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Tale padre, tale figlio? Uno sguardo alle statistiche sulla istruzione nei paesi OCSE

Riproduzione sistematica delle disuguaglianze sociali e accesso limitato all’istruzione terziaria sono due facce della stessa medaglia: è questa la lettura che Francesco Chelli e colleghi offrono dei dati periodicamente forniti dall’Ocse sui livelli di istruzione conseguiti dalla popolazione degli stati membri. Con qualche amarezza per la situazione italiana.

Quanto in Italia il livello di istruzione dei genitori influenza quello dei figli?

Attraverso l’istruzione, si può migliorare la qualità della vita? Numerose ricerche empiriche hanno dimostrato che l’istruzione riduce la disuguaglianza. Secondo un’analisi condotta dalle Nazioni Unite¹ su 114 paesi nel ventennio 1985-2005, l’aumento di un solo anno di istruzione è associato a una riduzione di 1,4 punti percentuali del coefficiente di disuguaglianza di Gini.

L’importanza della formazione scolastica ed universitaria è sottolineata anche dall’interesse mostrato su questo tema dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), la quale ha inserito l’istruzione tra gli 11 indicatori che determinano il benessere di un paese; l’OCSE ne segue periodicamente l’andamento, oltre che nei 35 paesi membri anche in altri che sono partner dell’Organizzazione, raccogliendo le informazioni nel report annuale “Uno sguardo sull’istruzione” (OECD, 2017).

Tra i dati raccolti, sono di particolare interesse quelli relativi ai tassi di conseguimento del titolo di studio universitario in relazione al possesso dello stesso titolo da parte dei genitori. I dati mostrano come gli adulti di età compresa tra i 30 e i 59 anni con almeno un genitore laureato abbiano una probabilità molto più alta di possedere un titolo di pari livello rispetto agli adulti provenienti da famiglie nelle quali entrambi i genitori ne siano privi. Ciò vuol dire che il livello di istruzione dei genitori influenza il livello di istruzione dei figli molto più di quanto lo facciano altre variabili quali la residenza o il genere. L’analisi dei dati OCSE rivela che generalmente l’istruzione dei genitori condiziona i percorsi formativi dei figli con differenze nella intensità che variano da paese a paese. Come emerge dal “Rapporto sulla popolazione. L’istruzione in Italia” (AISP, 2019), la situazione italiana appare, sotto questo punto di vista, particolarmente preoccupante. Questo ovviamente non tanto in relazione al fatto che una larga parte dei figli di genitori laureati consegua a loro volta la laurea, quanto alla incapacità del sistema, di elevare la quota, molto bassa, di figli laureati provenienti da famiglie con un titolo di studio inferiore.

La posizione dell’Italia nel contesto internazionale attraverso l’analisi di due indicatori: uguaglianza ed opportunità

Cosa succede negli altri paesi? A partire dai dati OCSE, è possibile costruire due indicatori, capaci di misurare due dimensioni distinte che influenzano l’accesso alla istruzione terziaria: quella della uguaglianza, intesa come assenza di discriminazione, e quella delle opportunità. L’indicatore uguaglianza è il complemento al valore 1 della differenza tra la quota di adulti laureati provenienti, rispettivamente, da famiglie nelle quali almeno uno dei genitori sia laureato e da famiglie nelle quali entrambi i genitori siano privi del titolo di studio di livello terziario. Sotto l’ipotesi che, ceteris paribus, il fattore che maggiormente influenzi la mobilità sociale sia il titolo di studio, valori bassi dell’indicatore di uguaglianza esprimono scarsa mobilità sociale nel paese – i figli tendono a replicare i risultati ottenuti dai genitori – valori alti, al contrario, rivelano che il livello di istruzione dei genitori produce effetti poco significativi su quello dei figli – le quote di figli laureati dei due diversi gruppi familiari tendono pressoché ad equivalersi. Bisogna però distinguere, in quest’ultimo caso nel quale il livello di istruzione dei genitori ha poca influenza nel determinare quello dei figli, l’evenienza in cui entrambe le quote di adulti laureati, provenienti dai due distinti gruppi familiari, siano alte – ed allora dobbiamo parlare di alta accessibilità al titolo di studio terziario – da quella in cui entrambe siano basse – scarsa accessibilità. In questo caso l’indicatore eguaglianza, come abbiamo appena visto, non può esserci d’aiuto e ciò impone di introdurre un secondo indicatore, detto di opportunità, che misuri nel suo complesso, l’accessibilità al titolo di studio terziario e che, congiuntamente al primo, consenta di cogliere nella sua interezza un fenomeno così complesso.

L’indicatore opportunità corrisponde alla probabilità osservata, per un adulto, di conseguire il titolo di livello terziario, pertanto valori alti dell’indicatore opportunità denotano alte possibilità di conseguire il titolo universitario a prescindere dal livello di istruzione dei genitori. In Figura 1 sono riportate le performance dei vari paesi rispetto ai due indicatori: l’indicatore uguaglianza è rappresentato sull’asse delle ascisse e l’indicatore opportunità sulle ordinate.

Analizziamo i due assi separatamente. Considerando l’uguaglianza, tra i paesi OCSE, la Finlandia registra il valore più alto dell’indicatore, ovvero risulta avere la minima discriminazione. Seguono Canada, Estonia, Nuova Zelanda e Austria. Il valore minimo dell’indicatore uguaglianza è registrato in Turchia che occupa l’ultima posizione, preceduta dall’Italia, penultima, vengono poi Cile, Slovacchia, Polonia. L’analisi dell’indicatore opportunità produce una classifica, seppur di poco, diversa da quella determinata dall’indicatore uguaglianza. Nella parte alta della classifica troviamo Canada, Israele, Nuova Zelanda, Giappone e Corea mentre alle ultime posizioni, ossia tra i paesi con i valori più bassi dell’indicatore opportunità, di nuovo la Turchia, ultima posizione, l’Italia, penultima, poi l’Austria, la Slovacchia e la Repubblica Ceca.

Considerando i due indicatori simultaneamente (Figura 1) possiamo fare alcune considerazioni generali. In primo luogo, sembra esistere una concordanza nell’andamento dei due indicatori: uguaglianza ed opportunità crescono insieme nei paesi considerati. Inoltre, esiste un gruppo di paesi caratterizzati da forte discriminazione e scarse opportunità; appartengono a questo gruppo: la Turchia, l’Italia, la Slovacchia e la Repubblica Ceca. Le migliori performance dei due indicatori, si registrano invece in Nuova Zelanda, Canada e Finlandia. Infine, l’Italia è agli ultimi posti tra i 35 paesi OCSE considerati ed all’ultimo se limitiamo il campo di osservazione ai paesi dell’Europa o a quelli del G7.

Una possibile chiave di lettura del mediocre risultato conseguito dall’Italia si può ricavare dalla analisi dell’incidenza della spesa per istruzione (dalla primaria alla terziaria) come percentuale sul PIL. Infatti, nel nostro paese tale quota ha raggiunto nel 2014 un valore tra i più bassi dei paesi considerati (4,0%), e si colloca molto al di sotto di quello dei paesi leader della classifica, ossia Nuova Zelanda (6,4%), Canada (6,2%) e Finlandia (5,7%) che, non a caso, occupano le prime posizioni anche nelle classifiche determinate dagli indicatori di uguaglianza ed opportunità (OECD, 2017).

Alla luce di questi risultati sembra utile ribadire l’importanza di offrire pari opportunità di istruzione alle giovani generazioni, investendo maggiori risorse in politiche di crescita inclusiva che comprendano, tra l’altro, la riduzione del tasso di abbandono scolastico, il miglioramento della qualità della formazione ed il potenziamento del diritto allo studio.

Bibliografia

AISP (2019), Rapporto sulla popolazione. L’istruzione in Italia, De Santis G., Pirani E., Porcu M. (a cura di), Il Mulino, Bologna.

OECD (2017), Education at a Glance 2017: OECD Indicators, OECD Publishing, Paris.

¹ analisi condotta dalle Nazioni Unite

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