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Desiderare di raggiungere livelli scolastici elevati. Esiste un paradosso tra i figli di immigrati?

Nonostante le peggiori performance scolastiche, i figli di immigrati hanno frequententemente aspirazioni formative elevate. Alessio Buonomo e Giuseppe Gabrielli mostrano come l’aspirazione ad andare all’università per gli studenti del primo e secondo anno delle scuole superiori confermi l’esistenza di tale paradosso anche in Italia. Eppure, non è lo stesso per i figli di immigrati, frequentanti la terza media.

Il “paradosso aspirazione-realizzazione” scolastica dei figli di immigrati

Inserire con successo i figli di immigrati (cioè i figli di genitori nati entrambi all’estero, indipendentemente dal loro luogo di nascita e dalla cittadinanza) rappresenta sempre più una sfida decisiva per le società italiana. Per questo, il continuo calo delle nascite in Italia pone un’attenzione tutta particolare a come stanno crescendo i figli di immigrati che rappresentano una parte sempre più importante della popolazione scolastica. 

Ciò nonostante, il percorso scolastico dei figli di immigrati continua ad essere quantomeno problematico. Più spesso che per i “coetanei non-migranti” (che hanno uno o entrambi i genitori nati in Italia), essi crescono in quella fascia di popolazione a medio-basso reddito, non godono di pari opportunità e non sono in grado di sviluppare il proprio potenziale per realizzare i propri desideri (o aspirazioni) di vita. Le barriere più o meno evidenti della società e dei contesti di vita causano una marcata disuguaglianza a breve e lungo termine tra pari e una bassa mobilità sociale intergenerazionale. 

In altri termini, si starebbe ripetendo in Italia ciò che avviene da più tempo in tanti altri paesi dell’Europa occidentale di più antica immigrazione (Fellini e Guetto, 2019), nonostante che si sia dimostrato quanto sia diretta la relazione tra risultati scolastici elevati, ingresso positivo nel mercato del lavoro, buon reddito, benessere e salute (Salikutluk, 2016). A questa realtà, che diventa sempre più oggettiva, si contrappone una volontà soggettiva degli interessati a realizzarsi, facendo così emergere un paradosso, noto in letteratura anglosassone come il “paradosso aspirazione-realizzazione [aspiration–achievement paradox]” dei figli di immigrati. In sintesi, nonostante le peggiori performance scolastiche e al netto della situazione socioeconomica della famiglia, i figli di immigrati aspirano a livelli di studio maggiori rispetto ai loro coetanei non-migranti. 

La ricerca, soprattutto sociologica e psicologica, ha proposto diverse spiegazioni a tale paradosso. La teoria dell’“ottimismo del migrante [migrant optimism]” è una delle più accreditate. Secondo tale teoria gli immigrati rappresentano un gruppo selezionato positivamente all’origine per numerose caratteristiche, tra cui: ambizione, determinazione, ottimismo e motivazione. Essi hanno, dunque, una forte predisposizione a credere che con la migrazione si possa perseguire con successo una mobilità sociale ascendente nel paese di destinazione. Consapevoli che l’istruzione sia il migliore strumento per poter conseguire tale obiettivo, gli immigrati, che spesso provengono da contesti socioeconomici più svantaggiati, nutrono e trasmettono ai loro figli elevate (o ottimistiche) aspirazioni.

C’è da dire che non mancano studi in letteratura che hanno messo in discussione tale paradosso (Teney et al., 2013), mostrando che in alcuni contesti non esistano differenze così marcate in tali aspirazioni tra non-migranti e migranti con famiglie provenienti da specifici Paesi di origine.

Desiderare di raggiungere livelli scolastici più elevati in Italia

Un nostro recente studio (Buonomo et al. 2024) conferma solo parzialmente tale paradosso nel contesto italiano evidenziando risultati contrapposti quando si considerano le aspirazioni degli studenti colti nei diversi cicli scolastici. In particolare, si analizzano le aspirazioni a frequentare il liceo, rispetto ad un istituto tecnico o professionale, per gli iscritti al terzo anno delle scuole statali secondarie inferiori (13 anni di età) e le aspirazioni ad andare all’università per gli iscritti al primo e al secondo anno delle scuole superiori (14-16 anni di età). Utilizzando i dati provenienti dell’indagine Istat sull’integrazione delle seconde generazioni (ISG) svolta nell’anno scolastico 2015/16, volutamente sono stati osservati gli studenti frequentanti la scuola dell’obbligo (in età 13-16 anni) per ridurre quanto più possibile il numero di coloro che hanno abbandonato gli studi e, dunque, meno motivati.

Le analisi descrittive mostrano, in prima battuta, che i figli di immigrati hanno, in percentuale, aspirazioni a voler frequentare il liceo e l’università (29,0% e 41,3%, rispettivamente) inferiori rispetto ai coetanei non-migranti (46,6% e 46,4%, rispettivamente). Naturalmente tale dato non considera che i due gruppi di studenti hanno una diversa composizione per genere, risultati scolastici, contesto culturale e socioeconomico della famiglia di origine, motivazioni personali, relazioni con gli altri. 

Le regressioni logistiche permettono di considerare tali aspetti differenziali e di stimare gli effetti marginali medi (AME) per paese/area di origine dei figli di immigrati poste uguale a zero le aspirazioni dei coetanei non-migranti (il riferimento “Italia” nella figura riportata). Le aspirazioni più basse sono rappresentate da valori negativi, le aspirazioni più alte sono rappresentate da valori positivi. Gli istogrammi bianchi indicano risultati non statisticamente significativi (meno del 95%).

Gli studenti iscritti alla scuola secondaria inferiore e provenienti da Romania, Marocco, Moldavia ed Europa dell’Est non-UE hanno le aspirazioni più basse a frequentare il liceo (AME negativi). Per tutti gli altri le differenze in tale aspirazione tra figli di immigrati e loro coetanei non sono significative. Risultati opposti si osservano guardando alle aspirazioni a frequentare l’università da parte degli studenti iscritti alla scuola secondaria superiore. I figli di immigrati di tutte le provenienze geografiche hanno aspirazioni superiori rispetto agli studenti con genitori italiani (AME positivi). I risultati sono sempre significativi ad eccezione degli studenti con origini Moldave, Filippine ed Est-Europee extra-UE. (Figura 1)

Ma allora esiste un paradosso nei desideri dei figli di immigrati frequentanti la scuola italiana?

Solo il risultato sulle aspirazioni a frequentare l’università conferma l’esistenza di tale paradosso. Esso probabilmente dipende in parte da un effetto di selezione degli studenti (migliori) iscritti alla scuola secondaria di secondo grado. In altri contesti si direbbe: l’appetito vien mangiando! Ovvero, il cosiddetto ottimismo dei migranti cresce per i figli più meritevoli. Con la crescita del numero di figli di immigrati nati in Italia in futuro però ci si potrebbe aspettare un ulteriore riduzione di tale ottimismo per una maggiore consapevolezza dei figli di immigrati sulle reali opportunità di una mobilità sociale ascendente. Questo aspetto solleva però una riflessione, per il bene di tutti, sulla necessità del sistema Paese di lavorare sull’abbattimento delle barriere esistenti per poter permettere a tutte le giovani generazioni, di origine migrante e non, di vedere realizzati i propri desideri (o aspirazioni) di vita.

Riferimenti bibliografici

Buonomo A., Gabrielli G., e Gargiulo G., Orientale-Caputo G. (2024). Lyceum and university aspirations among migrants and non-migrants in Italy. British Educational Research Journal, first online, DOI: https://doi.org/10.1002/berj.3970.

Fellini I., e Guetto R. (2019). A “U-shaped” Pattern of Immigrants’ Occupational Careers? A Comparative Analysis of Italy, Spain, and France. International Migration Review, 53(1), 26-58.

Salikutluk Z. (2016). Why do immigrant students aim high? Explaining the aspiration–achievement paradox of immigrants in Germany. European Sociological Review, 32(5), 581-592.Teney C., Devleeshouwer P., e Hanquinet L. (2013). Educational aspirations among ethnic minority youth in Brussels: Does the perception of ethnic discrimination in the labour market matter? A mixed-method approach. Ethnicities, 13(5), 584-606.

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