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La demografia della Sardegna nel contesto mediterraneo: tendenze e prospettive

Nel panorama nazionale, la demografia della Sardegna si è sempre caratterizzata per una densità abitativa relativamente bassa, sebbene rispetto al primo censimento post-unitario abbia aumentato i propri abitanti di circa un milione, giungendo agli attuali 1,66 milioni di residenti. Dal secondo dopoguerra in poi la distribuzione territoriale della popolazione sarda si è modificata¹ e il ritmo della crescita è stato particolarmente elevato fino a che, nel corso degli anni ’90, non si è registrato un evidente rallentamento.

La diminuzione continua della natalità

Schermata 2015-12-15 a 09.56.58A fronte di un quota di decessi nell’isola costantemente inferiore a quella nazionale è proprio in quegli anni che, per la prima volta, il tasso di natalità ha registrato livelli inferiori a quello di mortalità. Nel decennio successivo si è ridotto ulteriormente per arrivare, nel 2014, al 6,9‰ contro l’8,3‰ registrato dalla popolazione italiana totale (figura 1).
In particolare, il processo di riduzione del tasso di fecondità totale è stato più repentino e prolungato di quello registrato nell’intero territorio nazionale: all’inizio degli anni ‘50 la Sardegna contava infatti in media quasi 4 figli per donna, ma nel 2013 si è arrivati a un valore di 1,1, mentre i valori registrati per il complesso della popolazione italiana sono stati pari a 2,3 e a 1,4. Sul piano delle scelte individuali, questo fenomeno è stato ricondotto ad un modello familiare “sardo” (Breschi, 2013) caratterizzato principalmente da una tendenza delle nuove famiglie a trasferirsi in un comune diverso da quello della famiglia d’origine e da un’età tardiva al matrimonio per entrambi i sessi. Cois e Perra (2012) affermano che la scelta delle giovani coppie sarde di posticipare l’età al matrimonio è dovuta alla volontà degli uomini di ottenere una realizzazione lavorativa, mentre le donne ambiscono ad acquisire una formazione superiore, considerata come un requisito fondamentale per accedere al lavoro. A sostegno di questa tesi è sufficiente notare che, tra i censimenti del 1981 e del 2011, la quota di diplomati e laureati sardi è raddoppiata, crescendo in particolare per le donne, mentre il tasso di occupazione femminile ha registrato un repentino aumento proprio nel corso degli anni ’90, arrivando oggi alla soglia del 43%.

Il relativo beneficio attuale dell’immigrazione

Schermata 2015-12-15 a 09.57.06Con qualche anno di ritardo rispetto al contesto nazionale, l’isola ha iniziato quindi a registrare un tasso di crescita naturale negativo e tutto lascia presagire che questo trend non cambierà facilmente nei prossimi anni. Oltre a ciò, non sembra che il progressivo invecchiamento della popolazione isolana sia stato contrastato in maniera sostanziale dalla presenza straniera. Sebbene nel nuovo millennio si sia verificato un aumento positivo nel tasso migratorio netto, l’incidenza dei cittadini non italiani sul totale dei residenti resta ampiamente inferiore a quella osservata a livello nazionale: a inizio 2015 non raggiungeva ancora il 3%, contro una quota di poco superiore all’8% per l’Italia (figura 2).
La scarsa attrazione esercitata dalla Sardegna sugli stranieri deve essere addebitata, così come avviene più in generale per il Mezzogiorno d’Italia, alla limitata domanda di lavoro che negli ultimi anni ha condotto gli stessi sardi a cercare fortuna altrove.

La demografia della Sardegna: scenari futuri

Le criticità evidenziate portano a interrogarsi sulle dinamiche demografiche previste per il futuro, mentre la posizione dell’isola al centro del Mediterraneo induce a volgere uno sguardo verso le vicine coste dell’Africa Settentrionale e verso i paesi dell’Africa Sub-Sahariana. Le previsioni delle Nazioni Unite segnalano infatti che, nel 2050, le popolazioni di queste aree saranno cresciute rispettivamente di più di 1,5 e 2,5 volte, a fronte di un aumento nella speranza di vita (a 77 e 69 anni) e di una diminuzione del numero medio di figli per donna, il quale dovrebbe calare a metà del secolo al di sotto del livello di sostituzione per i paesi del Nord Africa (1,67) e attestarsi su valori superiori per l’Africa Sub-Sahariana (2,3).
Schermata 2015-12-15 a 09.57.27Se una pressione africana verso i paesi del Mediterraneo può finire per generare effetti positivi sulla numerosità della popolazione italiana, anche solo considerando lo scenario più ottimistico elaborato dall’Istat² non sembra che lo stesso possa dirsi per la popolazione sarda, rispetto a cui si prevede al 2050 una pur leggera diminuzione. Lo scenario centrale, più verosimile, prevede che a fronte di una relativa diminuzione nell’incidenza degli individui sardi di età inferiore ai 20 anni (che dal 17% del 2010 passerebbero al 15% nel 2050), si dovrebbe assistere ad una più netta diminuzione della popolazione in età lavorativa (da circa il 64% al 46%) e ad un aumento particolarmente evidente, di circa venti punti percentuali, nella popolazione con 65 anni e oltre (dal 19% a oltre il 39%). Stando a queste prospettive, il tasso di dipendenza della popolazione anziana in Sardegna aumenterebbe vertiginosamente, passando dall’attuale 30% all’86% del 2050. In quest’ottica, solo un aumento dei flussi migratori in entrata sembra in grado di garantire la sostenibilità della società che abiterà in futuro nell’isola.

Bibliografia:

Breschi M. (2013), Popolamento e transizione demografica in Sardegna, Forum ed., Udine.

Cois M.S., Perra E. (2012), Modi di fare famiglia in Sardegna lungo il Novecento, in Breschi M. (a cura di), Dinamiche demografiche in Sardegna tra passato e futuro, Forum, Udine, pp. 97-150.

¹ Il popolamento delle zone costiere della Sardegna è avvenuto principalmente in seguito alla sconfitta della malaria (malattia endemica nell’isola), per mezzo di una diffusa campagna di disinfestazione operata con il DDT e condotta dalla Rockefeller Foundation tra il 1946 e il 1950.

² http://www.demo.istat.it/uniprev2011/index.html?lingua=ita

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