I migranti sono spesso un gruppo selezionato della popolazione di origine, anche in termini di salute. Elisa Barbiano di Belgiojoso, Eralba Cela ed Eleonora Trappolini confrontano la salute dei migranti albanesi in Italia, con diversa anzianità migratoria, con quella dei loro connazionali in Albania.
La salute è un elemento fondamentale per il successo dell’integrazione dei migranti. Tuttavia, studiare la salute dei migranti è complesso poiché le condizioni di salute che si possono osservare in un dato momento dipendono dalle condizioni precedenti alla migrazione, compresi fattori ambientali e culturali, nonché l’accesso alle cure preventive. Inoltre, sulla salute fisica, mentale e percepita dei migranti influiscono sia il percorso migratorio sia, dopo l’arrivo, le condizioni economiche, l’ambiente di lavoro e l’accesso all’assistenza sanitaria.
La salute dei migranti
La salute dei migranti è stata a lungo oggetto di dibattito, in particolare in relazione al cd. “effetto migrante sano”. In generale, i migranti, ad eccezione di coloro che migrano per motivi umanitari, arrivano in condizioni di salute migliori e presentano tassi di mortalità inferiori rispetto ai nativi. Ciò è dovuto in parte alla selezione positiva nei loro paesi d’origine e in parte alla ri-emigrazione da parte di individui con problemi di salute, un fenomeno noto come “effetto salmone”. Tuttavia, la salute degli immigrati può diminuire nel tempo a causa delle difficoltà, delle condizioni e degli stili di vita nel paese ospitante, processo noto come “effetto migrante esausto”. Questo problema ha notevoli implicazioni sociali e sanitarie in tutti i paesi con forte immigrazione, tra cui l’Italia, con i suoi cinque milioni e passa di residenti stranieri nel 2015. Le diverse esigenze sanitarie e la maggior vulnerabilità di questi gruppi richiedono attenzione da parte della politica e interventi globali per affrontare efficacemente le disuguaglianze sociali e le sfide sanitarie.
Ripensare lo studio della salute dei migranti: oltre il confronto con gli autoctoni
La maggior parte degli studi su questo tema confronta la salute dei migranti con quella dei nativi del paese di destinazione. Sebbene tale confronto possa fornire indicazioni preziose sull’adattamento dei migranti e sulla discriminazione sanitaria nel paese ospitante, non risulta tuttavia la strategia migliore per valutare l’effetto della migrazione sulla salute. Meglio sarebbe confrontare gli emigrati con i residenti non emigrati nel paese di origine, cosa però difficile da fare, e infatti tentata raramente, con risultati contrastanti.
Noi però lo abbiamo fatto in uno studio recente (Barbiano di Belgiojoso et al. 2024), dove abbiamo confrontato la salute dei migranti albanesi in Italia con quella dei loro connazionali rimasti in Albania, considerando anche la durata del soggiorno dei migranti in Italia. I dati utilizzati, che abbiamo scelto di limitare alle persone di età superiore ai 18 anni, provengono da due fonti. Da una parte l’indagine italiana “Condizione sociale e integrazione dei cittadini stranieri” del 2011-2012 (circa 20mila interviste, di cui il 10% circa migranti albanesi) e dall’altra l’indagine albanese “Living Standard Measurement Survey” (2012; circa 25mila interviste). Sono stati esaminati diversi esiti di salute che coprono le dimensioni soggettive e oggettive della salute: salute auto-percepita, malattie acute, ricoveri ospedalieri e malattie croniche.
Gli albanesi che vivono in Italia (migranti) si differenziano da quelli rimasti in Albania (non migranti) per essere prevalentemente uomini, più giovani e più istruiti. La maggior parte dei migranti ha un’istruzione secondaria e tassi di occupazione più elevati rispetto ai non migranti, che spesso possiedono solo un’istruzione primaria. Le caratteristiche dei migranti variano anche in base alla durata del loro soggiorno in Italia: i migranti recenti sono più giovani, prevalentemente donne e meno attivi nel mercato del lavoro, mentre i migranti di lungo periodo sono tipicamente uomini e occupati.
Migrare nuoce alla salute?
I nostri risultati suggeriscono che, nel complesso, il processo migratorio influisce significativamente sulla salute dei migranti albanesi, che presentano risultati sanitari peggiori rispetto ai non migranti, indipendentemente dalla durata del soggiorno nel paese di destinazione e dagli esiti sanitari considerati.
Distinguendo i migranti per anzianità migratoria, abbiamo riscontrato che i migranti recenti riportano migliori risultati in termini di salute auto-percepita rispetto ai migranti a medio termine, mentre non esistono differenze significative tra i migranti recenti e quelli a lungo termine. Per quanto riguarda gli indicatori oggettivi di salute, i migranti recenti hanno un rischio inferiore di malattie acute rispetto ai migranti di medio e lungo termine, mentre la durata del soggiorno non sembra influenzare i ricoveri o la presenza di malattie croniche (Figura 1).
Peculiarità del caso albanese?
Perché i migranti albanesi mostrano una salute peggiore rispetto ai connazionali rimasti in Albania, cosa che sembra contraddire quel che avviene di solito. Una possibile spiegazione è che i nostri dati riflettono la salute dei migranti al momento dell’intervista ma non necessariamente al momento della migrazione: in questa ipotesi, le buone condizioni di salute dei migranti al momento di lasciare l’Albania sono venute peggiorano nel tempo, ad esempio a causa delle sfide affrontate nel paese ospitante.
Anche la consistenza dei flussi migratori e il rapido ritmo della migrazione albanese, che differisce dai modelli migratori di altri paesi, possono aver influenzato i risultati. Fattori come la vicinanza geografica e la conoscenza della lingua hanno probabilmente ridotto le barriere migratorie, minimizzando la selezione in termini di salute tra i migranti. Inoltre, durante il periodo comunista dell’Albania, grande attenzione è stata posta al miglioramento dell’assistenza sanitaria, rendendola diffusa sul territorio e accessibile a tutti, il che ha frenato la migrazione per motivi di salute durante gli anni Novanta.
Un’altra possibile spiegazione è che i programmi di regolarizzazione per gli stranieri promossi in Italia tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila hanno facilitato il ricongiungimento familiare, soprattutto delle donne, che potrebbero quindi non essere state selezionate sulla base delle condizioni di salute.
Infine, esaminando le differenze di salute in base alla durata del soggiorno dei migranti, i nostri risultati si allineano con l’ipotesi dell’effetto “migrante esausto”, dal momento che sembrano indicare un declino della salute nel tempo tra i migranti.
Conclusioni
Il nostro studio evidenzia che la migrazione è un processo multiforme con impatti significativi sulla vita degli individui, inclusa la loro salute, e sottolinea la necessità di misure di sostegno per affrontare queste sfide. Poiché la migrazione influenza sempre più le società globali, comprendere queste sfide è fondamentale per sviluppare strategie e politiche di salute pubblica efficaci al fine di mitigare gli effetti negativi sulla salute associati alla migrazione.
Per saperne di più
Barbiano di Belgiojoso E., Cela E., Trappolini E. (2024). The effect of migration and time spent abroad on migrants’ health: A home/host country perspective. Demographic Research, 50(37), 1113-1150. https://dx.doi.org/10.4054/DemRes.2024.50.37.