L’inevitabile invecchiamento della popolazione immigrata rende più evidenti aspetti del fenomeno che sinora hanno avuto un ruolo del tutto marginale. In questo articolo Antonio Sanguinetti analizza la partecipazione al lavoro degli stranieri anziani, mettendo in luce come la difficoltà di arrivare a una pensione dignitosa spinga molti di loro a posticipare l’uscita dal mercato.
Migranti anziani crescono
Nell’ambito delle politiche per contrastare il declino demografico della popolazione italiana, una delle soluzioni proposte è favorire l’aumento degli arrivi di migranti dall’estero. Ciò permetterebbe di avere un immediato riscontro nell’aumento della popolazione in età da lavoro. E di conseguenza anche un maggior numero di giovani nell’età per avere un figlio. Tuttavia ciò che non viene preso in considerazione dal dibattito sull’invecchiamento in Italia è che ormai anche una parte considerevole di migranti è entrata a far parte della popolazione senior. Al primo gennaio 2024 gli stranieri over 60 in Italia erano 558 mila poco più del 10% della popolazione totale senza cittadinanza italiana. La composizione per genere, però, è squilibrata a favore delle donne che sono poco più di 362 mila. Rispetto al 2019 l’aumento della popolazione over 60 è stato intorno al 38%, quando i migranti nella stessa fascia di età erano poco più di 404 mila. Confrontando il processo di invecchiamento della popolazione straniera con il resto della popolazione italiana si notano due elementi principali: il primo è che la popolazione straniera è ancora più giovane, infatti tra gli italiani è il 33,7% ad avere più di 60 anni; il secondo però è che tra la popolazione straniera gli over 60 aumentano più velocemente, infatti la loro crescita è superiore rispetto a quella degli italiani che tra il 2019 e il 2024 è stata del 5,2%.
Nella letteratura scientifica si distinguono sei tipologie di migranti senior1: i familiari anziani che si sono ricongiunti ai figli nel paese di destinazione; le persone invecchiate nel paese di destinazione; i migranti economici anziani; i pensionati internazionali; i familiari lasciati indietro; infine coloro che sono ritornati dopo aver svolto la carriera lavorativa all’estero. Lasciando da parte gli ultimi tre casi che non incidono su questa analisi, il quadro rimane ancora decisamente frammentato per condizione sociale, traiettoria migratoria e situazione economica. Le difficoltà che i migranti incontrano in età avanzata sono state interpretate come la conseguenza di fattori multipli quali la scarsa conoscenza della lingua, una bassa condizione socio-economico, l’abitare in immobili inadeguati spesso collocati in quartieri deprivati. L’insieme di questi elementi intrecciati con una vita lavorativa e sociale complicata comporta una maggiore incidenza di problemi fisici e di salute mentale. L’evidente condizione di vulnerabilità è connessa anche con la dimensione legale e delle politiche pubbliche del paese ospite che regolano l’accesso dei migranti anziani ai diritti sociali, quali la casa, l’assistenza sanitaria e domestica. L’accesso al welfare dei migranti anziani, infatti, è profondamento connesso con le questioni della loro cittadinanza, la durata della permanenza, il mercato del lavoro, lo storico dell’assicurazione sociale.
I migranti senior in Italia. Un successo di active ageing?
Restringendo il campo ai lavoratori migranti, risulta particolarmente rilevante analizzare le dimensioni e le caratteristiche del fenomeno in Italia in comparazione con quanto avviene nel resto d’Europa. L’occupazione in età adulta risulta al centro delle politiche pubbliche applicate negli ultimi anni. Del resto, l’aumento della longevità e la riduzione della natalità, ha posto problemi di sostenibilità del sistema sociale e lavorativo in tutta l’Ue. Non c’è da sorprendersi, dunque, che le politiche pubbliche hanno perseguito lo scopo del prolungamento dell’età lavorativa per ridurre l’impatto economico dell’invecchiamento sul sistema pensionistico e su quello sanitario. In questa ottica, l’Unece (Commissione economica per l’Europa) e la Commissione Europea misurano il livello di indipendenza e di benessere della popolazione anziana tramite un indice di invecchiamento attivo, l’Active ageing index in cui i tassi di occupazione pesano per il 35% sulla valutazione finale2.

La tabella 1 mostra l’andamento negli ultimi dieci anni del tasso di occupazione per migranti e cittadini nazionali in quattro dei principali paesi dell’Ue e la media dell’Ue 27. Si tratta di paesi diversi per requisiti di accesso alla pensione, per livelli di tasso di occupazione e infine per storia migratoria. Sebbene vi siano notevoli differenze, la comparazione è utile per collocare l’Italia nel contesto europeo. Per quanto riguarda i cittadini italiani, seppur in crescita il tasso di occupazione è costantemente sotto la media Ue27 sia per la fascia di età 60-64 sia per gli over 65 dal 2014 al 2023. La comparazione con gli altri paesi mostra che il tasso di occupazione è notevolmente inferiore a quello tedesco e sebbene di poco anche a quello spagnolo. Diverso il caso francese dove l’età pensionabile è più bassa e dunque i tassi di occupazione degli over 60 sono inferiori. In questo contesto risultano eccezionali i tassi di occupazione dei lavoratori migranti in Italia. Per quanto riguarda la classe 60-64 l’occupazione è costantemente superiore alla media Ue27, sebbene la distanza si riduca dai 19 punti percentuali del 2014 ai 5 del 2023. Il dato rilevante, però, riguarda la popolazione migrante over 65. Prima di esporre i tassi, è necessario precisare che la popolazione in valori assoluti è limitata, secondo Eurostat sono intorno a 60 mila gli occupati migranti in questa fascia di età. Tuttavia, risulta eccezionale il tasso del 23,8: quasi un cittadino non italiano su quattro continua a lavorare superati i 65 anni di età. Questa caratteristica rappresenta un elemento peculiare della situazione italiana, ben diverso a quanto avviene negli altri paesi e nelle media Ue27.
Riprendendo le griglie di valutazione dell’active ageing index, dunque, la domanda rimane aperta: l’Italia rappresenta un caso di successo per i migranti nelle politiche di invecchiamento attivo? La risposta non può essere positiva, rimanere nel mercato del lavoro, infatti, può essere la conseguenza di diverse motivazioni. Gli studi recenti nell’ambito dell’approccio del corso di vita hanno messo in evidenza come il prolungamento del periodo lavorativo dipenda da un insieme di fattori intrecciati tra di loro quali il tipo di impiego, la salute, la famiglia, l’origine nazionale e altre esperienze legate a questioni individuali e di gruppo. Per quanto riguarda i migranti in Italia, la segregazione occupazionale in settori marginali del mercato del lavoro ha un impatto significativo anche sull’ammontare dell’assegno pensionistico. E di conseguenza il prolungamento del periodo lavorativo finché possibile per molti è una strategia di sopravvivenza necessaria a fronte di una pensione molto bassa.
Unretirable elderly. Il caso italiano
Per avere una descrizione completa delle dimensioni e dei settori di impiego dei lavoratori migranti over 60 è bene fare riferimento ai dati del “Osservatorio sugli stranieri” pubblicati dall’Inps. Nell’arco di tempo tra il 2013 e il 2023, come mostra la figura 1, la componente migrante over 60 nel mercato del lavoro è aumentata sia in numero assoluto che nell’incidenza sul totale dei lavoratori. I dati sull’occupazione ricalcano lo squilibrio di genere presente nel complesso della popolazione migrante residente in Italia. Si tratta infatti soprattutto di lavoratrici, il cui numero negli ultimi dieci anni è cresciuto notevolmente dalle quasi 60 mila del 2013 a oltre 160 mila nel 2023. La stessa tendenza si registra per l’incidenza sul totale, nel 2013 le lavoratrici over 60 erano circa il 4% del complesso delle occupate, nel 2023 hanno raggiunto il 10%. Tra gli uomini, seppur con dimensioni inferiori, le grandezze sono altrettanto significative e la tendenza è la medesima: nel 2013 i lavoratori over 60 erano oltre 30 mila e nel 2023 hanno raggiunto quota 130 mila, anche l’incidenza è cresciuta dall’1,8% al 6%.

Come è noto il genere, specialmente nel lavoro migrante, indica anche una particolare composizione per settore lavorativo. Una delle principali fratture determinate dalla segmentazione del mercato del lavoro riguarda proprio la dimensione di genere. Le donne infatti si concentrano per lo più nel settore di assistenza e cura domiciliare. Pertanto, non sorprende che anche per le lavoratrici over 60 il comparto principale sia quello domestico. Come mostra la figura 2 nel 2023, le lavoratrici migranti over 60 in questo settore erano 108 mila. Una dimensione molto rilevante soprattutto prendendo in considerazione due aspetti. Il primo è il progressivo invecchiamento della forza lavoro in questo comparto, nel 2023 una lavoratrice domestica migrante su quattro è over 60, un aumento significativo rispetto al 2013 quando erano il 7%. Il secondo è il decisivo impatto di questo settore del complesso del lavoro senior femminile, due lavoratrici over 60 su tre sono impiegate nell’ambito domestico.

Per concludere si può affermare che l’Italia si approssima al modello degli Stati Uniti. Una ricerca sulle lavoratrici domestiche Filippine negli Usa le ha chiamate “unretirable elderly”, si tratta di persone che dopo una lunga carriera lavorativa non hanno accesso a una pensione dignitosa. Pertanto continuano a lavorare e in molti casi si prendono cura di pensionati della stessa età. L’invecchiamento si presenta, dunque, come una fase successiva delle diseguaglianze sociali, nel quale l’accesso ad un assegno pensionistico dignitoso crea un discrimine tra chi riceve assistenza e chi la presta. In Italia, sebbene il sistema pensionistico sia significativamente diverso, la carriera lavorativa dei migranti si caratterizza per bassi stipendi, part-time (spesso a copertura di un lavoro a tempo pieno), lavoro nero e periodi di disoccupazione. Ne consegue che i contributi versati sono per lo più esigui e intermittenti e dunque l’assegno pensionistico finale basato completamente sul calcolo contributivo una volta raggiunta l’età pensionabile non consente di ritirarsi dal lavoro. E dunque anche in questo caso “unretirable elderly”.
Note
1Le tipologie di migranti senior sono riprese da King, R., Lulle, A., Sampaio, D., & Vullnetari, J. (2016). Unpacking the ageing–migration nexus and challenging the vulnerability trope. Journal of Ethnic and Migration Studies, 43(2), 182–198. https://doi.org/10.1080/1369183X.2016.1238904 che hanno messo insieme le categorizzazioni proposte da altri autori.
2Gli altri tre domini sono la partecipazione in società; la vita indipendente, in salute e sicura; e infine la capacità e l’attivazione dell’ambiente per favorire l’active ageing.