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Un legame con gli altri paesi: le rimesse degli stranieri

Il valore delle rimesse degli emigrati sorpassa da molti anni quello degli aiuti allo sviluppo ai paesi poveri. Le rimesse rappresentano un’importante componente della globalizzazione ed un vincolo forte tra le diaspore e i paesi di origine. Steve Morgan illustra alcuni aspetti della loro ripresa dopo la crisi Covid, nel mondo e nel nostro paese.

Un legame con gli altri paesi: le rimesse degli stranieri

Passate le dolorose turbolenze legate alla pandemia di Covid, le migrazioni internazionali hanno ripreso il loro corso. Le cosiddette migrazioni permanenti, dopo il collasso del 2020 e il forte rimbalzo nel 2021, sono cresciute nel 2022 e nel 2023 (stima), riportando gli ingressi nei paesi sviluppati dell’OCSE (nel 2022) a un livello superiore del 14% a quello dell’anno 2019 (Tabella 1). Un simile andamento si è registrato anche per l’immigrazione temporanea. Lo stock di stranieri, in quasi tutti i paesi, continua a crescere. Queste tendenze sostengono le rimesse degli emigrati verso i paesi di origine, e rafforzano i vincoli che legano i paesi poveri di partenza con i paesi ricchi di arrivo.

Stabile la quota degli stranieri in Italia

Due rapporti significativi sono stati resi pubblici a poca distanza l’uno dall’altro sul tema caldo delle migrazioni e della politica migratoria del nostro paese1. Essi contengono una ricca massa di informazioni statistiche, di analisi, e di valutazioni del fenomeno, sotto i profili giuridico, sociale, economico e demografico. Nell’ultimo quadriennio, il numero di stranieri residenti in Italia è rimasto relativamente stabile, superando di poco i 5 milioni, nonostante che gli arrivi di immigrati regolari siano stati notevolmente superiori alle partenze.

Secondo i rilievi dell’Istat, il saldo migratorio con l’estero degli iscritti in anagrafe è stato pari a 248mila nel biennio Covid 2020-21, e di 535mila nel 2022-23, in forte ripresa. Se l’eccesso di immigrati sugli emigrati ha provocato un aumento assai minore dello stock di cittadini stranieri lo si deve a due fenomeni, l’uno positivo e l’altro negativo. Quello positivo consiste nell’alto numero di stranieri (213mila nel 2022, 200mila nel 2023) che ogni anno acquisiscono la cittadinanza del nostro paese. Quello negativo, invece, riguarda la rilevante quota di stranieri che vive nel nostro paese in situazione irregolare e che non è iscritta in anagrafe (circa mezzo milione secondo le valutazioni dell’Ismu2. Alcuni esperti sostengono che il vero problema non è tanto quello generato dal disordinato arrivo di profughi e di irregolari, quanto quello legato all’incapacità dell’Italia di attrarre e di accogliere un sufficiente numero di immigrati per i quali c’è una forte domanda, sia di professionisti e tecnici, sia di mano d’opera specializzata e generica. Nonostante l’evidente diffidenza, se non ostilità, delle forze politiche attualmente al governo verso l’immigrazione, è stato valutato ufficialmente in 452 mila il numero di ingressi da autorizzare nel triennio 2023-2025. Una cifra importante, anche se insufficiente, rispetto alla domanda effettiva di imprese e famiglie.

Il forte legame delle rimesse

Neodemos ha più volte trattato il tema delle rimesse degli emigrati, sottolineando il fatto che né le alterne vicende economiche né la pandemia ne hanno interrotto la crescita nel mondo (Tabella 2). L’invio di denaro implica l’esistenza di un legame tra persone che risiedono in paesi diversi, e che è di natura non solo economica, ma anche di affetto, di parentela, di amicizia, di solidarietà. Risorse monetarie impiegate da chi le riceve per migliorare l’alimentazione, adeguare l’abitazione, proteggere la salute, mandare i figli a scuola, comprare attrezzi da lavoro, fare piccoli investimenti. Nella graduatoria delle rimesse, l’India è al primo posto, il Messico al secondo, seguito da Cina, Filippine e Egitto. L’India ha la diaspora più numerosa nel mondo, ma beneficia anche di un alto numero di emigrati molto ricchi che vivono negli Stati Uniti: “Molti indiani all’estero hanno avuto storie di successo. In America, l’80 per cento dei cittadini di origine indiana ha un diploma di laurea, il reddito mediano è di $ 150.000, il doppio della media. Persone di origine indiana sono alla teste di Google, della Banca Mondiale…e del governo in Gran Bretagna”.3

Le rimesse ricevute dai paesi di basso o medio reddito costituiscono una somma cospicua, vicina al due per cento del prodotto lordo dei paesi che la percepiscono. Ma vi sono canali informali – sia legali che illegali – di trasmissione delle rimesse che le statistiche e le stime ufficiali non colgono (quelle reali, secondo l’IMF, potrebbero essere maggiori della metà), cosicché è plausibile che l’apporto dei migranti alle economie dei paesi di origine sia sensibilmente superiore al due per cento. L’evoluzione delle rimesse nel mondo non ha conosciuto interruzioni nell’ultimo ventennio; dal 2017 le rimesse hanno superato (e la forbice si sta allargando) gli Investimenti Diretti Esteri (IDE, o FDI, Foreign Direct Investment) e negli ultimi anni sono all’incirca uguali al valore della somma degli IDE con quanto erogato dall’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS, o ODA, Official Development Assistance). In alcuni paesi – nelle repubbliche ex-sovietiche dell’Asia centrale, in Nepal, in Libano, in centro America e nei Caraibi –, le rimesse valgono più di un quinto del PIL, e sono ossigeno vitale per l’equilibrio economico e sociale. Può essere che sia iniziato un ciclo di “deglobalizzazione”, come molti esperti ritengono, ma non si allentano i legami tra paesi dovuti ai vincoli, anche economici, tra le persone. 

Le rimesse dal nostro paese

Secondo i rilievi della Banca d’Italia, le rimesse verso l’estero hanno avuto un andamento profondamente segnato dalla recessione e economica. Da un massimo di invii superiore agli 8,7 miliardi di euro nel 2011, le rimesse sono crollate a un minimo di 5,7 nel 2017, per risalire gradualmente a oltre 8 miliardi nel 2021-23, nonostante il Covid (Figura 1). Anzi si ritiene che la pandemia abbia rafforzato i vincoli di solidarietà che legano i migranti ai paesi di origine, che pur impoveriti dall’alta disoccupazione nel 2020 e nel 2021, hanno rafforzato gli invii di denaro. La Tabella 2 presenta alcuni dati interessanti sulle rimesse dall’Italia nel 2022, secondo i paesi che le hanno percepite; l’ammontare medio degli invii secondo la nazionalità dei migranti; la quota delle rimesse ricevute dall’Italia da ciascun paese sul totale delle rimesse percepite da tutto il mondo. I dati sono assai “sporchi”: in primo luogo le rimesse riguardano il denaro inviato per i canali legali, escludendo altri canali informali, e non considerano il valore di beni inviati (o portati direttamente) nel paese di origine del migrante. In secondo luogo, il numero dei migranti è tratto dalle anagrafi e non include quindi i migranti irregolari. Infine, altri fattori influiscono sull’ammontare delle rimesse, per citarne alcuni: l’anzianità migratoria dei vari gruppi; la prossimità o lontananza geografica; la struttura occupazionale. Con estrema prudenza si possono fare alcune considerazioni. Premesso che l’invio medio annuo per migrante è di circa di €1.600 euro, c’è una fortissima variabilità tra gruppi, da un massimo di quasi 8mila euro per i bangladesi a un minimo di 47 per gli albanesi. Per la verità, la media più alta è quella dei georgiani (€ 18.221), ma sorge il dubbio che la vicinanza con la Russia permetta “triangolazioni” che inficiano il dato. I paesi più lontani e più difficilmente raggiungibili (Bangladesh, Repubblica Dominicana, Pakistan, Senegal, Filippine) sono in testa alla graduatoria (con più di 4mila euro annui inviati); i paesi geograficamente meno lontani (Albania, Egitto, Tunisia, est Europa) sono in coda. Infine, sempre escludendo la Georgia, le rimesse dall’Italia costituiscono il 18,4% di tutte le rimesse ricevute dal Senegal, l’11,2% per l’Albania, il 7-9 % per le Filippine, la Moldavia, il Perù, il Mali. 

Come già detto, le statistiche delle rimesse hanno gravi limiti, man mano che canali informali consentono di scavalcare norme e regole, si intensificano i rapporti tra diaspore e paese di origine, diventa possibile sostenere una famiglia lontana senza ricorrere ai canali ufficiali. Forse indagini ad hoc permetterebbero di costruire un quadro più attendibile; è anche opportuno ricordare che le rimesse non depauperano un paese – come qualche sprovveduto sostiene – ma creano vincoli con ricadute politiche e sociali positive.

Note

1Centro Studi e ricerche Idos, Dossier Statistico Immigrazione 2023, Roma 2023; Fondazione Leone Moressa, Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione. Edizione 2023, il Mulino, Bologna, 2023,

2Si veda il Rapporto dell’Ismu, XXVIII Rapporto sulle migrazioni 2022 – Comunicato stampa 1.3.2023 – Fondazione ISMU

3The Economist, 30 Marzo 2024

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