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I bambini di Putin

La questione demografica continua a preoccupare la Russia di Putin come ci ricorda Massimo Livi Bacci. La natalità, che aveva mostrato un forte rialzo negli anni successivi al 2007, quando fu avviata la politica di generoso sostegno alle nascite, si sta afflosciando, e la malferma salute della popolazione pone il paese in retroguardia tra i paesi Europei. Un capitale umano troppo debole per il più grande paese del mondo.

La questione demografica, da quando l’Unione Sovietica si è scongelata, preoccupa i governanti della Russia. Non è una novità: della crescita della popolazione Stalin aveva fatto una bandiera, tanto da annullare il Censimento del 1937 (“liquidando” l’equipe che l’aveva organizzato) perché conteggiò una popolazione assai inferiore alle attese. Tuttavia, nonostante le carestie degli anni ’30, e il sanguinoso conflitto mondiale, l’Unione Sovietica aveva mantenuto nei decenni successivi alla fine della guerra un tasso di crescita notevole.

La crisi demografica

 La fine del regime sovietico ha coinciso con una profonda crisi demografica: collasso della natalità, collasso del sistema sanitario e della protezione sociale in genere, forte aumento della mortalità, soprattutto tra gli uomini, tumultuosi rientri di russi “etnici” dalle nuove repubbliche indipendenti. La popolazione ha smesso di crescere e ha iniziato un declino solo in parte contrastato dall’immigrazione, e dall’annessione della Crimea nel 2014. A queste vicende si deve la tormentata distribuzione delle età del paese (Figura 1).

La Russia è il paese più esteso del mondo: oltre 17 milioni di chilometri quadrati, il 12% delle terre emerse del pianeta, con una popolazione che è meno del 2% di quella mondiale. Ma al contrario degli altri paesi territorialmente giganteschi (Canada e Stati Uniti, con quasi 10 milioni di kmq ciascuno, Brasile, con 8,5 milioni), che hanno confinanti amici, etnicamente simili e non conflittuali, la Russia ha un vicinato o troppo potente e popoloso (la Cina), o tradizionalmente in dura competizione e conflitto. Fin dall’epoca di Pietro il Grande, il rafforzamento dei confini dell’impero è stato una priorità dei governi, che hanno sostenuto sia il popolamento del sud della parte europea, sia l’insediamento nei territori semideserti oltre gli Urali, in Siberia, nel Grande Nord, nel Lontano Est. La crisi demografica, e le prospettive di una sensibile riduzione della popolazione nei prossimi decenni, ha dunque riportato in primo piano la questione demografica, sulla quale Putin ritorna con frequenza, l’ultima volta lo scorso 19 Giugno al Congresso del Partito, come riporta l’agenzia TASS: “Le autorità del paese debbono concentrarsi nello sforzo di rovesciare la complessa situazione demografica…per una serie di fattori oggettivi, siamo di fronte a una trappola demografica…Una famiglia forte e prospera, con figli, è il futuro della Russia”.

Il “Capitale Materno”

Non solo retorica, però. Fin dal 2007, la Russia ha messo in atto una forte politica pro-natalista, della quale abbiamo dato notizia in passato1. Si tratta di un pacchetto di misure che va sotto il nome di “Capitale per la Maternità e per la Famiglia”, comunemente detto “Maternity Capital” (MatCap). Esso consiste, essenzialmente, in una considerevole somma di denaro messa a disposizione delle famiglie che hanno un figlio, e che può essere spesa: a) per il miglioramento delle condizioni di vita: nella maggioranza dei casi, per spese di acquisto o ristrutturazione dell’abitazione, per l’accensione di un mutuo o per il pagamento dei ratei di un mutuo in essere; b) per l’istruzione dei figli; c) per costituire un fondo pensione per le madri. Fino al 2019 il MatCap veniva assegnato solo alla seconda nascita (o nascita di ordine superiore), ma a partire dal 2020 anche i primogeniti fanno scattare il diritto al MatCap per una somma minore (che però viene integrata nel caso di una seconda nascita). Il MatCap, nel 2021, ammonta a 484.000 rubli annui per le madri che hanno un primo figlio, che al cambio corrente (15 luglio 2021, un rublo = 0,011 €) equivale a € 5.324. Per le famiglie che hanno un secondo figlio (o un figlio di ordine più alto), il MatCap è di 639.000 rubli (€ 7.029) (Figura 2). Si tratta di somme rilevanti, se si tiene conto che il reddito pro capite (nel 2020) è di circa € 8.500. Le autorità russe stimano che nel 2021 oltre un milione di famiglie usufruiranno del MatCap. Il MatCap può essere ricevuto solo una volta, viene indicizzato annualmente al costo della vita, può essere richiesto senza limiti di tempo, è esente da tasse. Altre provvidenze minori riguardano le famiglie a reddito più basso. Non c’è dubbio che si tratta di un forte incentivo che non ha paralleli nel mondo occidentale; gli effetti sono stati notevoli, anche se è tuttora in discussione se essi siano transitori o seppure abbiano determinato un cambiamento nelle preferenze riproduttive delle coppie. Stando ai dati, il numero annuo delle nascite, pari a 2,3-2,4 milioni negli anni ’80 (TFT, o figli per donna, pari a circa 2,2), scendeva rapidamente dopo il 1990, raggiungendo il minimo di 1,2 milioni (TFT 1,16) nel 1999; risaliva poi a 1.5 milioni nel 2006, anno precedente all’introduzione del MatCap. La nuova politica sembrava avere successo, e le nascite superarono 1,9 milioni nel 2014-15, ma nell’ultimo quinquennio sono andate diminuendo, fino a poco più di 1,4 milioni nel 2020 (TFT di 1,5). In realtà la diminuzione recente ha riguardato tutti gli ordini di nascita, anche i primogeniti, e questa è la ragione per l’estensione del MatCap anche ai genitori di questi. Analisi demografiche raffinate – non possibili con i dati a disposizione – potranno convalidare l’ipotesi che l’ingente investimento di risorse abbia dato risultati positivi di corto-medio periodo, ma che non abbia inciso sensibilmente sui piani riproduttivi di lungo periodo delle coppie. La propaganda governativa insiste che il MatCap avrebbe consentito la nascita di 4 milioni di bambini, dal 2007 a oggi, che altrimenti non sarebbero nati senza gli incentivi messi in campo: le controprove però non possono esistere e il dibattito resta aperto.

La salute malferma della Russia

L’aspetto più fosco della crisi della Russia al giro del millennio, ha riguardato il peggioramento delle condizioni di salute della popolazione, sintomo inequivocabile dello stato di emergenza sociale nel quale era precipitato il paese. Se si considera la speranza di vita, la crisi appare in tutta la sua crudezza, soprattutto tra i maschi: fino agli anni ’80 questa era cresciuta in modo soddisfacente, da 54 anni nel 1950-55 a 64 nel 1985-90, poi l’improvviso arretramento a 59 anni tra il 1995 e il 2005, un livello inferiore a quello dei paesi più poveri dell’America centrale, e di quasi 20 più basso di quelli propri dell’Europa occidentale. Solo negli ultimi anni la speranza di vita è tornata ai livelli, pur molto bassi, della fine degli anni ’80, ma rimanendo di ben dodici anni inferiore alla media dell’Europa occidentale (66,8 anni nel 2015-20, contro 79,2; 81 in Italia). La crisi ha toccato anche le donne, ma in modo molto più blando. I fattori della crisi della salute sono, ovviamente molteplici, sia di natura medico-strutturali (presidi sanitari obsoleti; inadeguatezza e costo dei farmaci ecc.), sia socio-ambientale (inquinamento), sia comportamentale (alcolismo, violenza) o economico (povertà, emarginazione). La Tabella 1 pone a confronto alcuni indicatori di salute e sopravvivenza di tre paesi dell’est (Russia, Ucraina e Polonia) e di due dell’ovest (Germania e Italia). Restringendo il confronto tra Russia e Italia, i maschi russi vivono 13 anni in meno degli italiani, le donne 7 anni in meno; tra i 30 e i 70 anni, muore il 24% degli uomini russi per malattie cardiovascolari e respiratorie contro il 9% degli italiani; ogni 100.000 abitanti ci sono 7,8 morti per omicidio, 25,1 per suicidio e 12 per incidenti stradali in Russia, ma le corrispondenti proporzioni per l’Italia sono 0,7; 6,7; e 5,3. I russi, inoltre, consumano più alcol e fumano di più degli italiani. Questi dati confermano inequivocabilmente l’esistenza di una grave crisi sociale e sanitaria che la crisi pandemica, tra l’altro, ha approfondito.

Se il MatCap è riuscito ad alleviare, seppure transitoriamente, la bassissima natalità, la Russia non è ancora riuscita ad erodere l’enorme distacco che la separa dai paesi occidentali, per quanto riguarda la salute e la longevità. La sua demografia rimane debole: le stesse proiezioni della statistica ufficiale (Rosstat) prevedono una lenta erosione della popolazione nel prossimo quindicennio (ipotesi “media”, da 147 a 144 milioni); un declino maggiore viene segnalato dalle proiezioni delle Nazioni Unite (da 146 a 141 milioni, con una ulteriore discesa a 136 nel 2050). Le previsioni di Rosstat prevedono un’immigrazione netta tra le 200 e le 300mila unità annue, non molto per un paese così grande con un ricchissimo capitale di risorse naturali. Ma la migrazione pone problemi politici e geopolitici assai intricati cui intendiamo, prossimamente, dedicare una discussione.


1 Massimo Livi Bacci – La Russia, troppo grande e troppo vuota? – “Neodemos”, 11 Settembre 2018

Fonte figura 1worldpopulationreview.com

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