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Immigrazione e carta stampata: rappresentazione e stereotipi in Italia*

La rappresentazione dell’immigrazione nei media continua ad attrarre l’attenzione di esperti provenienti da varie discipline, per la continua trasformazione e le variegate sfaccettature che contraddistinguono il fenomeno. L’interesse mediatico ai fenomeni migratori pone, però, un problema circa la qualità delle informazioni divulgate. Gli studi condotti a livello nazionale sottolineano che la trattazione di articoli che riguardano l’immigrazione è generalmente inserita in fatti di cronaca, generando una tendenza ad appiattire il fenomeno dell’immigrazione ad ambiti ben definiti, con protagonisti e toni stereotipati.

L’analisi testuale su immigrazione e stereotipi

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Il presente caso studio illustra i risultati di un’analisi testuale condotta all’interno del progetto “Il valore dell’immigrazione”, realizzato dalla Fondazione Leone Moressa con il contributo di Open Society Foundations. L’analisi, realizzata su un campione di 846 articoli delle tre principali testate nazionali (La Repubblica, Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore) compresi tra gennaio e giugno 2014, ha permesso di mettere in rilievo gli attori sociali, le aree tematiche, i contesti di senso e le “parole” che concorrono alla formazione di un senso comune e, quindi, alla nostra percezione della realtà.
Da una prima osservazione (tabella 1) emerge come i giornali privilegino un’identificazione generica dei soggetti: “immigrati” e “profughi” risultano essere le categorie maggiormente utilizzate. L’assenza di specificità (di provenienza, gruppo etnico o altro) porta ad una marcata depersonalizzazione dei soggetti a favore di immagini e rappresentazioni che suggeriscono una certa lontananza tra autoctoni e immigrati, riproducendo una generalizzazione stereotipata e colpevolizzante nei confronti di determinate categorie di soggetti.

Le caratteristiche della comunicazione

Alcune differenze nella trattazione degli argomenti possono essere apprezzate nelle diverse testate giornalistiche: il Corriere della Sera affronta anche argomenti di cronaca e criminalità, seguiti da proteste. Repubblica si distingue per la quantità di  articoli che affrontano il tema dell’integrazione. Il Sole 24 Ore si distingue a sua volta per la presenza di argomenti inerenti la politica, la giustizia e l’economia dell’immigrazione. Ma il vero leit motiv degli articoli rilevati nella prima metà del 2014 sono le cronache degli sbarchi, indubbiamente un fenomeno che negli ultimi anni ha dettato l’agenda dei media nel nostro Paese. In questo senso, in continuità con la letteratura a disposizione, sbarchi, cronaca, criminalità e proteste caratterizzano il discorso pubblico sull’immigrazione nella carta stampata italiana.
Il tema del lavoro rimane sullo sfondo, e ancora più esigui sono gli articoli che mettono in luce il contributo dell’immigrazione all’economia italiana. Viene favorita invece una rappresentazione che da anni continua a perpetuarsi, secondo cui gli immigrati sono coloro che sbarcano, di norma clandestinamente, o sono coinvolti in episodi di cronaca o giustizia.
Ciò che prevale è un discorso pubblico centrato sull’emergenza e l’allarme: arrivano e sono in troppi; per fortuna c’è l’Italia che li soccorre, ma i centri di accoglienza sono saturi.
Anche l’utilizzo dei termini viene influenzato dal tenore dei messaggi contenuti negli articoli. Da un lato si sottolineano gli aspetti positivi di un’Italia impegnata in operazioni di soccorso, manifestando un certo grado di apertura: in questi casi viene utilizzato con maggior frequenza il termine “migranti”. Dall’altro lato, rimane forte il tema dell’emergenza, legato alla difficoltà nella gestione dei trasferimenti; in questo caso avviene il lancio di un allarme sociale che viene espresso ricorrendo ai termini “profughi” ed “extracomunitari”.

L’economia dell’immigrazione

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La relazione tra immigrazione e lavoro risulta un tema relativamente poco affrontato. Mediamente solo il 12% degli articoli riguardanti l’immigrazione affronta temi economici. Nemmeno il Sole 24 Ore dedica all’economia dell’immigrazione una quota particolarmente significativa  dello spazio dedicato ai fenomeni migratori, arrivando appena al 22%.
L’aspetto di maggior interesse del lavoro di analisi testuale è il legame tra gli argomenti trattati, la valutazione degli articoli e il complesso degli attori in gioco, vale a dire tra “chi parla di cosa”, “come ne parla”, e i protagonisti degli articoli. Questa connessione, illustrata nel grafico sottostante, permette di trarre alcune conclusioni significative (Fig.1).

Figura1_neodemos_Moressa

In estrema sintesi si può dire che l’analisi traduce graficamente in vicinanza le associazioni tra le variabili in gioco, ossia la valutazione degli articoli, le testate e il vocabolario utilizzato. In questo senso si può osservare come sul versante degli articoli considerati “positivi” (ovvero a favore di un’immagine positiva dell’immigrazione), troviamo un’area semantica caratterizzata da termini quali “tassi di crescita”, “incremento”, “impresa”, “stranieri”, “immigrati”, “potenziale”, “money transfer” e “rimesse verso i paesi di origine”. In quest’area emerge una trattazione del tema che utilizza dati puntuali le cui fonti vengono indicate, diversamente dalla tendenza generale.
La trattazione neutra riguarda, invece, i temi dei “permessi di soggiorno”, “lavoratori stagionali”, leggi e decreti riferiti ai “flussi di ingresso” e così via, ovvero una prevalenza di dati privi di giudizio di merito.
Sul versante opposto del grafico si posizionano gli articoli connotati in maniera “negativa”, i quali tendono a rappresentare in modo negativo la relazione tra lavoro e stranieri. In questo caso prevalgono fatti di cronaca (e cronaca nera) e le forme maggiormente frequenti sono riferite a “clandestino” e a “condizioni di lavoro estreme”.

Questa componente di articoli è quella che fornisce il maggior numero di spunti di riflessione in merito al rapporto tra comunicazione e immigrazione.
La costruzione narrativa degli immigrati oscilla tra le immagini di vittime e carnefici, sfruttatori e sfruttati, tra il pericolo da essi rappresentato e toni d’inchiesta e denuncia. Il caso dei laboratori cinesi, di cui i giornali hanno parlato molto dopo la tragedia del dicembre 2013 a Prato, in cui morirono sette lavoratori, ne è un chiaro esempio. Il risultato è stato lo sviluppo di due tendenze, molto differenti, nel modo di affrontarlo. Da un lato gli eventi sono riportati basandosi su dati concreti, tratti da fonti adeguatamente specificate, ed in questi casi la collocazione sia dell’articolo sia delle persone coinvolte risulta positiva; negli altri casi prevalgono la cronaca e la spettacolarizzazione degli eventi, riproponendo luoghi comuni e determinando, inevitabilmente, una connotazione negativa.

Le immagini stereotipate emerse riguardano, in generale, il fatto che gli immigrati sono troppi (invasione), la difficoltà di affrontare una concorrenza di mercato (ci rubano il lavoro), l’esistenza di agevolazioni (il sistema avvantaggia gli stranieri rispetto agli autoctoni). Si passa poi alla descrizione, a volte minuziosa, delle condizioni di sfruttamento, che sottolinea condizioni di disagio caratterizzanti il lavoro clandestino o irregolare (gli immigrati lavorano in nero).
In tali articoli le immagini stereotipate sono riferibili soprattutto alla commistione tra dimensione quantitativa del fenomeno immigrazione, l’impatto delle attività commerciali gestite dai nuovi arrivati, le condizioni di lavoro e le implicazioni sociali ed economiche che questi fattori hanno sulla vita degli autoctoni.

Per dare una corretta informazione sui fenomeni legati all’immigrazione appare necessario ripartire proprio da qui: da una rilettura più attenta di una realtà complessa e sfaccettata, che non riduca il discorso pubblico sull’immigrazione ai luoghi comuni del “si dice che”.

* La ricerca completa è contenuta Il Valore dell’immigrazione, a cura della Fondazione Moressa, presentato il 29 gennaio 2015 a Palazzo Chigi.

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