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Da migranti a nuovi cittadini

Con tempismo, probabilmente involontario, quest’estate l’Istat ha pubblicato l’ebook “Da migranti a nuovi cittadini”1, che già dal titolo vuole evidenziare il percorso che hanno fatto in questi anni tanti immigrati arrivati in Italia. Nel momento in cui si è riacceso il dibattito politico sulla normativa per acquisire la cittadinanza italiana, i risultati delle analisi dell’Istat possono sicuramente rappresentare un utile strumento di riflessione.  

Nuovi fenomeni e nuove statistiche

Dopo un lungo periodo di silenzio, è tornato all’attenzione dei media e della politica il tema dell’accesso alla cittadinanza da parte dei giovanissimi di origine straniera. Come in genere avviene in questi casi il dibattito si è subito polarizzato, soffermandosi soprattutto sugli aspetti più eclatanti e vistosi come quello degli atleti che hanno partecipato alle ultime Olimpiadi. Limitati i riferimenti ai dati statistici disponibili, nonostante la statistica ufficiale oggi non solo raccolga e diffonda informazioni sui migranti ma sempre più si occupi anche di acquisizioni di cittadinanza e nuovi cittadini. Un campo in cui spesso vengono utilizzati nuovi strumenti di analisi e nuove tecniche di acquisizione dei dati.

In questo senso, il volume dell’Istat più che un punto d’arrivo rappresenta un’utile base di partenza per le sfide conoscitive che i cambiamenti sociali pongono all’attenzione del dibattito pubblico. Frutto dei risultati di due progetti tematici dell’Istat, l’ebook si sofferma su due sfide essenziali nell’ambito dei fenomeni migratori: la misurazione dei flussi e la stima dei nuovi cittadini. Problematiche sicuramente “tradizionali” nello studio del fenomeno, ma che in questa sede vengono lette in una chiave rinnovata attraverso l’utilizzo integrato di fonti statistiche tradizionali e archivi amministrativi. Problematiche che hanno evidenti e importanti ricadute politiche, «non è un caso che il primo obiettivo del Global compact for safe, orderly and regular migration (Gcm) sia (proprio) quello di raccogliere e utilizzare dati accurati e disaggregati per migliorare l’efficacia delle politiche migratorie»2.

Misurare i flussi migratori

Nonostante una lunghissima esperienza da parte dei sistemi statistici dei Paesi a sviluppo avanzato e nonostante l’esistenza di Regolamenti Europei e linee guida internazionali, misurare i flussi migratori resta ancora una sfida per i demografi di tutto il mondo. Le migrazioni infatti si trasformano continuamente e, nell’era della globalizzazione, è diventato assai più complesso misurare tante nuove forme di migrazione anche avendo a disposizioni fonti più dettagliate e tempestivamente aggiornate. Misurare correttamente le migrazioni, in ingresso e in uscita è uno strumento essenziale per la programmazione dei flussi migratori verso cui spinge la politica nazionale e quella europea. È importante fissare delle quote di ingressi tenendo conto del fabbisogno occupazionale e demografico, ma altrettanto essenziale per operare scelte efficaci è sapere quanti sono gli ingressi effettivi che si verificano e anche le emigrazioni (di stranieri e di italiani) che vengono registrate ogni anno. 

Nel caso italiano una strada sicuramente da percorrere è quella di considerare le iscrizioni e cancellazioni anagrafiche per altri motivi3 che, in molti casi, corrispondono ad effettivi spostamenti migratori da e per l’estero. Nel triennio 2019-2021, ad esempio, il volume delle cancellazioni verso l’estero per altri motivi è stato sostanzialmente equivalente al flusso migratorio per altri paesi, mentre quello delle iscrizioni si è mantenuto largamente al di sotto del flusso in uscita risultando però tutt’altro che irrilevante (Tab. 1). Individuare tra queste operazioni di carattere amministrativo, quelle che sono attribuibili all’interscambio migratorio con altri paesi può rappresentare un importante miglioramento per arrivare a una più corretta e realistica quantificazione del fenomeno. Operazione per altro già provata in più di un’occasione4 e che, per la sua potenziale utilità, meriterebbe di entrare in pianta stabile nella prassi operativa della statistica ufficiale. 

I nuovi italiani

I fenomeni migratori non sono però solo flussi in arrivo o in partenza, ma sono costituiti da persone che si fermano sul territorio anche per molto tempo – o per sempre – e che, in molti casi, prendono la cittadinanza italiana. Di qui l’attenzione che va rivolta anche alla sfida delle statistiche sull’integrazione della popolazione con background migratorio, tenendo insieme sia l’aspetto migratorio che quello dell’inclusione. La programmazione dei flussi non può infatti prescindere da adeguate politiche di integrazione per non cadere nella trappola di una visione funzionalista dei migranti come lavoratori che, in altre epoche e in altri contesti, non si è rivelata vincente e non appare in linea con l’evoluzione della società.

Gli stranieri non restano stranieri per sempre, non tutti perlomeno, e una parte dei fenomeni demografici ascritti oggi agli italiani, riguardano in realtà italiani per acquisizione della cittadinanza. Nel complesso, a inizio 2020 i nuovi cittadini residenti in Italia superavano il milione e mezzo (gli stranieri erano circa 5 milioni) e rappresentavano il 2,5 per cento della popolazione totale. Una cifra tutt’altro che trascurabile e che negli ultimi anni è ulteriormente cresciuta. In base alle elaborazioni riportate nel volume, tra i nuovi cittadini residenti a inizio 2020 che hanno acquisito la cittadinanza tra il 2012 e il 2019 (quasi 910 mila casi, pari al 60% del totale), per i quali si hanno tutte le informazioni sulla modalità di naturalizzazione, il 44,1% è diventato italiano per aver superato i 10 anni di residenza, il 32,7% per trasmissione dai genitori, il 15,5% per matrimonio (più dell’85% sono donne), il 5,2% per essere nato in Italia e aver raggiunto i 18 anni e il 2,6% per discendenza da italiani (Fig. 1). Appare limitato il ricorso allo ius soli fortemente condizionato attualmente in vigore in Italia, anche se una parte delle acquisizioni per trasmissione dai genitori ha sicuramente riguardato stranieri minori nati in Italia.

Un altro risultato interessante dello studio dell’Istat sono le stime per collettività della permanenza in Italia e del volume delle naturalizzazioni. Considerando la situazione all’inizio del 2020 degli stranieri censiti nel 2011 ed entrati in Italia nel 2002, circa 165 mila in totale, si ha che complessivamente quasi l’86% è dopo vent’anni ancora presente in Italia, con variazioni tra le principali nazionalità che vanno dal minimo dell’80,6% degli indiani al massimo del 92,1% degli albanesi. Valori estremamente alti e poco diversificati per una generazione migratoria che ha tra l’altro sperimentato direttamente gli effetti delle crisi economiche del 2008 e del 2011. 

Ben più ampio è invece l’intervallo di variazione delle acquisizioni di cittadinanza, in questo caso si ha infatti un valore complessivo del 30,5%, ma le quote per nazionalità vanno dal 2,4% dei cinesi all’88,5% degli argentini, passando per il 15% dei rumeni e per valori superiori al 40% di albanesi e marocchini, le due altre grandi collettività presenti in Italia. Tali cifre riflettono la diversità dei percorsi migratori e delle normative, sia di quella italiana che del paese di origine. Il basso valore dei cinesi è, ad esempio, legato all’impossibilità per i cittadini di quel paese di avere una doppia cittadinanza, come quello contenuto dei rumeni rispecchia la comune appartenenza all’Unione Europa. Sull’altro versante, l’alta percentuale degli argentini è il risultato una procedura particolarmente agevolata, come quelli di marocchini e albanesi sono il frutto di percorsi fortemente orientati a una stabilizzazione di lungo periodo. 

Conclusioni

I dati elaborati dall’Istat confermano la complessità del fenomeno migratorio e del processo di integrazione nella società d’arrivo, una realtà che andrebbe attentamente indagata e seguita specie in un paese dove l’immigrazione e i flussi migratori (in entrata e in uscita) giocano un ruolo importante sotto il profilo demografico ed economico. Come evidenzia il sottotitolo del volume, il fattore centrale delle strategie con le quali affrontare queste sfide è rappresentato dall’integrazione dei dati e dall’ottica longitudinale. Il solo approccio in grado di affrontare in maniera adeguata e funzionale le difficoltà di rilevazione dei nuovi movimenti migratori e la complessità dei processi di integrazione. Lo studio dell’Istat mostra proprio come sia già oggi possibile produrre dati ufficiali di qualità che dovrebbero essere considerati con maggiore attenzione nel dibattito sulle migrazioni e sulla cittadinanza, che invece spesso utilizza informazioni molto meno affidabili. 

Note

1 C. Conti ed E. Tucci (a cura di), Da migranti a nuovi cittadini. Un approccio integrato e longitudinale alle statistiche sulle migrazioni e la cittadinanza, Istat,

2 Ivi, p. 5.

3«Si tratta di operazioni di rettifica che consentono agli Ufficiali di Anagrafe di iscrivere o cancellare persone “per altri motivi” e sono finalizzate alla regolare tenuta dei registri», ivi p. 25.

4E. Tucci, C. Bonifazi e G. Di Fraia, “Una nuova misura delle migrazioni italiane”, in Neodemos, 21 Marzo 2023.

Fonte tabella 1: https://demo.istat.it in Conti e Tucci (2024).

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