La guerra scatenata dalla Russia in Ucraina sta avendo costi umani elevatissimi per i due paesi. Nel silenzio delle fonti ufficiali, rotto da dichiarazioni inattendibili a fini propagandistici, una intelligente indagine, riferisce Massimo Livi Bacci, svela le dimensioni minime delle gravi perdite russe.
La guerra di aggressione all’Ucraina, scatenata dalla Russia il 24 febbraio del 2022, ha un alto costo per i due paesi in termini di vite umane perdute o compromesse nei campi di battaglie e nelle retrovie. Si tratta di paesi caratterizzati da una demografia già molto debole in tempo di pace, che il conflitto sta aggravando non solo per le perdite dirette, ma anche per l’emigrazione che genera, e per il peggioramento del contesto economico e sociale e le conseguenti ricadute negative sulla mortalità e la natalità di tutta la popolazione.
Russia e Ucraina: due debolezze demografiche
Dei due paesi è l’Ucraina quello più vulnerabile, che ha subito le forti amputazioni territoriali (allo stato attuale) della Crimea e del Donbass, patisce un’emorragia di profughi, subisce le distruzioni sul proprio territorio, e ha una popolazione che è appena un quarto di quella dell’aggressore1. D’altro canto la grandezza della Russia, e la sua contiguità con i giganti asiatici, la rende vulnerabile sotto il profilo geopolitico; non a caso da un ventennio Putin e la sua cerchia ritengono centrale la questione demografica2. I tentativi di rianimare la natalità con una dispendiosa politica di incentivi alla maternità (Maternity Capital) sono sostanzialmente falliti, nascite e popolazione sono in diminuzione. Lo scoppio del conflitto e la coscrizione, hanno determinato una forte emigrazione (700mila è una cifra spesso citata da fonti serie), particolarmente in settori cruciali quali la ricerca, il comparto informatico, gli ambiti professionali e tecnici. Un esodo che ha sollevato forti preoccupazioni dei responsabili economici e delle massime autorità (il Presidente della Duma, il Presidente dell’Accademia delle Scienze, Ministri vari). Il regime tenta di stringere i freni all’uscita e di stimolare i rientri: in occasione della presentazione del recentissimo Piano Migratorio (Concept of Migration Policy) Putin ha lamentato l’ondata emigratoria: “nel 2022, sotto l’influenza di mutate condizioni socio-economiche, è cresciuta l’emigrazione dalla Federazione Russa. È pertanto necessario prendere misure ulteriori per creare le condizioni economiche e finanziarie per preservare il capitale umano e ridurre l’emigrazione.”3 Intanto si pensa a frenare le uscite, con l’entrata in vigore, nel prossimo ottobre, di un registro elettronico dove saranno inseriti tutti coloro che sono oggetto di coscrizione (cui è vietato l’espatrio) e la documentazione relativa, ad evitare le inefficienze dell’attuale sistema. La Duma, d’altro lato, ha proposto che l’età per il reclutamento vada dai 18 anni ai 30 anni, nonostante le proposte, non ascoltate, di alzare il limite minimo a 21 anni.
Più morti che nelle guerre di Afghanistan, Cecenia e Donbass
Il conflitto, si è detto, si sta rivelando assai più sanguinoso di quanto non fosse previsto; esso sta diventando una guerra di attrito, di posizione, con un forte impegno di uomini, senza una soluzione in vista. Come vedremo, le circa 50mila vittime di parte russa, sono maggiori della somma delle vittime dei conflitti nei quali l’Urss/Russia è stata coinvolta dalla fine della seconda guerra mondiale: le 15mila della guerra in Afghanistan (1979-89); le 18mila delle due guerre di Cecenia (1994-96 e 1999-2009), le 6mila del conflitto nel Donbass (dal 2014 alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina). Le fonti ufficiali, sia russe che ucraine, sono pressoché silenti su questo argomento e comunque eventuali cifre, generalmente inattendibili, rientrano nella logica della disinformazione dei tempi di guerra. Nel settembre del 2022, il Ministero della Difesa dichiarava la perdita di 5937 uomini, una cifra risibile a fronte della violenza del conflitto nei primi sette mesi. Poi più nulla. Più attendibile la dichiarazione di un aiuto di Zelenski, il 2 dicembre, che stimava le perdite ucraine fino a quella data in 10-13mila unità.
Un’indagine originale rompe il silenzio ufficiale
Il 10 luglio scorso è stato reso noto un rapporto di due organizzazioni russe, Mediazona e Meduza, che sono state dichiarate dal Cremlino “foreign agents” – e sono adesso costrette a operare fuori del paese – che per le fonti utilizzate, e i metodi impiegati, danno risultati molto attendibili4. Le fonti sono di tre tipi: 1) una rilevazione capillare dei necrologi di militari morti apparsi sulla stampa, sui media, e su post dei social, fatta da una rete di volontari e dalla BBC. Naturalmente i dati sottostimano il fenomeno perché una quota importante dei deceduti non dà luogo a “segnali” e quindi rimane occulta, sfuggendo alla rilevazione. Ma i dati che se ne ricavano forniscono un sicuro “minimo” delle perdite. 2) I dati del Registro Nazionale delle Successioni Omologate (National Probate Registry), nel quale vengono obbligatoriamente inseriti i deceduti (entro sei mesi dal decesso) per consentire la trasmissione agli eredi di beni reali (case, terreni, auto) o finanziari. Non tutti i deceduti vi sono iscritti: molti, soprattutto i più giovani, non hanno eredità da trasmettere, e la proporzione dei non registrati cresce quanto più poveri sono i defunti. 3) Un confronto tra l’andamento “normale” (negli anni di pace precedenti la guerra, e il Covid) dei decessi per mese degli uomini tra i 15 e i 50 anni, e l’andamento dei decessi nel periodo del conflitto, con attribuzione della “discrepanza” in eccesso dei secondi alla mortalità di guerra. Non entriamo nei dettagli dei numerosi problemi che questi dati sollevano, che la lettura del rapporto disponibile online chiariscono.5
Tragica contabilità
Le Figure 1 e 2 permettono di verificare la logica seguita. Nella Figura 1 è riportato l’andamento settimanale delle iscrizioni nel Registro di uomini e donne, limitatamente al gruppo di età 20-24 anni, dal 2014 (anno di costituzione del registro) al giugno 2023. Ebbene, fino al febbraio 2022, c’è uno scarto costante tra iscrizioni maschili e femminile; questo scarto “esplode” a partire dal marzo, segnalando chiaramente gli effetti della guerra (durante la quale le iscrizioni femminili rimangono pressoché costanti). Il declino degli ultimi mesi è dovuto al fatto che tali iscrizioni possono farsi entro sei mesi dal decesso. Andamenti molto simili e coerenti si riscontrano per le altre classi di età (fino ai 50 anni, oltre tale età sono rari gli uomini al fronte a rischio di morte). Nella Figura 2, sono invece riportate le curve che rappresentano “l’eccesso” di mortalità degli uomini nel periodo bellico ricavato dalla serie delle iscrizioni nel Registro, e l’andamento della rilevazione Mediazona-BBC dei necrologi, curve che hanno un andamento analogo (più schiacciata la curva dei necrologi per le ragioni sopra riportate).
In generale c’è un rapporto abbastanza costante tra il numero di feriti (che pertanto “escono” dal conflitto) e il numero dei decessi, i primi superando i secondi per un fattore pari a due, tre o più, a seconda dei casi. Sulla base di questo rapporto, è stata stimata la serie delle possibili perdite (morti e feriti) settimanali dell’esercito russo dall’inizio del conflitto allo scorso mese di luglio (Figura 3), che nel totale supera le 200mila unità, all’incirca 400 al giorno. In conclusione, va osservato che le stime ottenute sulla base di dati oggettivi di diversa natura, trattati con adeguate metodologie, concordano nello stimare un ordine di grandezza delle morti subite dall’esercito russo. Nelle prudenziali sintesi di Mediazona e Meduza si dice: “Dalle analisi dei necrologi pubblicati, dei dati di mortalità raccolti dal Servizio Statistico Federale e dei record del Registro Nazionale delle Successioni, possiamo stimare che gli uomini sotto i 50 anni morti combattendo in Ucraina fino al 27 maggio 2023, si situino tra le 40mila e le 55mila unità. Aggiungendo il numero degli uomini feriti in modo grave da precluderne il ritorno al servizio militare, il numero totale delle perdite della Russia sale ad almeno 125mila unità.”6 Il Cremlino è silente, ma i numeri parlano.
Note
1 Steve S. Morgan, Dopo la guerra: quel che resta dell’Ucraina, Neodemos, 10 giugno 2022
2Massimo Livi Bacci, La Russia: troppo grande e troppo vuota?, Neodemos, 11 settembre 2018
3Dalla rassegna della stampa di Demoscope Weekly nn. 991-92, dello scorso mese di giugno. Demoscope Weekly — Vishnevsky Institute of Demography — HSE University
4Meduza, Bring out your dead, Bring out your dead A joint investigation by Meduza and Mediazona reveals the true number of Russian soldiers killed so far in the invasion of Ukraine — Meduza
5Tra le tante incertezze: la sorte delle persone “missing” e dei disertori, dei prigionieri di guerra, dei reclutati in bande e gruppi (non solo la Wagner) non ufficiali, di combattenti filorussi ma non russi nel Donbass. Infine una quota significativa dei decessi a seguito di ferite riportate avvengono a distanza di tempo dall’evento.
6Meduza, Bring out your dead, cit. “almeno 125mila unità”, in apparente contraddizione con le 200mila citate più sopra, che peraltro comprendono anche i mesi di giugno e luglio 2023. La cifra deriva dall’applicazione di un coefficiente “feriti gravi/decessi”, inferiore a quello usato nella Figura 3.
Fonte figura 3 – russian-casualties.in.ua