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Una tragedia annunciata e il Consiglio europeo sulle migrazioni

Il naufragio di fronte alle coste calabresi di una imbarcazione carica di profughi ha riportato al centro dell’attenzione il drammatico prezzo di una politica migratoria che per ridurre i flussi dimentica spesso la solidarietà e il rispetto degli esseri umani. Il controllo dell’immigrazione è uno dei temi identitari forti della nuova maggioranza di governo ed è stato ampiamente discusso nell’ultimo Consiglio europeo. Vale la pena valutare i risultati di quel vertice alla luce di quanto avvenuto in questi giorni.

Una tragedia annunciata

Il naufragio a poca distanza dalla spiaggia di Cutro, con il suo corollario di morti e di dispersi, ha riportato alla memoria tutta una serie di tragedie del mare e dell’immigrazione che in questi anni hanno avuto il Mediterraneo come scenario. Purtroppo, è vasta la platea di chi è disposto a mettere in gioco la propria vita per tentare la lotteria dell’emigrazione verso il ricco occidente e dei genitori che preferiscono rischiare la vita dei propri figli pur di non condannarli a crescere in un campo profughi. È in questa diversità di prospettive che sta il drammatico scarto tra la politica migratoria europea e italiana e la realtà del fenomeno migratorio. Uno scarto che l’ultimo Consiglio europeo ha sostanzialmente confermato.

Il Consiglio europeo e le migrazioni

Nella riunione straordinaria dello scorso 9 febbraio il Consiglio europeo ha dedicato ampio spazio alla situazione migratoria, «considerata una sfida europea che richiede una risposta europea». Nella conferenza stampa al termine del vertice, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha sottolineato l’importanza dei risultati raggiunti, attribuendoli agli sforzi del governo italiano e valutandoli un importante cambio di passo nella gestione comunitaria dell’immigrazione irregolare. Diversi interventi negli organi di informazione hanno invece sottolineato la sostanziale continuità del documento con le posizioni dell’Unione europea sulla materia, ridimensionando di fatto i risultati che sarebbero stati raggiunti dall’attuale maggioranza. Al di là delle diverse valutazioni del documento, non si può fare a meno di notare il cambiamento della Premier, che dall’opposizione voleva affondare la Sea Watch olandese e fermare con un blocco navale i barconi dei profughi e ora chiosa e apprezza i paludati documenti comunitari. 

Le conclusioni del Consiglio

Nello specifico, nelle conclusioni del Consiglio europeo, nella parte dedicata all’Ucraina, viene ribadito l’impegno a sostenere gli sfollati all’interno del paese e nella UE con una assistenza finanziaria adeguata agli stati membri. Una conferma delle scelte fatte dall’inizio della guerra, verso quello che è diventato ormai il più importante flusso migratorio del continente e che, secondo le stime dell’UNHCR, coinvolgeva a inizio febbraio 8 milioni di rifugiati registrati nell’insieme dei paesi europei e 6,5 milioni di sfollati interni. Visti gli sviluppi del conflitto è molto probabile che l’impegno continuerà nei prossimi mesi e potrebbe purtroppo anche riguardare una platea più ampia di quella attuale. Questi numeri delle migrazioni forzate dall’Ucraina fanno impallidire le stesse cifre delle migrazioni irregolari, che l’agenzia europea Frontex quantificava nello scorso anno in 327 mila unità nell’insieme delle diverse rotte di ingresso nell’Unione.

È a questa componente del fenomeno che è dedicata quasi completamente la sezione del documento riservata alle migrazioni. Nelle conclusioni del Consiglio sono in particolare considerati il rafforzamento dell’azione esterna e della cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione, il controllo delle frontiere esterne, la lotta alla tratta e al traffico di migranti, il miglioramento del monitoraggio del fenomeno e il patto sulle migrazioni e l’asilo. L’obiettivo di fondo è quello di prevenire le partenze irregolari e la perdita di vite umane, ridurre la pressione sulle frontiere esterne, lottare contro i trafficanti e aumentare i rimpatri. Obiettivi da raggiungere soprattutto attraverso una più efficace cooperazione con i paesi d’origine e di transito, che da sempre costituisce uno degli assi principali della politica migratoria dell’UE. L’intervento dovrebbe interessare tutte le rotte migratorie e ne sono al momento delineate le linee principali, ma andrà poi precisato e soprattutto realizzato in contesti (come quello libico) tutt’altro che agevoli.

Sempre sulla collaborazione con i paesi terzi si basa anche il rafforzamento della cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione, un campo in cui dovrebbe esserci spazio per un maggior coordinamento tra gli stati membri. In tema di controllo delle frontiere il Consiglio invita la Commissione a finanziare le misure degli stati membri che contribuiscono a rafforzarlo e a migliorare quello attuato nei principali paesi di transito. Chiede inoltre alla Commissione di mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza e delle attrezzature e la invita a mettere a punto rapidamente la strategia di gestione europea integrata delle frontiere. In questo ambito, viene riconosciuta la specificità delle frontiere marittime, anche per quanto riguarda la salvaguardia delle vite umane (sic!), e sottolineata la necessità di una cooperazione rafforzata in ordine alle attività di ricerca e soccorso. Questo è con ogni probabilità il punto sottolineato con maggiore enfasi dalla Presidentessa Meloni, anche se nel documento di indirizzo non sono ovviamente specificate le concrete misure di intervento lasciando spazio a tutte le interpretazioni. Molto dipenderà ovviamente dalle risorse che saranno destinate a questi scopi e dalle misure che concretamente verrà deciso di finanziare e alle modalità con cui verrà rilanciato il «gruppo di contatto europeo in materia di ricerca e soccorso», che appare però lontano dal blocco navale previsto nel programma di Fratelli d’Italia. La tragedia di questi giorni dimostra come, sotto questo aspetto, molto resta da fare.

Il documento si conclude sottolineando la necessità di operare per contrastare la tratta e il traffico dei migranti, migliorare la raccolta dei dati per avere un migliore monitoraggio della situazione e individuare più rapidamente le nuove tendenze migratorie e, infine, proseguire i lavori sul patto sulla migrazione e l’asilo. All’interno di questo ultimo aspetto, viene anche evidenziata l’intenzione della presidenza di discutere nel prossimo Consiglio “Giustizia e affari interni” «dell’impegno effettivo dell’UE alle frontiere esterne, anche per quanto riguarda le operazioni di entità private». La notazione sulle entità private richiama direttamente le azioni di intervento delle Ong che hanno sinora rappresentato il principale terreno di intervento del Governo Meloni. Anche in questo caso, però, il documento non specifica le modalità di intervento, sottolineando solamente che la questione sarà presa in esame e discussa in una sede istituzionale, dove è auspicabile che il naufragio di Cutro sia attentamente preso in considerazione.

Le migrazioni e l’Unione europea

Nel complesso, il documento appare sostanzialmente in linea con la politica migratoria dell’Unione, centrata da sempre su uno stretto controllo delle frontiere e su una politica di collaborazione con gli stati di provenienza e di transito da attuare «nel rispetto del diritto internazionale, dei principi e dei valori dell’UE, nonché della tutela dei diritti fondamentali». Un barcamenarsi tra la volontà di bloccare l’immigrazione irregolare e il rispetto dei diritti umani, che non riesce evidentemente a evitare tragedie come quella di Cutro. Difficile vedere grandi novità nelle conclusioni del Consiglio, anche se su diversi punti bisognerà verificare le scelte concrete che saranno attuate nei prossimi mesi. Del resto, non è solo l’Italia a porre la questione migratoria al centro dell’attenzione, diversi altri paesi sono ad esempio preoccupati della crescita delle intercettazioni lungo la rotta balcanica che sono state 146 mila lo scorso anno contro le 102 mila registrate nel Mediterraneo centrale. Altri stati sono da sempre attenti ai movimenti secondari che partono dai paesi di primo ingresso a cui, in base agli accordi di Dublino, è demandato la gestione degli arrivi irregolari. Ciò che preoccupa è la totale assenza nel documento e nell’agenda europea di una qualsivoglia attenzione al ruolo che possono e dovrebbero avere le migrazioni nelle società e nelle economie dei paesi dell’Unione, che sembrano attenti solamente a controllare i flussi irregolari. Una partita giocata solamente in difesa, che priva l’Unione di un elemento che potrebbe avere un ruolo importante in società che stanno rapidamente invecchiando e, in alcuni casi, sono già sulla china di un progressivo declino demografico. Il risultato sono anche quelle tragedie del mare che puntualmente si ripetono di fronte alle coste dei paesi europei e che vengono presto dimenticate per far spazio a politiche che, di fatto, mettono in secondo piano la solidarietà umana e dimenticano quella carità cristiana che dovrebbe guidare almeno le scelte dei credenti.    

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