Che le donne e l’uguaglianza di genere siano risorse chiave per lo sviluppo socio-economico è assodato da tempo. Nel corso dell’ultima conferenza mondiale sulla popolazione svoltasi a Il Cairo nel 1994 fu espressamente dichiarato che il miglioramento della condizione femminile gioca un ruolo fondamentale per il completamento della transizione demografica e lo sviluppo: l’empowerment delle donne è strategico per migliorare le condizioni della popolazione nel suo complesso. Nella successiva Conferenza mondiale sulle donne organizzata a Pechino nel 1995 dalle Nazioni Unite è stata affrontata la questione dei diritti delle donne ed è stato ribadito che “la promozione dell’equità di genere è allo stesso tempo un mezzo e un fine per la realizzazione dello sviluppo e dei diritti umani sia delle donne sia degli uomini” (Pechino, 1995). La riduzione delle disuguaglianze di genere e la valorizzazione della donna nei vari ambiti della vita sociale a cominciare dall’istruzione rientrano tra gli obiettivi di sviluppo per il Millennio (MDG – Millennium Development Goals – http://www.un.org/millenniumgoals/) stilati dalle Nazioni Unite nel 2000.
Ambiente: il ruolo delle donne (teoria)
Cosa c’entra ora l’ambiente? Nel lungo percorso che ha seguito l’affermarsi dell’attenzione internazionale sulla condizione della donna e sull’esigenza di perseguire l’equità di genere si è parallelamente imposta una concezione sempre più ampia di “sviluppo”, passata da un’idea sostanzialmente legata agli aspetti economici ad una che guarda anche al benessere delle future generazioni e all’impatto sull’ambiente della diffusa industrializzazione, della crescita indiscriminata dei consumi e dello sfruttamento apparentemente illimitato delle risorse. In altre parole, non si parla più di “sviluppo” ma di “sviluppo sostenibile”. E’ convinzione della Nazioni Unite che proprio per la sostenibilità della crescita demografica, economica e sociale di tutti i popoli del mondo e nel rispetto dell’ambiente sia necessario il coinvolgimento delle donne: “la comunità internazionale avrà successo nella sua lotta contro i cambiamenti climatici se le politiche, i programmi e i trattati terranno conto dei bisogni, dei diritti e della potenzialità delle donne. Un migliore utilizzo della popolazione femminile potrebbe favorire la crescita economica, ridurre la povertà nel mondo, migliorare il grado di benessere sociale ed aiutare ad assicurare uno sviluppo sostenibile” (UNFPA 2009).
Per tenere sotto controllo l’applicazione effettiva di questi principi teorici – ed, in particolare, per monitorare il grado di raggiungimento dei Millennium Development Goals – gli organismi internazionali, primo tra tutti la Banca Mondiale[1], raccolgono ogni anno una quantità enorme di informazioni statistiche, costruendo decine e decine di indicatori demografici, di sviluppo, di empowerment femminile, di condizioni dell’ambiente e del clima.
Ambiente: il ruolo delle donne (pratica)
Abbiamo provato ad analizzare una selezione di questi indicatori, rappresentativi di questi tre contesti: sviluppo demografico e socio-economico, condizione della donna ed equità di genere, ambiente – riferiti ai paesi (con una popolazione di almeno un milione di individui) di tutte le aree del mondo e ad un periodo intorno al 2005, concordemente con la disponibilità dei dati. Gli indicatori scelti[2] coprono aspetti demografici, di vita familiare, di salute, di status sociale e potere decisionale, di ricchezza e accesso alle risorse, di condizioni ambientali. Come si vede, gli elenchi sono lievemente diversi tra paesi ad alto livello di industrializzazione e paesi cosiddetti “in via di sviluppo” e ciò in ragione sia di differenti livelli di disponibilità ed affidabilità dei dati, sia di significati diversi che gli stessi concetti assumono in contesti tanto distanti, da richiedere, appunto, la costruzione di indicatori diversi: per esempio, nei paesi più ricchi e a sviluppo avanzato non ha molto senso inserire un indicatore di analfabetismo (che sarebbe molto vicino allo 0 quasi ovunque), né indicatori di accesso all’acqua potabile; viceversa un indicatore quasi mai rilevato nei paese del Sud del mondo è il tasso di divorzialità.
La sintesi delle nostre elaborazioni è visibile nelle immagini 1 e 2, che mostrano, separatamente per i cosiddetti MDC (More Developed Countries) e LDC (Less Developed Contries) come i diversi paesi si collochino in un piano formato da due assi perpendicolari, che rappresentano due nuove dimensioni, l’una indipendente dall’altra, ma entrambe sintesi di tutti gli indicatori considerati[3].
Gli indicatori più significativi ai fini dell’interpretazione sono evidenziati in colori diversi che vanno dal NERO (peggiore condizione femminile, maggiore inquinamento) al VERDE (maggiore peso decisionale alle donne, più diffuso uso di energie alternative). Gli altri colori indicano situazioni di “allarme” per almeno uno dei contesti considerati: lo sviluppo (nel caso del colore ARANCIO); la condizione della donna (colore ROSSO); l’ambiente (colore AZZURRO).
Prime conclusioni
Da entrambe le figure possiamo trarre alcune conclusioni comuni: dove le donne raggiungono i più alti livelli di istruzione e sono coinvolte nei processi decisionali anche nel Governo e in Parlamento, l’attenzione istituzionale alle problematiche ambientali cresce e ciò è testimoniato da un più frequente ricorso a fonti di energia alternative al petrolio. Una elevata partecipazione delle donne alle attività produttive è associata a migliori condizioni economiche, ma non necessariamente a migliori condizioni ambientali; dove permane un basso grado di sviluppo economico e sociale, i livelli di fecondità e di mortalità infantili ancora elevati si associano a una scarsa accessibilità per le donne a risorse e potere decisionale
Naturalmente, come accade in tutte le sintesi, che sacrificano le specificità individuali a favore della rappresentatività del gruppo, alcune posizioni singole (in questo caso dei paesi) possono apparire non condividibili o inappropriate. Inoltre, l’utilizzo di dati cross-section non ci permette di cogliere le relazioni di causa-effetto. Emerge, tuttavia, una elevata incompatibilità tra un sistema di genere iniquo e arretrato da un lato e la diffusione di benessere socio-economico sostenibile per l’ambiente dall’altro.
Indicatori scelti per i paesi in via di sviluppo: Rate of Population Growth; % Urban Population; Women/Men; Singulate Mean Age at Marriage; Total Fertility Rate; Adolescent Fertility; Infant Mortality Rate; Maternal Mortality; % Women using Contraception; Gender Gap in Life Expectancy; Gender Parity Index for Adult Literacy; Gender Parity Index for Tertiary Education; Activity Rate ; Female Activity Rate; Unemployment Rate; Female Part Time Employment Rate; % Women in Parliament; % Women in Ministries; Restriction for women to land property (0=no, 1=max); Restriction for women to loan access (0=no, 1=max); Restriction for women to other property (0=no, 1=max); Gini Index of Income Inequality; Protein (gr/person/day); % of Undernourished; % of Rural Population with Access to Fresh Water; % of Urban Population with Access to Fresh Water; Agricultural Production Index 2005/1999-2001; CO2 Emission/Popolation; Arable Land/Total Land ; Tons of Fertilizer Consumption/Arable Land; % methan emissions due to agriculture; Energy used (per capita kg of equivalent oil); % of Alternative Energy / Total;