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Sono poi così diversi? La soddisfazione di sposati e conviventi in Italia

Le profonde trasformazioni che l’Italia sta vivendo nei comportamenti familiari sono sotto gli occhi di tutti: ci si sposa sempre meno e sempre più tardi e, anche se la centralità del matrimonio nella vita degli italiani è lungi dal tramontare, altre forme di unione si inseriscono nel panorama attuale, prima fra tutte la convivenza.
La figura 1 fornisce un’idea, sommaria ma rappresentativa, di questa evoluzione. Se all’inizio degli anni ’90 le coppie che sceglievano di vivere insieme senza aver sancito l’unione con il vincolo matrimoniale rappresentavano meno del 2% del totale delle coppie, oggi questa scelta viene fatta da circa 12 coppie su 100. In poco meno di 20 anni, il numero di coppie conviventi è aumentato da 227.000 a 972.000. Tra queste la maggioranza sono convivenze pre-matrimoniali, ma anche il numero delle coppie di conviventi mai sposati è salito da 67.000 a 578.000 (Istat, 2012). La diffusione delle convivenze non si è realizzata con lo stesso ritmo e la stessa intensità sul territorio italiano: al Sud le convivenze, praticamente assenti negli anni ’90, hanno oggi raggiunto i livelli delle regioni del Nord di 10 anni fa, e queste ultime registrano attualmente quasi 20 convivenze ogni 100 unioni.

Gli sposati sono più soddisfatti dei conviventi?
Un tema che sta attirando l’attenzione di molti studiosi in tema di comportamenti familiari è l’esistenza o meno di una diversa soddisfazione di vita o delle relazioni familiari tra coppie sposate e conviventi. Attraverso le indagini Aspetti della vita quotidiana, svolte continuativamente dall’Istat dai primi anni ’90, un recente studio approfondisce questa tematica per l’Italia, utilizzando congiuntamente 18 indagini consecutive dal 1994 al 2012 (Pirani e Vignoli, 2014). All’inizio degli anni ’90, meno del 3% delle coppie sposate dichiarava di essere poco soddisfatta della propria vita familiare, mentre questa percentuale era più del doppio tra i conviventi (Figura 2).

Dopo un leggero incremento dell’insoddisfazione per le coppie sposate dalla metà degli anni ’90 fino ai primi anni Duemila – periodo che, tra l’altro, corrisponde all’aumento dell’instabilità matrimoniale degli italiani – questa quota si è ormai stabilizzata intorno al 5%. Allo stesso tempo, la valutazione negativa espressa dai conviventi, dopo aver fluttuato nei primi 10 anni considerati, è progressivamente diminuita arrivando anch’essa intorno al 5%. Da un punto di vista descrittivo, si nota quindi un processo di convergenza tra la soddisfazione di sposati e conviventi.

Per valutare se e come sia cambiata la soddisfazione tra conviventi e sposati, è stato successivamente stimato un modello statistico che tiene conto anche di altre caratteristiche individuali e familiari che possono influire su questa associazione, quali genere, età, precedente status matrimoniale, istruzione, situazione economica ed occupazionale, dimensione e composizione del nucleo familiare. I risultati suggeriscono che negli anni ’90 i conviventi presentavano un rischio di essere poco soddisfatti della loro vita familiare fino a 3 volte più alto rispetto alle coppie sposate. Dagli anni Duemila, quando la convivenza comincia a diffondersi in modo rilevante nella società italiana (in questo periodo siamo intorno al 7%), il gap nella soddisfazione familiare tra i due tipi di unione si riduce progressivamente. L’inizio della seconda decade del XXI° secolo segna un punto di rottura: le convivenze per la prima volta rappresentano il 10% del totale delle coppie e, parallelamente, i partner che convivono non mostrano più livelli di soddisfazione significativamente più bassi degli sposati.

Le associazioni tra l’insoddisfazione familiare e le altre caratteristiche considerate presentano effetti attesi. Ad esempio, emerge come le donne siano generalmente meno soddisfatte della vita familiare rispetto agli uomini, e come l’insoddisfazione cresca con l’età. Tra le caratteristiche che sono maggiormente associate all’insoddisfazione, troviamo lo sperimentare difficoltà economiche, l’essere disoccupati e l’aver vissuto in passato una separazione o un divorzio. Le associazioni tra l’insoddisfazione familiare e le altre caratteristiche considerate presentano effetti attesi. Ad esempio, emerge come le donne siano generalmente meno soddisfatte della vita familiare rispetto agli uomini, e come l’insoddisfazione cresca con l’età. Tra le caratteristiche che sono maggiormente associate all’insoddisfazione, troviamo lo sperimentare difficoltà economiche, l’essere.

Differenze e somiglianze tra matrimonio e convivenza nell’Italia contemporanea
Le coppie conviventi sono sempre più simili alle coppie sposate da un punto di vista della routine quotidiana: entrambe condividono una casa, mettono in comune il loro reddito e prendono decisioni attraverso una continua interazione e negoziazione tra i partner (Salvini e Vignoli, 2014). Il vincolo matrimoniale non è più nemmeno un requisito imprescindibile per realizzare desideri di maternità e paternità: oggi circa un quarto delle nascite avviene al di fuori del matrimonio. E, come abbiamo mostrato, oggi i conviventi italiani non sono meno soddisfatti delle loro relazioni familiari rispetto a chi ha scelto il matrimonio.

Ma se da questi punti di vista convivenza e matrimonio sono semplicemente due modi alternativi di vivere l’unione, da molti altri le differenze permangono, e non si può non ricordare come la convivenza, almeno in Italia, rappresenti un’istituzione ancora incompleta. In termini legali, ad esempio, non esiste una vera e propria disciplina delle coppie di fatto, ad eccezione di sporadiche e minori leggi regionali, e chi sceglie di convivere è meno protetto in caso di separazione o di decesso del partner. Il matrimonio, al contrario, è definito da un contratto legale che delinea diritti, responsabilità e obblighi reciproci dei partner.

Inoltre, diversi studi hanno mostrato come le due forme di unione siano ancora diverse in termini di relazioni e legami sociali; ad esempio, le coppie sposate ricevono più spesso supporto, materiale e emozionale, dalle loro famiglie di origine, e hanno con esse contatti più frequenti rispetto alle coppie conviventi (Baranowska e Pirani, 2013).

Un’emblematica rappresentazione di questi svantaggi è stata tracciata recentemente da un gruppo di giovani che hanno partecipato a un serie di Focus Group condotti a Firenze (Vignoli e Salvini, 2014). I giovani che hanno (anche solo temporaneamente) scelto la convivenza dichiarano spesso di non sentirsi considerati come una «coppia al 100%» e di soffrire di una serie di svantaggi legali rispetto alle coppie sposate in molti ambiti della loro vita quotidiana.

Insomma, se da un lato il gap nella soddisfazione tra sposati e conviventi è progressivamente diminuito con il diffondersi della convivenza nella società italiana, dall’altro si continua tuttavia a registrare un vuoto su diritti e doveri dei conviventi di fronte alla legge.

Per saperne di più
Baranowska A. e Pirani E. (2013), Will they turn back on you? The relations between young cohabiting people and their parents. ISiD Working Papers, Warsaw School of Economics, n. 37.

Istat (2012), Rapporto annuale 2012. La situazione del Paese, Istat, Roma, www.istat.it.

Pirani E. e Vignoli D. (2014), Are spouses more satisfied than cohabitors? A survey over the last twenty years in Italy, DiSIA Working Paper , 2014/09, Dipartimento di Statistica, Informatica, Applicazioni, DiSIA, Università di Firenze

Salvini S. e Vignoli D. (2014), Convivere o sposarsi? Il Mulino, Bologna.

Vignoli D. e Salvini S. (2014), Religion and union formation in Italy: catholic precepts, social pressure, and tradition. Demographic Research. Forthcoming.

 

 

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