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Pannicelli caldi? Legge di Bilancio e natalità in Italia

La legge di bilancio riuscirà nell’intento dichiarato di incentivare la natalità? Improbabile. Qualche passo in questa direzione è effettivamente stato compiuto, ma, nel complesso, troppo timido e, soprattutto, senza neppure un tentativo di intervento sulle cause strutturali che rendono difficile, per i giovani, metter su famiglia.

Gli articoli dal 31 al 35 della Legge di Bilancio 2025, ora in discussione in Parlamento, contengono misure “al fine di incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno”. Quelle principali sono: 

1) bonus una tantum di 1.000 euro per ogni nascita, per le coppie con ISEE inferiore a 40 mila euro. L’onere di spesa previsto è di 330 milioni di euro per il 2025 e 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2026: quindi il Governo prevede che – grossomodo – avranno accesso a questa misura il 90% delle nascite dei prossimi anni. Si tratta, in pratica, di un incremento dell’Assegno Unico per il primo anno di vita, escludendo le famiglie benestanti. 

2) Esclusione dell’Assegno Unico per il computo dell’ISEE per la concessione di diversi altri contributi.

3) Allargamento del numero di coppie che ha diritto al bonus-nido. 

4) Allargamento da due a tre mesi dei congedi parentali retribuiti all’80%. 

 5) Parziale esenzione degli oneri contributivi per le madri di due o più figli, a condizione di un ISEE inferiore a 40 mila euro. 

Nei 144 articoli della Legge di Bilancio, molte altre misure sono rilevanti per le tasche delle famiglie con figli. Il più significativo è probabilmente l’articolo 16ter, in cui si riducono le possibilità di detrazioni fiscali per i contribuenti con più di 75 mila euro lordi di reddito, con l’esclusione di quelle legate a spese sanitarie. La possibilità di detrazione resta piena per chi ha tre o più figli, viene ridotta all’85% per chi ha due figli, al 70% per chi ne ha uno, al 50% per chi non ha figli. È una misura che interessa solo la fascia alta dei contribuenti, ma il segnale è forte e chiaro: nel tagliare, il Governo cerca di tutelare le famiglie con figli.

Piccoli aggiustamenti di una rotta già percorsa

Nel complesso, questa Legge di Bilancio prosegue l’iter avviato nel 2024, assegnando, sì, risorse aggiuntive alle famiglie con figli, ma in misura relativamente ridotta. Gran parte dei 30 miliardi complessivi redistribuiti fra famiglie e imprese vengono infatti assorbiti dal sostegno dei redditi bassi, in misura non condizionata al numero di figli a carico. Negli ultimi anni, l’unico rilevante spostamento del bilancio dello Stato resta l’Assegno Unico del 2021, dove sei miliardi annui freschi (divenuti oggi otto, aggiornati all’inflazione) vennero aggiunti in pianta stabile al sostegno delle famiglie con figli.

Certamente, le misure adottate con la Legge di Bilancio 2025 contribuiscono ad alleggerire il costo dei figli, specialmente nei primissimi anni di vita. Tuttavia, è difficile pensare che misure di questo tipo possano effettivamente spingere verso l’alto la natalità, ossia mettere chi desidera avere figli nelle condizioni effettive di averli. Innanzitutto, i 200 mila nati “persi” in quindici anni (da 570 mila del 2009 a 372 mila previsti per quest’anno) non sono dovuti tanto alla diminuita propensione delle coppie ad aver figli, quanto al permanere di un ampio divario tra quanto desiderato e quanto effettivamente realizzato. Senza ridurre tale divario (e senza un adeguato contributo dell’immigrazione) le nascite continueranno ad essere trascinate verso il basso dalla diminuzione delle donne in età fertile. Nell’azione generale (anche) di questo Governo manca la necessaria svolta fiscale/contributiva, tante volte richiesta all’Italia da organismi come il FMI e l’OCSE, riducendo la il peso fiscale del lavoro e aumentando quello sulle rendite. Se gli stipendi netti dei giovani lavoratori continuano a restare così bassi, è difficile stupirci se i giovani vanno a cercare lavoro all’estero, e se iniziano la vita di coppia all’età più alta d’Europa.

Anche con riferimento specifico alle famiglie con figli, mancano radicali riforme necessarie per diminuire gli oneri che i figli comportano, non solo nei primissimi anni di vita, ma anche, e forse soprattutto, in quelli successivi. Ad esempio, l’Italia è uno dei pochi paesi europei in cui i figli, dopo il decimo anno di vita, tornano a casa da scuola all’ora di pranzo.In conclusione, al di là dei maquillage alle politiche familiari contenuti in questa Legge di Bilancio, manca la consapevolezza che una vera spinta alla natalità non può prescindere da riforme radicali, che rendano l’Italia veramente amichevole per i giovani e per le famiglie con figli. Non è facile, ma le scorciatoie sono illusorie.

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