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Perché la sanità americana è così cara? (*)

La spesa sanitaria USA, com’è noto,  è la più alta del mondo, sia come spesa pro-capite (7.421 $, 2007), sia come incidenza sul PIL (16,2%, 2007, ma è cresciuta ulteriormente negli ultimi anni). La spesa pro-capite, nella media dei Paesi dell’OECD, è minore della metà (2.984 $); il paese secondo in graduatoria dopo gli Stati Uniti, è la Norvegia con 4763 $ a testa, un terzo in meno. Colpisce anche il ritmo di crescita della spesa sanitaria americana: nel 2007 ha superato i 2.200 miliardi di dollari, più del triplo dei 714 miliardi di dollari spesi nel 1990, oltre 8 volte i 253 miliardi di dollari del 1980. Un ritmo di crescita di gran lunga superiore rispetto sia al tasso annuale di incremento dell’inflazione, che a quello del PIL.

A questa questione la Casa Bianca ha recentemente dedicato un documento dove si legge: “Se i costi dell’assistenza sanitaria continueranno a crescere ai tassi storici, la percentuale di PIL destinata alla sanità raggiungerà, secondo le proiezioni, il 34% nel 2040.  Per le famiglie che ricevono l’assicurazione dal proprio datore di lavoro, questa tendenza significa che una parte sempre più piccola della loro retribuzione finirà nelle loro tasche e una frazione sempre più grande servirà per pagare l’assicurazione.  La crescita della spesa sanitaria ha implicazioni anche per il bilancio del governo. Circa la metà dell’attuale spesa è coperta dal governo federale, dagli stati e dalle amministrazioni locali.1

Per il governo americano gli obiettivi fondamentali della riforma da poco avviata sono il contenimento della spesa e il raggiungimento della copertura sanitaria universale (oggi oltre 45 milioni di persone ne sono esclusi), ma quest’ultimo obbiettivo non è raggiungibile se non si consegue il primo. L’incontrollato aumento dei costi della sanità è riconducibile a quattro principali fattori: 1) i prezzi elevati delle prestazioni; 2) le innovazioni tecnologiche; 3) i costi amministrativi; 4) il mediocre stato di salute della popolazione.

 

I prezzi elevati delle prestazioni sanitarie.

Alcuni anni fa su Health Affairs (la più importante rivista USA di politica sanitaria) comparve un lungo saggio che si poneva la  domanda: “Perchè la sanità USA è così cara?”. La risposta era nel titolo stesso dell’articolo,  “It’s the prices, stupid”. La tesi che alla base degli alti costi della sanità USA ci siano gli elevati prezzi delle prestazioni – ovvero dal potere di mercato acquisito dai medici e dagli ospedali – è condivisa da molti autori.  In USA i medici e gli ospedali hanno storicamente conquistato un forte potere di mercato, imponendo tariffe (per visite mediche, per procedure chirurgiche e per giornate di degenza) di gran lunga superiori a quelle di altri paesi (sono classici i confronti col vicino Canada). Una posizione di potere solo in parte intaccata nel corso degli anni novanta per un certo aumento della concorrenzialità nell’erogazione delle prestazioni.

Di quanto i prezzi della sanità americana sono superiori a quelli di altri paesi? Secondo la Banca Mondiale del +52% rispetto ai prezzi della sanità britannica (+56% secondo la stima dell’OCSE). I medici di famiglia (americani) di Kaiser Permanente (un ente assicurativo non profit di riconosciuta efficienza) guadagnano +43% rispetto ai colleghi del servizio sanitario nazionale britannico, mentre per gli specialisti  la differenza tra i professionisti dei due sistemi sale al 115% a favore degli americani.

 

Le innovazioni tecnologiche in medicina.

 Dagli anni ‘80 l’introduzione di procedure mediche e chirurgiche ad alto contenuto tecnologico (dall’angioplastica coronarica alla dialisi, dall’impianto di protesi ortopediche alla terapia intensiva neonatale) è stata impetuosa, particolarmente negli USA.   Secondo il Budget Office del Congresso degli Stati Uniti il fattore “tecnologia” (accompagnato talvolta dal fattore “inappropriatezza”) rappresenta la principale causa dell’incremento dei costi della sanità americana.  Il documento del Parlamento americano afferma che “nuove e più costose procedure diagnostiche e terapeutiche sono talvolta usate in casi in cui le vecchie e più economiche alternative offrono risultati comparabili per i pazienti. E interventi costosi rivelatisi molto efficaci in alcuni pazienti sono talvolta applicati in altri pazienti per i quali i benefici clinici non sono stati rigorosamente dimostrati. Queste osservazioni suggeriscono che alcune prestazioni potrebbero essere erogate più selettivamente senza una sostanziale perdita di valore clinico. La ricerca sulla efficacia comparativa potrebbe fornire la base per introdurre le nuove più costose tecnologie solo quando queste sono in grado di produrre benefici significativamente maggiori rispetto alle vecchie, meno costose soluzioni2”.  Il termine “efficacia comparativa” è poco popolare nella sanità americana, e viene da domandarsi perché Medicare (l’assicurazione sanitaria pubblica per gli anziani), a fronte di una spesa così imponente, non adotti metodi di analisi costo-efficacia prima di introdurre nuove tecnologie, come avviene in altri sistemi sanitari pubblici. I motivi sono molti:  la scarsa popolarità di ogni intervento per definire le priorità in campo sanitario; la percezione che un paese così ricco non debba porre dei limiti alle risorse destinate alla salute dei cittadini (anche se poi quarantacinque milioni di essi sono privi di copertura assicurativa); un sistema politico in cui i gruppi di interesse esercitano un’enorme influenza. E inotre: un sistema sanitario molto frammentato e pluralistico in cui non esiste un singolo pagatore responsabile dell’allocazione delle risorse in campo sanitario;  una diffusa sfiducia nei metodi usati nell’analisi costo efficacia; la scarsa disponibilità dei medici a svolgere il ruolo di giudiziosi amministratori delle risorse sanitarie per mancanza di incentivi, dato che i meccanismi di remunerazione di Medicare sono prevalentemente fee-for-service (pagamento a prestazione).

 

I costi amministrativi

         La componente amministrativa dei sistemi sanitari è ovunque molto cresciuta negli ultimi decenni e la sua crescita è stata direttamente proporzionale alla frammentazione del sistema. I sistemi che hanno registrato una minore crescita dei costi amministrativi sono quelli definiti “single payer”, con un solo assicuratore, come i Servizi sanitari nazionali europei (modello Beveridge). Ma quando cresce il numero degli enti assicuratori (per una stessa popolazione), aumentano anche i costi amministrativi nonché il volume delle transazioni e delle spese destinate al “contenzioso” e al marketing e, di conseguenza, il numero delle persone impiegate nel settore amministrativo. Il livello massimo di spesa amministrativa lo raggiunge la sanità americana che non ha pari al mondo in termini di frammentazione e di complessità. Uno studio che poneva a confronto la sanità americana con quella canadese valutava i costi amministrativi pro-capite (1999) della prima in 1.059 $ (23,8  % della spesa sanitaria totale pro-capite) e in 307 $ (12,7 % della spesa sanitaria totale) quelli della seconda.

 

Lo stato di salute

      Gli USA, nella graduatoria della salute dei paesi più industrializzati, occupano le posizioni di coda (la speranza di vita alla nascita, per i due generi, è pari a 78 anni, contro 81 in Italia): l’alta spesa sanitaria sarebbe (in parte) imputabile al peggiore stato di salute della popolazione americana rispetto a quella europea. La Tabella 1 riporta la prevalenza di dieci patologie e di due fattori di rischio (obesità e fumo) negli USA e in 10 paesi europei. Tranne che per l’osteoporosi, gli USA mostrano livelli di prevalenza nettamente più alti rispetto all’Europa, talora doppia o più – come per le malattie cardiovascolari (21,8% contro 11,4% ); l’artrite (53,8% contro 21,3%); l’obesità (33,1% contro 17,1%). Il dato sull’obesità è certamente quello sconvolgente, per la rapidità con cui tale condizione si sta diffondendo tra la popolazione americana e per le drammatiche conseguenze in termini di co-morbilità e di effetti negativi sulla longevità, anche per la sua stretta associazione con il diabete.

 

Tabella 1 – Prevalenza di condizioni morbose e fattori di rischio negli stat uniti e in 10 paesi europei

 

  Stati Uniti Europa
Malattie cardiache 21,8 11,4
ipertensione 50 32,9
Ipercolestolemia 21,7 19,6
Ictus/malattie cerebrovascolari 5,3 3,5
Diabete 16,4 10,9
Malattie polmonari croniche 9,7 5,4
Asma 4,4 4,3
Artrite 53,8 21,3
Osteoporosi 5 7,8
Cancro 12,2 5,4
Obesità 33,1 17,1
Fumatori 20,9 17,8

Fonte: K.E. Thorpe, D.H. Howard, K. Galactionova, Differences in disease prevalence as a source of the U.S-European health care spending gap, Health Affairs, n. 26, 2007

 

      Oltre quelli sopra descritti, altri fattori sono chiamati in causa nell’incremento della spesa della sanità americana tra i quali l’invecchiamento della popolazione, la medicina “difensiva” che spinge i medici a un eccesso di accertamenti clinici, l’incremento del reddito della popolazione che si accompagna sistematicamente a un aumento della domanda di servizi sanitari e quindi a una crescita della spesa. Oltre a questi vi è un fattore più generale riconducile alla natura stessa del sistema sanitario, estremamente frammentato sia sul versante della domanda che dell’offerta, con una molteplicità di centri di potere e responsabilità. Un sistema molto difficile da governare, anche sul piano della spesa, tenuto conto anche del basso profilo tradizionalmente tenuto dal governo federale e dal suo ministero della sanità in questo campo.

 

Note:

 

[1] Executive Office of the President, Council of Economic Advisors, The Economic Case for Health Care Reform, June 2009.

2 Congressional Budget Office, Technological Change and the Growth of Health Care Spending, January 2009.

 

 

(*)Questo aticolo riprende i contenuti del capitolo 3 del libro: G. Maciocco, P. Salvadori, P Tedeschi (a cura di), Le sfide della sanità americana, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2010.

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