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Le migrazioni internazionali nella frontiera mediterranea dell’Unione

I GIPS (Grecia, Italia, Portogallo e Spagna) condividono diversi tratti della loro storia migratoria. Paesi di emigrazione sino agli anni settanta del Novecento, hanno tutti e quattro conosciuto a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso un boom migratorio che li ha trasformati in uno dei principali poli d’arrivo della scena mondiale. Come ci spiega Corrado Bonifazi, hanno poi affrontato un periodo di difficile congiuntura economica, la crisi dei rifugiati e ora si trovano a dover fare i conti con gli effetti della pandemia di Covid-19.

Il quadro d’insieme

La crisi finanziaria del 2008 e quella del debito sovrano del 2011 hanno colpito duramente i GIPS, rendendo proprio qui più evidente come la grande recessione abbia rappresentato un importante punto di svolta per tutto il fenomeno migratorio mondiale. In questi paesi, con la recessione sono infatti diminuiti i flussi in arrivo e aumentate le partenze, comprese quelle dei propri cittadini, e sono così tornati a riaffacciarsi saldi migratori negativi. In particolare, si sono ridotte le migrazioni per lavoro, sono aumentate quelle familiari e per motivi umanitari e l’area in esame ha perso la centralità acquisita all’interno del sistema migratorio europeo.

In questa situazione si è poi inserita la crisi dei rifugiati, con l’arrivo in Europa di centinaia di migliaia di persone alla ricerca di protezione internazionale. Una crisi che ha investito in particolare Italia e Grecia che, per ovvie ragioni geografiche, hanno rappresentato i due principali punti di approdo di questi flussi che, ben presto, hanno superato le ordinarie capacità di accoglimento. In una situazione già così complessa, in cui però si sono manifestati a partire dal 2015 segnali di ripresa e di crescita dei flussi, si è ora inserita la pandemia di COVID-19, che ha già avuto effetti rilevanti sulle migrazioni internazionali.  

Considerando il complesso dei flussi di immigrazione, comprensivi quindi di stranieri e di Nationals, diretti verso i GIPS le tendenze di fondo del fenomeno appaiono con chiarezza (Fig. 1). Nei primi anni novanta gli arrivi nei quattro paesi erano sotto le 300 mila unità, ma già dal 1995 i valori hanno iniziato a crescere in maniera sempre più decisa sino ad arrivare a un massimo prossimo agli 1,6 milioni nel 2007, anno dell’ingresso della Romania e della Bulgaria nella UE. Con l’arrivo della crisi l’immigrazione è diminuita in maniera sensibile sino alle 680 mila unità del biennio 2013-2014, ma gli anni successivi hanno visto una ripresa del fenomeno, con valori crescenti che nel 2018 hanno quasi raggiunto gli 1,2 milioni. Una cifra prossima all’intensità del fenomeno nel 2008 e negli anni che hanno preceduto il massimo del 2007, a conferma di come intensi flussi di immigrazione tendano ormai a caratterizzarsi come un elemento importante dei processi economici e sociali dei GIPS, al pari di quanto avviene in gran parte dei paesi sviluppati.

Le migrazioni degli stranieri e il ritorno dell’emigrazione

La crisi economica del 2008 ha quindi interrotto la crescita dell’immigrazione, ha determinato, con la sola eccezione dell’Italia, saldi migratori negativi e ha attivato anche una ripresa dell’emigrazione dei Nationals dei GIPS. Dal 2015 emerge però con chiarezza una inversione di tendenza abbastanza netta che vale la pena di approfondire, prendendo in esame misure relative che permettano di annullare gli effetti delle diverse dimensioni dei paesi e considerando due aspetti del fenomeno, gli arrivi di stranieri e le partenze dei Nationals nonché i saldi riferiti a questi due gruppi. Considerando i tassi di immigrazione degli stranieri (Fig. 2) emerge come dal 2002 al 2018 la Spagna abbia sempre presentato i valori più elevati, anche negli anni in cui aveva un saldo negativo per questa componente. Dal 2016 pure la Grecia ha un tasso di immigrazione degli stranieri superiore a quello italiano. In termini di saldo migratorio, l’Italia ha registrato negli anni della crisi il guadagno più cospicuo, a fronte di perdite consistenti di Grecia e Spagna. Negli ultimi anni, invece, è di nuovo la Spagna ad avere il bilancio positivo più elevato, mentre gli altri tre paesi presentano valori abbastanza prossimi.

Nel caso dei Nationals, i tassi permettono di evidenziare la maggiore intensità relativa delle uscite da Grecia e Portogallo, con valori che nei momenti di massima intensità del deflusso sono stati tra le tre e le cinque volte più elevati di quelli di Italia e Spagna (Fig. 3). Nel 2018 i tassi di Italia e Portogallo appaiono ormai molto prossimi, con i primi ancora in crescita e i secondi, invece, in diminuzione dal 2013. Ben più elevato resta il deflusso dalla Grecia. Per quanto riguarda, i saldi, si notano perdite più elevate in Italia rispetto alla Spagna dal 2012, con uno scarto che si è ampliato negli ultimi anni. Del resto, la perdita migratoria dell’Italia relativamente ai propri cittadini risulta nel 2018 superiore anche a quella portoghese e prossima ormai alla greca. Segno evidente che l’emigrazione degli italiani, oltre ad essere ancora in crescita, trova, rispetto agli altri GIPS, una minore compensazione nel flusso di immigrazione.  

La crisi dei rifugiati

La crisi dei rifugiati del 2015 ha rappresentato, in questo quadro, uno specifico elemento di criticità. Gli arrivi hanno in effetti raggiunto dimensioni tali da mettere pesantemente in discussione l’intero sistema di gestione del fenomeno (Tab. 1). Dal 2016 i numeri si sono molto ridotti, grazie all’accordo della UE con la Turchia che ha portato ad una drastica diminuzione delle intercettazioni nel Mediterraneo orientale e nei Balcani occidentali. Dal 2017 gli accordi del governo italiano con alcune fazioni libiche hanno determinato la riduzione delle intercettazioni anche nel Mediterraneo centrale. L’ulteriore stretta del primo esecutivo Conte, ha portato a una ulteriore diminuzione degli arrivi in Italia, scesi a 23.500 nel 2018 e a 14 mila nel 2019. Quest’ultimo valore è risultato decisamente inferiore a quello che si è registrato nello stesso anno lungo la rotta orientale (83.300) e in Spagna (24 mila).

La pandemia e le migrazioni

La pandemia di COVID-19 ha avuto effetti anche su questo aspetto della dinamica migratoria. Nel 2020 la rotta del Mediterraneo centrale è infatti tornata ad essere la più battuta, anche per l’aumento delle partenze dalla Tunisia per la crisi economica in cui è precipitato questo paese. Sono anche aumentate le intercettazioni nelle Canarie che hanno raggiunto la cifra record di 22.600 rispetto le 2.700 dell’anno precedente. Tali sviluppi indicano una chiara tendenza all’aumento delle spinte all’emigrazione, a causa degli effetti negativi della pandemia sui sistemi economici dei paesi di partenza e di transito. Una situazione che potrebbe rilevarsi particolarmente problematica per i paesi mediterranei dell’Unione, che più direttamente si trovano a fronteggiare la pressione migratoria dai paesi africani e asiatici.

Oltre a queste conseguenze sui flussi irregolari, il COVID-19 ha avuto altri effetti importanti sulle migrazioni internazionali. In prospettiva, l’impatto della pandemia sulle migrazioni nel prossimo futuro appare legato soprattutto alle conseguenze economiche del COVID-19, ai tempi di ritorno alla normalità e a quelli di recupero dei sistemi produttivi dei vari paesi. Un recupero delle economie dei GIPS, anche grazie al massiccio sostegno messo in campo dall’Unione, potrebbe rappresentare un fattore di attrazione in paesi che presentano, dal punto di vista strutturale, diversi elementi che potenzialmente possono favorire la domanda di immigrazione. Del resto, gli sviluppi della dinamica migratoria in alcuni dei GIPS in questi ultimi anni hanno mostrato come una positiva congiuntura economica sia riuscita a stimolare una significativa ripresa dei flussi in arrivo. Chiaramente l’arrivo del COVID-19 ha reso molto più incerto il quadro di riferimento, aggiungendo un fattore di natura sanitaria a un insieme di elementi già di difficile previsione. I deficit strutturali che erano alla base del boom migratorio registrato nei GIPS tra la Caduta del Muro di Berlino e la crisi economica del 2008 non sono però scomparsi e possono diventare nuovamente un fattore trainante della domanda di immigrazione. La crescita degli arrivi in Spagna negli ultimi anni dimostra proprio come l’immigrazione dall’estero sia entrata nei meccanismi di funzionamento del sistema economico e sociale di questi paesi. Da questo punto di vista, resta da comprendere in quale misura la mancata ripresa dei flussi in Italia sia attribuibile alla più stentata crescita economica oppure a un discorso politico che ha trasformato l’immigrazione nel principale problema del paese senza aver avuto, per altro, la capacità di intervenire sui nodi strutturali che stanno alla base del fenomeno. 

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