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Inquinamento tradizionale e inquinamento moderno: migliora il primo, si aggrava il secondo

Recenti complesse analisi attribuiscono alle molteplici forme d’inquinamento un decesso su sei. Steve Morgan pone in rilievo un sensibile miglioramento dell’inquinamento di tipo tradizionale, delle abitazioni e delle acque, avvenuto nei paesi meno sviluppati. Aumenta invece, quasi ovunque, l’inquinamento atmosferico dovuto a componenti chimiche tossiche, con conseguenze negative sulla mortalità 

Nel primo ventennio di questo secolo, fino alla pandemia di Covid, la sopravvivenza umana ha compiuto ulteriori grandi progressi. La speranza di vita alla nascita dell’umanità è cresciuta di oltre sei anni (da 66,5 a 72,8 anni, tra il 2000 e il 2019), guadagnando quasi quattro mesi per ogni anno di calendario, un progresso certo disuguale, ma che ha interessato popolazioni povere e popolazioni ricche. La letalità di quasi tutte le patologie si è abbassata, e il grado di salute è migliorato – nella media – per uomini e donne, bambini, adulti ed anziani. Sono i frutti dello sviluppo, nelle sue molteplici articolazioni – scientifiche, tecnologiche, sociali e economiche. Questo quadro positivo cela, come ben si sa, profonde disuguaglianze, tra individui, popolazioni e paesi, delle quali qui non ci occupiamo, ma anche passi indietro oltre ai più numerosi passi in avanti. 

Il costo umano dell’inquinamento

Secondo le articolate analisi della Lancet Commission on Pollution and Health, dei circa 57 milioni di decessi avvenuti nel mondo nel 2019, circa 9 milioni – uno su sei – sono imputabili alle varie forme di inquinamento ambientale1. Dei 9 milioni di decessi “prematuri” imputabili alle varie forme di inquinamento, 6.7 milioni sono dovuti all’inquinamento domestico e ambientale; all’inquinamento delle acque sono attribuiti 1,4 milioni; al piombo 0,9 milioni. Gli uomini più delle donne subiscono gli effetti negativi dell’inquinamento ambientale, dell’atmosfera; le donne e i bambini sono più vulnerabili all’inquinamento delle acque. 

Negli ultimi decenni, c’è stata una diminuzione dei rischi nei paesi più poveri per quanto riguarda i decessi legati all’inquinamento interno (nelle abitazioni) e a quello delle acque. Tuttavia, questi miglioramenti sono contrastati dall’aumento dei decessi dovuti all’inquinamento atmosferico, dovuto a componenti chimiche tossiche (piombo, per esempio). “I decessi dovuti a questi fattori “moderni”, che sono la conseguenza dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione, sono cresciuti del 7% rispetto al 2015 e del 66% rispetto al 20002.”

Nella Figura 1 si riporta la stima dei decessi imputabili ad alcuni gruppi di cause di morte; i circa 9 milioni di decessi imputabili all’inquinamento sono pari a quelli imputabili al fumo, tripli sia di quelli dovuti alla malnutrizione, che di quelli imputabili all’alcol e all’uso di droghe, o all’Aids, alla tubercolosi e alla malaria.

Inquinamento tradizionale e inquinamento moderno

La grande variabilità dell’incidenza della mortalità da inquinamento può desumersi dalla Figura 2, elaborata dall’OMS. La mortalità è massima nei paesi dell’Europa orientale e in Russia, e in alcuni paesi dell’Africa centro-occidentale; minima in Europa occidentale e in gran parte del continente americano. Naturalmente, il contrasto all’inquinamento, conseguenza di complessi modi di vita, di produzione e di consumo, non può che essere graduale, implicando il controllo di innumerevoli fattori causali. Per esempio, come accennato, lo sviluppo economico comporta conseguenze contraddittorie. Da un lato comporta un netto miglioramento dell’inquinamento domestico: nelle società arretrate – per fare un esempio – si utilizzano, per il riscaldamento e la preparazione dei cibi, legna o carbone all’interno delle abitazioni. Ma lo sviluppo e l’industrializzazione causano anche una crescente diffusione di sostanze tossiche nell’atmosfera e una maggiore mortalità per un numero importante di patologie. 

Le figure 3 e 4 illustrano bene la complessità della situazione. La ricerca Lancet differenzia l’inquinamento “tradizionale” da quello “moderno”. Quello tradizionale comprende l’inquinamento domestico da combustibili solidi, l’acqua contaminata, la mancanza di impianti igienici adeguati. Quello “moderno” riguarda il particolato nell’atmosfera e l’emissione di ozono, piombo, fumi tossici e simili. La Figura 3 riporta la variazione della mortalità (2000-2019) dovuta all’inquinamento tradizionale in Africa: in tutti i paesi, meno uno, ci sono segni meno, che attestano delle conseguenze positive del recente processo di sviluppo. La Fig. 4 riguarda le variazioni di mortalità dovute ai fattori “moderni” in Asia: si tratta di variazioni ovunque in sensibile aumento, soprattutto in India. Infine va ricordato che l’inquinamento si estende ben oltre le aree che lo producono, in una “perversa” forma di globalizzazione. “Gli inquinanti transfrontalieri possono spostarsi su lunghe distanze spinte dai venti o dalle acque, per mezzo delle catene alimentari, nei prodotti di consumo…I venti trasportano gli inquinanti dall’Asia orientale al Nordamerica, dal Nordamerica all’Europa e dall’Europa alla regione Artica e all’Asia centrale3”.

Fonte figura 2: OMS – Mortality from environmental pollution (who.int)

Note

 1 Risultati confermati da altre agenzie, tra le quali l’OMS. 

2 Richard Fuller et al., Pollution and health: a progress update, The Lancet. Planetary Health, Vol. 6, issue 6, June 2022

3 Fuller, Pollution, cit. p. 539

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