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2022: nulla di nuovo sul fronte immigrazione

Malgrado l’arrivo di 170mila profughi ucraini e la pressante richiesta di lavoratori da parte di tutto il sistema paese, il 2022 è stato un altro anno perso sul fronte immigrazione. E, come ci spiega Roberto Soncin, anche il prossimo anno non promette nulla di buono.

Chi si aspettava che il 2022 si caratterizzasse, in un verso o nell’altro, per un cambiamento delle politiche sull’immigrazione si deve arrendere all’evidenza dei fatti: nulla di nuovo su questo fronte.

L’arrivo degli sfollati ucraini

Eppure il 2022 comincia con un fatto drammaticamente nuovo: l’arrivo degli sfollati ucraini. Sfollati: questo lo status che l’Unione Europea, con l’appoggio del governo italiano, riconosce a chi fugge dall’invasione russa. E non è poco: sfollato è infatti “chi ha dovuto allontanarsi, per circostanze dipendenti dallo stato di guerra o da altre calamità, dal luogo di residenza abituale” ma – attenzione – rimanendo all’interno del suo Paese. Un modo per dire: “fate parte della famiglia, del territorio dell’Europa Unita”. Da qui la concessione di un permesso temporaneo e con il diritto di spostarsi liberamente dentro l’Unione Europea e verso l’Ucraina.

L’onda d’urto, anche emotiva, dei 170 mila tra donne, bambini e (qualche) anziano, non ha però smosso di un millimetro le politiche sull’immigrazione con cui l’Italia vorrebbe/dovrebbe affrontare questo fenomeno epocale. Non a caso anche questa evenienza è stata catalogata come una, ulteriore, “emergenza”: l’Emergenza Ucraina.

Così anche i profughi ucraini (sfollati non lo usa nessuno) sono stati inglobati nella modesta ed arrugginita macchina dell’accoglienza, al pari di tutti gli altri migranti, e presto dimenticati dal Governo e dal Parlamento. Le donne, i bambini e gli anziani che, per fuggire alle bombe di Putin, hanno chiesto ospitalità al nostro stentoreo “sistema” pubblico (fortunatamente la gran parte, il 90%, ha trovato un tetto negli alloggi dei connazionali immigrati) si sono ritrovati a passare i giorni in strutture regolate dagli stessi capitolati d’appalto riservati ai richiedenti protezione internazionale che sono, soprattutto, giovani maschi.

Oggi la loro situazione può essere così descritta: se sei accolto da un privato (ad esempio, dalla mamma badante) ti devi arrangiare, perché gli aiuti economici governativi sono finiti a giugno. Se invece sei ospite di un Centro di Accoglienza pubblico devi mandare i figli a scuola, vestirti e vestirli, curare te e i più piccoli con 2,5 euro al giorno a testa (ma con il tetto di 7,5 euro per ogni nucleo familiare).

Le non-politiche di integrazione

Nulla di nuovo nel 2022, in positivo o in negativo, anche sul fronte delle politiche di integrazione. Da una parte finiscono nel nulla, per l’ennesima volta, le iniziative parlamentari per introdurre lo Ius Scholae. Avrebbe interessato circa 280.000 ragazzi e ragazze stranieri (Istat). Dall’altra, Corte Costituzionale e Unione Europea hanno fortunatamente dato il colpo di grazia ad una parte delle immancabili e diffuse norme discriminatorie nei confronti degli immigrati presenti nei provvedimenti di legge sul welfare, in questo caso limitazioni sui diritti all’Assegno per il Nucleo Familiare e all’Assegno di maternità.

Fortunatamente, il nuovo Assegno Unico e Universale per i figli minori non fa differenze fra italiani e stranieri. Restano invece le discriminazioni per il Reddito di Cittadinanza, per cui sono richiesti dieci anni di residenza continuativa. Non dobbiamo poi stupirci se secondo l’Istat nel 2021 un cittadino straniero residente in Italia su tre era in povertà assoluta, contro uno su sette fra i cittadini italiani.

Nuovo governo, vecchie politiche

Un altro avvenimento ha creato grandi attese di un cambiamento delle politiche sull’immigrazione: le elezioni politiche anticipate. Gli argomenti presentati durante la campagna elettorale da quelle che saranno le forze politiche vincitrici non erano certamente nuovi ma, se messi in pratica, avrebbero rappresentato una vera e propria svolta. A partire dal “blocco navale per difendere i confini nazionali” al largo della Libia.

Alla fine, il tutto si è ridotto nell’ennesimo scontro con le navi di salvataggio delle ONG (questa volta solo con quelle straniere, tanto per tenere il punto) e lo sbarco di tutti i migranti, compresi gli adulti maschi (i più richiesti nel mercato del lavoro, insieme a medici, ingegneri e infermieri e badanti). Uno scontro che è proseguito con il decreto sulle ONG ma che, comunque vada a finire, sarà sostanzialmente ininfluente sulla quantità dei flussi immigratori via Mediterraneo che complessivi: solo il 12% dei salvataggi è effettuato dalle loro navi.

Che tutto sia rimasto e rimarrà come prima (slogan a parte) lo si capisce dal fatto che anche il governo in carica, pienamente titolato sotto il profilo politico, ha scelto di mantenere un prefetto a capo del Ministero dell’Interno. Non quindi una personalità della politica, come era lecito aspettarsi, ma un dirigente dello Stato (nostro massimo rispetto per queste persone). Il segnale è: l’immigrazione non ha bisogno di una profonda riforma legislativa che aggiorni un apparato normativo. La legge fondamentale è ancora la Fini-Bossi del 2002, scritta quando in Italia risiedevano un milione e 300 mila cittadini stranieri, contro i cinque milioni di inizio 2022. E ovviamente, con questi numeri, il sistema gestionale è oramai incapace non solo di indirizzare i cambiamenti in atto, ma anche di governarli. Dunque basta un tecnico esperto (e di fiducia) che amministri quello che c’è.

Poi è tornato in pista il solito tira e molla con l’Unione Europa: l’Italia pretende un ricollocamento degli immigrati tra tutti i Paesi dell’Unione. Con quali criteri? Se si considerano le richieste d’asilo o i rifugiati ospitati in rapporto alla popolazione siamo ben sotto alla media, e sarebbero gli altri Paesi dell’UE a essere in credito con noi!

Che anche il “salmo 2022” sia finito in gloria ce lo conferma – in via definitiva – una decisione del Consiglio dei Ministri passata in sordina. Basta leggere un trafiletto pubblicato dal Corriere della Sera il 22-12-22 a pagina 21 il cui titolo dice tutto “Immigrazione. Decreto Flusso: ok del governo a 82 mila arrivi”. Rieccoci dunque alla solita sanatoria mascherata che permetterà ai datori di lavoro (industriandosi nella applicazione delle norme) di assumere gli operai e i domestici già occupati nelle proprie aziende o famiglie, agli immigrati di regolarizzare la loro situazione, e al Paese di ridurre la crisi demografica che pesa sulle fasce giovanili, realizzando anche molte delle opere previste dal PNRR (soprattutto quelle di competenza del Ministero delle Infrastrutture), per soddisfare la fame di manodopera nell’edilizia. Il decreto flussi, ancora una volta, è destinato a rimanere una semplice dichiarazione di principio, e anche l’affermazione della Presidente del Consiglio di qualche giorno fa. “In Italia si entra solo legalmente!” verrà smentita dai fatti.

L’insostenibile (e inutile) pesantezza della burocrazia

Auguri a tutti per il 2023, soprattutto a tutto quel personale dello Stato (agenti di Polizia, funzionari delle Prefetture e del Ministero dell’Interno, operatori della Protezione Civile) già affogato in un mare di burocrazia.

Ecco solo alcune delle gravose incombenze che impegnano migliaia di funzionari e tutta la macchina burocratica: rinnovare i permessi di soggiorno temporaneo degli sfollati di Ucraina; completare le migliaia di domande di sanatoria 2020 ancora inevase; rinnovare i permessi di soggiorno di centinaia di migliaia di immigrati: dai richiedenti asilo con i permessi semestrali, ai dublinanti il cui permesso scade ogni tre mesi fino a quelli dei lavoratori autonomi e dipendenti con permesso biennale o di lungo periodo; gestire le procedure dei  82.702 ingressi del decreto flussi 2023 nonché quelle di protezione internazionale degli oltre 100.000 sbarcati negli ultimi 12 mesi (102.574 alla data del 28 dicembre, precisa il Ministero dell’Interno) e, infine, non dimentichiamoci delle nuove domande di ricongiungimento familiare. Almeno mezzo milioni di pratiche.

Per questa marea di procedure burocratiche non è previsto nessun taglio, saldo e stralcio.

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