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L’età giusta per lasciare i genitori

La ricerca sulla transizione allo stato adulto ha chiaramente posto in rilievo le considerevoli differenze esistenti tra i vari paesi Europei nell’età media alla quale i giovani lasciano il nido parentale. Meno studiate, invece, sono le norme sociali sull’età limite ritenuta accettabile per continuare a restare a casa. Questo è l’oggetto del presente articolo.

Bamboccioni per scelta?
Il termine bamboccione, introdotto dall’ex Ministro del Tesoro Padoa Schioppa, presuppone una certa pigrizia dei giovani nell’abbandonare le comodità del tetto materno. Molti giovani mammoni rientrano sicuramente in tale definizione, ma per molti altri il restare a casa è una scelta obbligata (v. anche Alessandro Rosina e Daniela Del Boca, L’esercito immobile). Diversità nei mercati immobiliare e del lavoro e sistemi di welfare differenti sono alcuni dei fattori che spiegano il diverso comportamento dei giovani europei in merito all’abbandono del tetto genitoriale.
Alcune ricerche hanno mostrato che anche le norme sociali hanno un proprio ruolo nell’influenzare i comportamenti dei giovani relativamente alla transizione all’uscita di casa (1). Contesti sociali diversi tendono a favorire tempi diversi nella transizione allo stato adulto, il che implica un “costo” sociale dovuto al ritardare certi eventi (come l’uscita di casa, la formazione di un’unione stabile o la nascita di un figlio) diverso a seconda del paese in cui si vive.

Non è mai troppo tardi per lasciare il nido
C’è un’età limite ritenuta accettabile per continuare a stare con i genitori? Un recente lavoro (2) si occupa di tale argomento utilizzando dati su 25 paesi europei provenienti dalla terza indagine sociale europea (European Social Survey, round 3). Purtroppo l’Italia non è inclusa in tale indagine, ma possiamo ritenere che essa si comporti in maniera simile agli altri paesi mediterranei. Ad un campione casuale di circa 20.000 persone è stato chiesto: “Dopo quale età Lei direbbe che un uomo è troppo vecchio per continuare a vivere coi propri genitori?” Un altro campione di simile numerosità ha invece risposto alla stessa domanda riferita alle donne.
Il grafico 1 riporta per ogni paese i valori medi dell’età alla quale maschi e femmine, rispettivamente rappresentati sull’asse verticale e quello orizzontale, sono ritenuti troppo vecchi per continuare a vivere con i propri genitori. Si può innanzitutto notare che quasi tutti i paesi si dispongono al di sopra della retta che rappresenta la bisettrice del primo quadrante. Questo significa che ai maschi si tollera una permanenza nella casa dei genitori più lunga che alle donne.
Il grafico evidenzia, inoltre, un elevato grado di eterogeneità tra i vari paesi europei in termini di norme sociali. Da un lato si hanno i paesi dell’Europa meridionale (Cipro, Portogallo e Spagna) con valori medi superiori ai 30 anni, sia per i maschi che per le femmine. All’estremo opposto troviamo i paesi nordici (Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia) ed ex-sovietici (Russia e Ucraina), con valori compresi tra 24 e 26,5 anni.

Non ho l’età
Invece di fornire una specifica età limite, gli intervistati potevano rispondere che “non si è mai troppo vecchi per restare a vivere con i propri genitori”. Dalla tabella 1, che riporta i dati relativi alla domanda riferita ai maschi, si può notare che anche la percentuale di rispondenti che ha fornito tale risposta varia considerevolmente da paese a paese. Bulgaria e Lettonia detengono il primato: una persona su due in questi paesi dichiara che non c’è un’età limite per lasciare il nido.

Tabella 1: Percentuale di rispondenti che dichiarano che un maschio non è mai troppo vecchio per continuare a vivere coi genitori  e percentuale di persone “tolleranti” alla lunga permanenza dei figli in famiglia per diversi paesi Europei
 

Paese %
“mai troppo vecchi”
% “tolleranti” Paese %
“mai troppo vecchi”
% “tolleranti”
Cipro 16,63 85,81 Regno Unito 20,18 63,78
Portogallo 41,95 85,15 Estonia 28,45 61,28
Ungheria 35,14 81,37 Paesi Bassi   9,46 56,20
Slovacchia 31,25 80,88 Germania   8,57 52,03
Romania 32,43 78,12 Francia   2,65 51,48
Spagna 16,73 77,94 Svizzera   9,13 50,88
Lettonia 49,88 76,92 Finlandia 11,52 41,82
Slovenia 23,44 76,13 Svezia   9,05 39,98
Bulgaria 49,14 75,86 Norvegia   5,16 39,67
Polonia 32,72 71,64 Ucraina 21,94 33,94
Irlanda 34,86 68,83 Russia 15,63 28,41
Austria 19,09 68,44 Danimarca   5,17 23,81
Belgio 12,40 67,93 Europa 20,74 60,42

Nota: i paesi sono ordinati in senso decrescente sulla base della percentuale di “tolleranti” (somma ddi coloro che accettano la convivenza dei figli con i genitori, o senza limiti di età, o con limiti alti, superiori ai 30 anni). La graduatoria relativa alla domanda riferita alle donne è simile.

E’ interessante notare che anche paesi “insospettabili” come Regno Unito, Svezia e Finlandia presentano valori non trascurabili. Se si combinano le persone che hanno dichiarato un’età limite non inferiore a 30 anni con quelle che hanno dichiarato che “non si è mai troppo vecchi per stare con mammà e papà”, si ottiene la percentuale di quelli che possiamo definire come “tolleranti” verso i bamboccioni. Nella tabella 1 i paesi sono ordinati in senso decrescente sulla base della percentuale di “tolleranti”. La graduatoria risultante è simile a quella che emerge dal grafico 1. Il Portogallo, ad esempio, risulta uno dei paesi più “tolleranti”: l’85% dei portoghesi ritiene che non ci sia un termine per i giovani per lasciare la casa dei genitori o che si possa accettare la co-residenza tra genitori e figli anche oltre i 30 anni. In Danimarca, al contrario, il 74% delle persone pensa che non sia accettabile restare a casa oltre i 30 anni.

Perché norme sociali così diverse?
Aassve et al.   (2) si interrogano sui fattori di contesto, regionali e nazionali, che influenzano l’età limite ritenuta accettabile per vivere in casa dei genitori. Dai risultati emerge che fattori culturali, misurati, ad esempio, dalla quota di persone che si dichiarano religiose, sono importanti nell’influenzare le differenze tra regioni e paesi in termini di norme sociali. Le aree più religiose sono anche quelle più tradizionali, dove i legami familiari sono più forti, e questo può spiegare la tendenza ad accettare una più lunga permanenza nella casa dei genitori.
Dal lavoro si evince, inoltre, che anche fattori istituzionali svolgono un ruolo importante. La carenza di posti di lavoro, la difficoltà ad accedere al mercato creditizio e bassi livelli di istruzione aumentano la tolleranza verso il posticipo dell’indipendenza residenziale da parte dei giovani.
Da quest’analisi si deduce che gli stessi fattori che limitano le possibilità dei giovani di costruirsi un proprio futuro al di là delle mura genitoriali influenzano anche le opinioni sull’accettazione del prolungamento del periodo di dipendenza. Si instaura così una spirale tra fattori culturali, istituzionali e norme sociali che rinforza certe attitudini. I bamboccioni mediterranei ne escono, quindi, almeno parzialmente scagionati perché in fondo, come recita l’incipit de Il paese dei Mezaràt, di Dario Fo, “tutto dipende da dove sei nato”.

NOTE
(1) Billari F.C., Liefbroer A. C. (2007) Should I stay or should I go? The impact of age norms on leaving home, Demography, 44(1), 181-198.
 (2) Aassve A., Arpino B., Billari F.C. (2010) Age norms on leaving home: Multilevel evidence from the European Social Survey, DONDENA Working Paper No. 32. Disponibile on-line: www.dondena.unibocconi.it/wp32

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