Nel XIX secolo, il modello migratorio coloniale, guidato dagli interessi delle madri patrie, si dissolve, prima con l’indipendenza degli Stati Uniti, poi con quella delle ex colonie iberiche; si chiudono le guerre Napoleoniche e termina il blocco continentale che aveva ostacolato le comunicazioni transatlantiche. Nel continente europeo tramonta definitivamente l’ideologia popolazionista e mercantilista secondo la quale l’emigrazione era una perdita di ricchezza per i paesi di origine, un fenomeno da vietare o da limitare strettamente. Con l’accelerazione della crescita demografica, crescono le masse impoverite e l’emigrazione appare una via efficiente per liberarsi dei poveri che gravano sulle istituzioni di carità e sulle amministrazioni cittadine. La grande migrazione transoceanica trasferirà dall’Europa all’America decine di milioni di migranti, e al netto delle difficoltà e delle sofferenze individuali, fu un “grande gioco a somma positiva” sia per i migranti, che uscirono dalla povertà, sia per l’America, ricca di risorse e povera di braccia, sia per l’Europa che delle troppe braccia si alleggerì.
Podcast “Per terre e per mari” • Episodio 12. La grande migrazione Europa-America

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