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L’eccesso di mortalità totale dovuta al COVID-19. Cosa ci dicono dati ISTAT e ISS

Il 4 maggio è uscito il Rapporto del gruppo congiunto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) sull’eccesso di mortalità associato all’epidemia di Covid-19. Sabrina Prati e Patrizio Pezzotti ne sintetizzano alcuni risultati rispondendo alle seguenti domande: di quanto è aumentata la mortalità totale e da quando si osserva l’incremento? in che misura questo aumento è attribuibile all’epidemia di Covid-19? quali sono le aree più colpite e quali le caratteristiche delle persone decedute a causa di questo eccesso di mortalità?

L’improvvisa e rapida diffusione sul territorio italiano dal 20 febbraio 2020 di casi diagnosticati con Covid-19 ed il suo impatto sul servizio sanitario e sulla mortalità ha portato il Paese a intraprendere misure preventive di sanità pubblica su larga scala. Il monitoraggio dei nuovi casi e dei decessi giornalieri è al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica comportando uno sforzo importante delle Istituzioni coinvolte nella raccolta dei dati a fornire informazioni sempre più tempestive ed aggiornate e possibilmente con una lettura congiunta per la migliore comprensione possibile del fenomeno (si veda anche l’articolo di Blangiardo).

Il 4 maggio l’ISTAT ha diffuso per la prima volta i dati sui decessi di 6.866 comuni (su un totale di 7.904, l’87%) per cui è stato possibile un consolidamento delle statistiche per il primo trimestre del 2020 grazie anche all’integrazione della fonte anagrafica (ANPR e comuni) con le informazioni dell’Anagrafe tributaria. L’ampia base dati copre l’86% della popolazione residente in Italia. Questi dati consentono di valutare gli effetti dell’impatto della diffusione di Covid-19 sulla mortalità per genere ed età, tenendo conto degli incrementi dei decessi per il complesso delle cause avvenuti nel periodo iniziale e di più rapida diffusione del contagio: il mese di marzo 2020.

La diffusione di questi dati è accompagnata da un Report prodotto congiuntamente dall’ISTAT e dal Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 coordinato da ISS, che fornisce una lettura integrata dei dati epidemiologici di diffusione dell’epidemia di Covid-19 e dei dati di mortalità acquisiti e validati da ISTAT¹.

Di quanto è aumentata la mortalità totale? da quando si osserva l’incremento? e in che misura questo aumento è attribuibile all’epidemia di Covid-19? quali sono le aree più colpite? quali sono le caratteristiche delle persone decedute a causa di questo eccesso di mortalità?

Grazie al progressivo consolidamento dei dati anticipatori di mortalità via via diffusi da ISTAT è ora possibile dare delle prime risposte a queste domande.

Le “Tre Italie” dell’epidemia Covid-19

Volendo studiare l’impatto dell’epidemia di Covid-19 sulla mortalità totale non si può prescindere dalle caratteristiche della sua diffusione. Il primo caso italiano di Covid-19 è stato segnalato in Lombardia il 20 febbraio 2020 e l’intera epidemia è stata caratterizzata da una trasmissione locale. Dall’inizio dell’epidemia fino al 28 aprile 2020 sono stati segnalati al sistema di sorveglianza integrata Covid-19 199.740 casi positivi di SARS-CoV-2 diagnosticati dai laboratori di riferimento regionale (113.312 fino al 31 marzo 2020). Nello stesso periodo sono stati osservati 25.215 decessi (14.324 fino al 31 marzo 2020).

La diffusione geografica dell’epidemia di Covid-19 è fortemente eterogenea. Nelle regioni del Sud e nelle isole, la diffusione delle infezioni è stata molto contenuta, in quelle del Centro, è stata mediamente più elevata rispetto al Mezzogiorno mentre in quelle del Nord la circolazione del virus è stata invece molto elevata.

Di quanto è aumentata la mortalità totale del 2020? da quando si osserva l’incremento?

Una delle conseguenze più drammatiche degli effetti della epidemia riguarda l’incremento dei decessi. Il dato dei morti riportati alla sorveglianza Covid-19 fornisce, tuttavia, una misura parziale di questi effetti essendo riferito ai soli casi di deceduti dopo una diagnosi di positività a Covid-19. Si tratta, pertanto, di un indicatore influenzato dalla presenza di un test di positività al virus.

Una misura più universale dell’impatto dell’epidemia sulla mortalità della popolazione è data dall’eccesso dei decessi per il complesso delle cause risultati dal confronto, a parità di periodo, dei dati del 2020 con la media dei decessi del quinquennio precedente (2015-2019). In tal modo si assume implicitamente che la diffusione dell’epidemia produca un aumento dei decessi anche non direttamente riferibili ai casi diagnosticati positivi deceduti.

L’incremento della mortalità totale del 2020 rispetto alla media dello stesso periodo degli anni 2015-2019 si osserva solo a partire dal mese di marzo. Nei primi due mesi dell’anno infatti il numero di decessi del 2020 è generalmente inferiore a quello della media del quinquennio precedente in tutte le aree del Paese (Tabella 1). Considerando il mese di marzo e il livello medio nazionale la crescita dei decessi per il complesso delle cause è del 49,4%. Se si assume come riferimento il periodo che va dal primo decesso Covid-19 (20 febbraio) fino al 31 marzo i decessi passano da 65.592 della media 2015-2019 a 90.946 di quest’anno con un eccesso di 25.354 decessi, di questi il 54% è costituito dai morti diagnosticati Covid-19 (13.710).

A causa della forte concentrazione del fenomeno in alcune aree del Paese, tuttavia, i dati riferiti a livello medio nazionale appiattiscono di molto la dimensione dell’impatto del Covid-19 sulla mortalità totale. Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia²: 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino. Nell’insieme di queste province i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mese di marzo. Se si considera il peridodo dal 20 febbraio al 31 marzo i decessi sono passati: da 26.218 a 49.351 (+ 23.133); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituito dai morti positivi al Covid-19 (12.156). All’interno di questo raggruppamento le province più colpite dall’epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020 rispetto al 2015-2019 a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).

Nelle aree a media diffusione dell’epidemia (1.778 comuni, 35 province prevalentemente del Centro-Nord) l’incremento dei decessi per il complesso delle cause è molto più contenuto: da 17.317 a 19.743 (2.426 in più rispetto alla media 2015-2019); il 47% è attribuibile ai morti positivi al Covid-19 (1.151). Infine nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell’1,8% alla media del quinquennio precedente.

L’eccesso di mortalità più marcato si osserva per gli uomini di 70-79 anni

L’eccesso di mortalità registrato a marzo del 2020 è ancora più accentuato negli uomini. Si tratta di un dato molto rilevante, perché oltre a rivelare un fatto noto già dai morti positivi al Covid-19, mette in luce che la dimensione del fenomeno della supermortalità maschile in relazione all’epidemia è ancora più ampia estendendosi verosimilmente anche a cause che non sono direttamente riferibili al Covid-19.

Lo scostamento della mortalità dall’andamento precedente al periodo in cui è iniziata l’emergenza è ben evidenziato per grandi classi di età e genere dai grafici successivi (Figura 1). L’andamento giornaliero degli scostamenti dei decessi cumulati del 2020 dalla media 2015-2019, mostra chiaramente che la crescita dei decessi si è innescata tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo proprio in accordo con l’andamento dei casi diagnosticati microbiologicamente con Covid-19. Durante il mese di marzo nelle aree maggiormente interessate dall’epidemia il numero di morti inizia rapidamente ad aumentare rispetto alla media 2015-2019 dello stesso periodo.

L’eccesso di mortalità più consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni per i quali i decessi aumentano di circa 2,3 volte tra il 20 febbraio e il 31 marzo, segue la classe di età 80-89 (quasi 2,2 volte di aumento).

L’incremento della mortalità nelle donne è invece più contenuto per tutte le classi di età. Raggiunge il 20% in più della media degli anni 2015-2019 alla fine di marzo tanto per la classe di età 70-79 che per la 90 e più.

Passando dalle aree più colpite a quelle meno colpite dal Covid-19 l’eccesso di mortalità si sposta in avanti e si riduce (Figura 2). A causa dell’entità più contenuta del fenomeno i decessi cumulati sono considerati per maschi e femmine nel complesso.

Nella classe di province a media diffusione dell’epidemia si è verificato uno scostamento rispetto all’andamento pre-crisi, iniziato dopo la fine della seconda settimana. Si osserva un aumento dei decessi cumulati nelle età più anziane: per 90 anni e più al 31 marzo i decessi sono superiori di circa il 6% (in questa classe di età nel periodo 20 febbraio-31 marzo si registra un aumento dei decessi pari al 21% rispetto alla media 2015-2019). Per le province a bassa diffusione si osserva un eccesso di decessi rispetto al 2015-2019 solo per le età 90 anni e più (3% in più al 31 marzo).

L’analisi di tutte le cause di morte del 2020 consentirà di valutare quanto l’eccesso di mortalità osservata sia attribuibile anche ai decessi di persone non sottoposte al test ma certificate dai medici sulla base di una diagnosi clinica (che al momento non sono conteggiate nella sorveglianza) e quanto agli effetti indiretti su specifiche cause di morte, soprattutto riconducibili alle difficoltà del sistema ospedaliero di lavorare in condizioni di forte stress ma anche al minor ricorso alle prestazioni del servizio sanitario da parte dei cittadini per il timore del contagio.

Note

¹ ISTAT-ISS, Impatto dell’epidemia covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente. Primo trimestre 2020, Roma, 4 maggio 2020.

² Per valutare la diffusione all’interno delle Province ed eliminare l’eterogeneità dovuta alle diverse strutture per età delle popolazioni provinciali, sono stati calcolati i tassi standardizzati di incidenza cumulata al 31 marzo dei casi confermati positivi all’infezione, lo standard utilizzato è stata la Popolazione Italiana al Censimento 2011. La distribuzione di questi tassi è stata divisa in tre classi: la prima classe definita a diffusione” bassa” comprende le province con valori del tasso <40 casi per 100.000 residenti, la seconda classe definita a diffusione “media” comprende le province con valori del tasso tra i 40-100 casi ogni 100.000 residenti, la terza definita a diffusione “alta “comprende le province con valori superiori ai 100 casi ogni 100.000 residenti. Cfr Report ISTAT-ISS.

 

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