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Dal numero dei morti alla mortalità

Il triste primato mondiale di mortalità per Covid-19 dall’inizio della pandemia fino al 10 aprile 2021 spetta indiscutibilmente all’Italia del Nord-Ovest, ed in particolare alla Valle d’Aosta ed alla Regione Lombardia. Enzo Migliorini ci spiega che nella “seconda ondata”, la mortalità esplosa con le zone gialle nel Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia porta anche il Nord-Est in testa alla classifica, prima che a fine gennaio prenda il sopravvento prima il Portogallo, poi l’Europa dell’EST.

Dal numero dei morti alla mortalità 

Tutti possono sentire alla TV o consultare in internet, giorno per giorno, gli elenchi dei paesi del mondo o delle regioni italiane in ordine decrescente di contagiati con il numero dei morti. Da questi dati ci si può illudere che il record di mortalità spetti agli USA, all’India, al Brasile dove i numeri assoluti dei contagiati e dei morti sono astronomici, ma per parlare di mortalità bisogna rapportare il numero dei morti all’ammontare della popolazione residente. Così facendo, l’immagine dell’epidemia cambia totalmente. Mettiamo a confronto i dati di mortalità (morti per milione di abitanti) di 104 territori, dal mondo intero ai continenti, dai singoli stati (quelli con almeno 200.000 contagiati o 5.000 morti) alle regioni e ripartizioni italiane (province autonome comprese), Tutta l’analisi viene effettuata utilizzando le medie mobili settimanali del numero di morti giornalieri, in quanto la notevole fibrillazione dei dati grezzi ostacolerebbe l’individuazione delle tendenze, anche perché in molti paesi (es.: Svizzera) non si registrano i morti il sabato e la domenica (in Svezia nemmeno il lunedì) e di conseguenza tutti i lunedì o martedì si registrano picchi anomali, che con le medie mobili settimanali vengono ammortizzati perfettamente.

I record negativi delle regioni italiane

Il record negativo assoluto spetta indiscutibilmente alla Valle d’Aosta, che nell’intero periodo ha visto morire 3.466 persone per milione di abitanti. Anche osservando l’andamento giorno per giorno, la Valle d’Aosta è l’unica località che ha superato il livello di 50 morti giornalieri p.m. sia nella prima, sia nella seconda ondata. Gli USA, in testa per numero di morti, sono al 24mo posto per mortalità, con 1.707 morti p. m., meno della metà rispetto alla Valle d’Aosta e molti meno della media italiana e di tutte le regioni italiane del Nord. Nei primi 15 posti della classifica troviamo tutte le regioni e ripartizioni del Nord Italia e solamente tre stati stranieri: la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Bosnia-Erzegovina, caratterizzate da una violenta terza ondata nel mese di marzo. Chiude la classifica la Cina, che grazie a un rigoroso lockdown, al tracciamento e all’isolamento effettivo dei positivi ha registrato meno di 5.000 morti in totale (meno della metà rispetto al Veneto), pari a circa 3 morti per milione di abitanti (un millesimo rispetto alla Valle d’Aosta!) ed ha completamente bloccato la pandemia in soli quattro mesi.

Nella prima ondata, fino alla fine di giugno 2020, il record mondiale della mortalità spettava indiscutibilmente all’Italia nord occidentale, con l’avvicendamento fra la Lombardia, che in marzo vedeva morire più di 40 persone per milione al giorno, e la Valle d’Aosta, che verso fine marzo ne registrava più di 50, mentre i primi posti della classifica erano tutti appannaggio del Nord-Ovest italiano. Gli unici stati esteri presenti nei primi 14 posti erano Belgio, Regno Unito e Spagna. Calcolando il record giorno per giorno si scopre che fra gennaio ed aprile la Lombardia è stata in testa per 34 giorni, mentre negli altri si sono avvicendate la Valle d’Aosta, la Liguria, il Belgio ed il Regno Unito.

Durante i mesi estivi, da maggio a settembre, il valore massimo della mortalità giornaliera è sceso a livelli più bassi ed è passato prevalentemente ai paesi dell’America Centro-Meridionale (Perù, Cile, Bolivia, Ecuador), con strani picchi anomali probabilmente frutto di rilevazioni poco affidabili, dato che difficilmente un vero focolaio si esaurisce in un giorno con un picco di circa 4.000 morti.

Nella seconda ondata, fra la fine di ottobre e la fine di novembre il primato è tornato decisamente alla Valle d’Aosta che ha registrato una mortalità giornaliera media superiore a 10 morti per milione di abitanti, con picchi in novembre superiori a 50; in dicembre comincia a prevalere il Friuli-Venezia Giulia, superato dal Veneto nella seconda metà di dicembre grazie a una incosciente e persistente zona gialla prima di Natale. In questa fase, il Nord-Est registra una mortalità giornaliera notevolmente più alta (7,35) rispetto al Nord-Ovest (5,68). Nei primi quindici posti della classifica, occupati prevalentemente dalle regioni e ripartizioni dell’Italia settentrionale, troviamo comunque anche diversi stati, tutti europei (Slovenia, Repubblica Ceca, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Ungheria, Croazia). A fine gennaio prevale il Portogallo.

 Le aperture premature hanno fatto sì che in febbraio ripartisse il contagio ed iniziasse la terza ondata senza che la seconda fosse del tutto terminata. Assumendo convenzionalmente che tutto febbraio possa essere considerato nella terza ondata, caratterizzata dalla variante inglese e dalle altre numerose varianti, le curve di mortalità assumono andamenti confusi e molto variabili, con continui avvicendamenti al vertice della mortalità giornaliera. Dopo la prima settimana il Portogallo passa il primato alla Slovacchia, che nella prima metà di marzo lo cede alla Repubblica Ceca. Dalla metà di marzo invece la massima mortalità giornaliera mondiale si registra in Ungheria. In questa fase, il Friuli-Venezia Giulia registra una mortalità giornaliera media superiore a 15, record italiano, ma superato da ben 5 stati dell’Europa Orientale: in testa l’Ungheria, con valori superiori a 25 morti giornalieri per milione, seguita dalla Bosnia-Erzegovina, dalla Bulgaria, dalla Repubblica Ceca e dalla Slovacchia, tutte con valori ben oltre 15.

Analizzando il valore massimo di mortalità media giornaliera per ciascun mese, vediamo che, dopo il breve primato cinese di gennaio 2020, fino a maggio il record è stabile in Lombardia, con 23 morti giornalieri in marzo e 22 in aprile. Da giugno ad ottobre il massimo di mortalità giornaliera, vicino a 10, è stato registrato nell’America centro-meridionale (Cile, Perù, Ecuador, Argentina). In novembre il record torna in Italia, e la Valle d’Aosta supera il livello medio di 39 morti al giorno (sempre per milione di abitanti). In dicembre le diffuse zone rosse abbassano i valori italiani, fatta eccezione per le zone gialle di Veneto e Friuli-Venezia Giulia che vedono rapidamente risalire la mortalità giornaliera a 19 nel Veneto ed oltre 21 in Friuli-Venezia Giulia. In gennaio il Friuli-Venezia Giulia, con 10 giorni di zona gialla, non riduce la mortalità e registra il record mensile con più di 20 morti giornalieri. Poi il primato In febbraio passa alla Slovacchia, quindi in marzo ed aprile all’Ungheria, mentre rimangono al di sopra dei 15 morti giornalieri per milione anche Slovacchia, Bulgaria e Friuli-Venezia Giulia.

I timori per le riaperture di oggi

Dopo Pasqua il Veneto, le Marche ed il Trentino sono tornate in zona arancione, con la speranza che la mortalità non riprenda a salire e dal 12 aprile persino il Friuli-Venezia Giulia, nonostante il record nazionale di mortalità, torna in arancione lasciando in rosso solamente 4 regioni: meglio sarebbe stato pazientare, ritardando le aperture per anticipare la fine della pandemia ed il ritorno alla normalità, anziché prolungare all’infinito l’agonia, con il rischio concreto che nuove varianti del virus possano vanificare anche gli effetti delle vaccinazioni. Chi chiede con tutti i mezzi le aperture non sembra rendersi conto di mettere a rischio la salute di molti e – alla fin fine – di danneggiare anche l’economia, ritardando il ritorno alla normalità. Dato che l’aumento dei contagi si registra circa due settimane dopo le aperture e quello delle morti circa dopo un mese, la gente comune non avverte il rapporto di causa-effetto aperture-morti, ma a chi analizza i dati il fenomeno è chiaro.

Sarebbe bello poter aprire in sicurezza, ma purtroppo sembra che nonostante gli accorgimenti messi in atto ad ogni apertura il virus trovi il modo di adattarsi e moltiplicarsi con maggior vigore.

Le figure

Nella figura 1 si nota la graduatoria complessiva mondiale della mortalità per Covid-19 dall’inizio della pandemia fino al 10 aprile 2021: in testa la Valle d’Aosta (3.474), la Lombardia (3.135) e la media delle regioni di NW (2.900), seguite dal Friuli-Venezia Giulia (2.884) e dal resto delle regioni dell’Italia settentrionale, intercalate solamente dalla Repubblica Ceca, dall’Ungheria e dalla Bosnia-Erzegovina. Limitando il grafico alle località che hanno registrato una mortalità superiore a 1.000 morti per milione di abitanti non si vedono la media mondiale (377), quella dell’Asia (89), dell’Africa (88), dell’Oceania (24) e della Cina (3).

La figura 2 confronta l’andamento della mortalità giornaliera nelle nove regioni italiane (comprese le due province autonome di Bolzano e Trento) che dall’inizio della pandemia al 10 aprile 2021 hanno superato i 2.000 morti per milione di abitanti. Nella figura è stata inserita anche la curva relativa al record mondiale di mortalità calcolato per ciascun giorno, che sia nella prima ondata che nella seconda ondata in gran parte è determinato proprio dalle regioni dell’Italia settentrionale.

Nella fig. 3 il confronto è fra le regioni italiane che hanno visto morire più di 3000 abitanti per milione e gli stati esteri che hanno superato il limite di 2000, oltre a Portogallo e Slovacchia che hanno registrato il record mondiale fra gennaio e febbraio 2021, prima di essere superati dalla Repubblica Ceca e dall’Ungheria.

La fig. 4, infine, estende il confronto delle curve relative a Valle d’Aosta e Lombardia ai sei stati (compresa l’Italia) che hanno registrato i maggiori valori assoluti, con la morte di oltre 100.000 persone fino al 10 aprile 2021.

Purtroppo in molti casi i dati ufficiali sono poco attendibili, se non addirittura assurdi, come i -61 morti registrati il 24/6/20 in provincia di Trento, i -117 morti registrati in Belgio il 26/8/20 o addirittura i -5.337 morti registrati nel Regno Unito il 17/8/20. Oltre agli assurdi morti negativi, nelle statistiche ufficiali sono presenti anche picchi positivi anomali ben visibili nel profilo del record mondiale: è inverosimile pensare che reali focolai possano durare un solo giorno con circa 4.000 morti come i picchi registrati in Perù il 23/7/20 ed il 14/8/20, in Ecuador il 7/9/20, in Argentina il 1/10/20 ed in Lituania il 4/1/21. Nelle statistiche a livello mondiale (La fonte utilizzata è il sito “https://statistichecoronavirus.it/ “) addirittura sono registrati zero contagi e zero morti dal 18 al 20 febbraio 2021.  Naturalmente nella lettura dei dati bisogna tener conto anche di queste anomalie.

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