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Per una gestione razionale ed umana dei flussi migratori

La possibilità di stimare il fabbisogno di lavoro straniero apre la strada ad una politica mirata a cogestire insieme ai paesi di partenza flussi migratori quantitativamente e qualitativamente coerenti con il fabbisogno. È quanto sostiene Michele Bruni che nell’avanzare una proposta di gestione dei flussi migratori ne evidenzia importanti implicazioni positive.

Un breve riassunto del capitolo precedente

In un precedente articolo (Neodemos – I flussi migratori internazionali. Una tesi dal lato della domanda) ho sostenuto che:

Nella rimanente parte del secolo il nostro pianeta sarà interessato da una pronunciata polarizzazione demografica: da un lato, un numero crescente di paesi, i più ricchi ed economicamente avanzati, la cui popolazione in età lavorativa e la cui offerta di lavoro diminuiranno in maniera massiccia e, dall’altro, un numero piccolo e decrescente di paesi, i più poveri e diseredati (quasi tutti in Africa), nei quali la popolazione in età lavorativa esploderà.

Il livello e la direzione dei flussi migratori sono determinati dalla carenza strutturale di manodopera nei paesi che hanno terminato  il passaggio da un regime demografico naturale ad un regime del controllo (i migranti e anche i rifugiati non scappano ma vanno dove servono), in presenza di un eccesso strutturale di lavoro nei paesi nella fase iniziale o intermedia di tale transizione.

L’effettivo fabbisogno di lavoro dei paesi di destinazione è il risultato dell’interazione tra andamento demografico e andamento economico (il fabbisogno di origine demografica potrebbe essere anche completamente annullato da una profonda crisi economica).

È inevitabile che nei prossimi decenni tutti i paesi dell’UE, gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone, la Corea, Hong Kong1, Singapore e Cina2 saranno interessati da flussi migratori di dimensioni senza precedenti.

Vorrei anche aggiungere che nella mia impostazione i  flussi migratori non sono un problema di sicurezza, ma un aspetto fondamentale del mercato del lavoro; quindi, non sono di competenza del Ministero degli Interni, ma del Ministero del Lavoro. Inoltre, questa impostazione consente di costruire scenari di fabbisogno per titolo di studio3 ed eventualmente per professioni.

Una proposta per la gestione dei flussi migratori

La prima importante implicazione di questa  tesi  è che la miglior difesa contro l’immigrazione irregolare è una immigrazione regolare che elimini il fabbisogno. Essa implica poi che l’UE e i suoi paesi membri abbandonino la loro assurda e disumana politica migratoria basata sulla costruzione di muri, sul pattugliamento dei mari e delle frontiere e sul finanziamento di paesi vicini di origine o di transito dei flussi per tenere i migranti, di cui hanno disperatamente bisogno, chiusi in veri e propri campi di concentramento. Debbono, invece, adottare un approccio razionale e umano, articolato nelle seguenti fasi: 

1) Stimare il loro fabbisogno di lavoro per livello di istruzione e possibilmente per professioni, su di un periodo di 3-5 anni; la stima dovrebbe essere regolarmente aggiornata.

2) Identificare i possibili paesi di partenza. 

3) Concludere accordi sulla organizzazione e cogestione di flussi migratori quantitativamente e qualitativamente coerenti con le loro esigenze.

4) Cogestire il trasferimento dei migranti dal paese di origine al paese di destinazione, dando possibilmente la precedenza a coloro che sono rinchiusi nei tanti campi di cui è costellato il pianeta.

5) Sovraintendere al loro inserimento nel mercato del lavoro promuovendo, allo stesso tempo, l’integrazione sociale delle loro famiglie.

Alcune importanti implicazioni della politica suggerita

Questa impostazione ha anche alcune importanti implicazioni. La prima è che, essendo giustificata dal lato della domanda, l’importazione di lavoratori è del tutto analoga alla importazione di materie prime e fattori di produzione. Pertanto, se un paese di arrivo non remunera le competenze acquisite da un altro paese, esso gode di un vantaggio competitivo. Esso si trova infatti ad usufruire di fattori di produzione ad un prezzo più ridotto dei concorrenti che hanno dovuto sostenere i costi di formazione delle forze di lavoro utilizzate.  Il modo più semplice per remunerare i paesi di partenza è quello di fornire loro le risorse finanziarie, umane e organizzative necessarie per “produrre” un’altra persona con un livello di formazione analogo a quello del migrante. Sarebbe quindi economicamente corretto finanziare e fornire supporto tecnico ai sistemi di istruzione e formazione dei paesi di partenza: in sostanza la proposta è quella di costruire scuole e centri di formazione, non muri. Così facendo i paesi di destinazione non solo riconoscerebbero il valore economico delle risorse umane che drenano dai paesi di partenza, ma garantirebbero ai migranti le competenze di cui essi hanno bisogno. Inoltre, la creazione e l’organizzazione di scuole e centri di formazione rappresenterebbero anche un importante tassello nella promozione dello sviluppo socioeconomico dei paesi di partenza. 

Il secondo è che la polarizzazione demografica genera la necessità di un nuovo paradigma demo-economico in cui le politiche demografiche ed economiche devono essere disegnate ed attuate congiuntamente. In sostanza, se le politiche del paese, ad esempio il PNRR, comportano un aumento del livello dell’occupazione, ciò dovrebbe portare anche ad una valutazione del fabbisogno aggiuntivo di migranti che ne deriva (ad esempio quanti migranti aggiuntivi saranno necessari per la costruzione dello stretto di Messina?). 

Va infine sottolineato che quella qui proposta è una soluzione vantaggiosa sia per i paesi di destinazione, sia per i paesi di partenza: essa fornirebbe ai paesi ricchi la forza lavoro di cui hanno bisogno per continuare il loro sviluppo socioeconomico; darebbe ai paesi poveri la speranza di uscire dalla povertà riducendo il numero di nascite e l’offerta di lavoro, fornendo istruzione e formazione (i fattori chiave di sviluppo) e creando le premesse per rimesse che, se utilizzate correttamente, potrebbero favorire il loro decollo economico. Si noti che se ciò non avverrà l’esplosione demografica che sta per colpire l’Africa, ma non solo, creerà le premesse per situazioni di povertà e disperazione che contribuiranno a creare ulteriori focolai di instabilità socioeconomica e politica e a mettere ulteriormente in crisi la già precaria “pace” mondiale. 

Fattibilità della proposta 

Sono ovviamente consapevole della difficoltà di mettere in pratica questa proposta che sono tuttavia convinto non abbia valide alternative. Forse l’ostacolo maggiore è la presenza di una classe politica intrisa di pregiudizi e che continua a proporre soluzioni ovviamente inefficaci (maggiori pene per gli scafisti) o politiche (aiutiamoli a casa loro) che denotano una totale mancanza di conoscenza delle dimensioni del problema.  

note

1 David Dodwell, “Hong Kong’s worker shortage is not just a local problem, it’s part of a global contest”, China Southern Morning Post, 10 June 2023.

2 Bruni Michele (2022) China, the Belt and Road Initiative, and the Century of Greta Migration, Cambridge Scholars

3 Per una descrizione più dettagliata del metodo per la costruzione degli scenari e alcune stime per Regno Unito, Germania, Francia ed Italia, si veda Bruni, Michele (2017): “Egypt Labour market report. Demographic trends, labour market evolution and scenarios for the period 2015-30”, International Organization for Migration, Cairo; in cooperation with Migration Data Analysis Unit of the Central Agency for Public Mobilization and Statistics (CAPMAS).Publishing.

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