare. Dal 2022 il “capitale materno” viene corrisposto anche alla nascita del primo figlio (anche in questo caso, una tantum, e quindi non rinnovabile per le nascite eventuali di un secondo, terzo figlio e oltre)2. Come è avvenuto in situazioni analoghe in altri paesi, si sono avuti effetti immediati, anche per un effetto “anticipo”, e cioè al fatto che coppie che avevano in programma di avere un secondo figlio, ne hanno anticipato la nascita (ma senza per questo cambiare i loro programmi riguardo al numero della prole desiderato). Questo effetto anticipo ha contribuito all’aumento delle nascite, dal minimo storico di 1,3 milioni della fine degli anni ’90 a 1,9 milioni circa tra il 2011 e il 2016, ma gli effetti sembrano esauriti, e le nascite del 2023 sono ridiscese a 1,3 milioni, corrispondenti a meno di 1,5 figli per donna, e pari al minimo storico di fine anni ’90. Il clima generale è poi peggiorato, sia per effetto della pandemia di Covid, sia per il reclutamento di 300mila giovani impegnati nella guerra all’Ucraina e la prospettiva di ulteriori chiamate alle armi, sia per l’emigrazione consistente (si è parlato di 700mila giovani emigrati per sfuggire al servizio militare). 

Tributi di sangue

La guerra sta imponendo un tremendo tributo di sangue alle forze Russe e a quelle Ucraine. Le dichiarazioni ufficiali dei due paesi in conflitto si contano col contagocce, e sono del tutto inattendibili. Giornalisti e studiosi, intraprendenti e curiosi, hanno trovato vie alternative per stimare – sia pure con inevitabili approssimazioni – gli ordini di grandezza delle perdite. Le vie seguite sono varie: dal confronto tra le statistiche decessi di giovani uomini e di giovani donne, alla raccolta degli annunci di decesso sui giornali e sui media, allo sfruttamento delle statistiche notarili riguardanti le certificazioni delle successioni. Rimandiamo a un altro articolo su Neodemos, e ad altri documenti3, l’indicazione delle fonti, delle metodologie adottate, dei livelli di approssimazione. La Figura 4 descrive l’andamento settimanale dei decessi verificati (Russia e Ucraina) e di quelli stimati (Russia) dal marzo del 2022 alla fine del 2023. Nell’insieme, si tratterebbe di 75mila decessi per le truppe russe (valore centrale di un “intorno” tra i 66mila e 88mila decessi) cui vanno aggiunte perdite dei feriti smobilitati per la gravità delle ferite riportate (in un rapporto di 1,7/2,0 feriti per ogni deceduto).  Nel totale si tratterebbe di 200-225mila perdite fino alla fine del 2023 dalla parte russa. I deceduti di parte Ucraina ammonterebbero a 42mila, per un totale di 120mila perdite, includendo i feriti gravi. L’andamento settimanale, mostra un massimo di perdite nei primi mesi del 2023, in corrispondenza del sanguinoso assedio di Bakmut. La guerra di attrito è responsabile dell’alto numero di vittime, in un conflitto di trincea, spesso non troppo dissimile da quanto avveniva nella della Grande Guerra. Molte perdite sono imputabili anche alla scarsità di presidi medici in prossimità della linea del fronte ed alla necessità di evacuare i feriti nelle distanti retrovie.

Molti osservatori ritengono che l’impatto delle perdite, sotto il profilo psicologico e sociale, sia più devastante per l’Ucraina, paese democratico che non per la Russia. Molte perdite russe hanno riguardato i numerosi condannati, liberati e integrati tra le truppe con contratti di 6 mesi. Inoltre la censura, la grande vastità del paese, e la numerosità della popolazione avrebbero diluito e attenuato gli effetti negativi delle perdite. Riflessioni che andranno approfondite dopo la fine di un conflitto che appare destinato a durare ancora a lungo.

Note

1Rimandiamo i lettori agli articoli pubblicati su Neodemos: La Russia, troppo grande troppo vuota?, 11 Settembre 2018; I bambini di Putin, 27 Luglio 2021; La Russia e la demografia di guerra, 12 Aprile 2022.

2Provvedimento da molti giudicato imprudente, stante il fatto che molte coppie desiderano avere un solo figlio e si fermano al figlio “unico”.

 3Massimo Livi Bacci, Il tremendo costo umano dell’aggressione Russa, Neodemos, 22 Settembre 2023.

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