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Chi non va al nido? Il rischio di povertà educativa nella prima infanzia* 

A partire dai dati sulla frequentazione dell’asilo nido rilevati dall’indagine Istat “Aspetti della vita quotidiana” è possibile descrivere i modelli familiari di cura che orientano la scelta del nido da parte delle famiglie e le caratteristiche dei bambini che ancora restano esclusi dal sistema educativo della prima infanzia. Ce ne parlano Francesca Dota e Sante Orsini

L’importanza del percorso educativo sin dall’infanzia

Promuovere la partecipazione dei bambini al sistema educativo nella prima infanzia è un tema al centro dell’agenda europea da tempo. Il Consiglio europeo di Barcellona nel 2002 aveva indicato come obiettivo prioritario per rimuovere gli ostacoli alla partecipazione femminile al mercato del lavoro quello di garantire l’assistenza all’infanzia per almeno il 33% dei bambini di età inferiore ai 3 anni. Il riconoscimento del ruolo fondamentale delle politiche di cura ed educazione della prima infanzia è stato sancito anche dalla sua integrazione nell’agenda delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile 20301. Recentemente, i servizi educativi per l’infanzia da strumento a carattere assistenziale sono stati ricondotti alla sfera educativa (D.lgs. n. 65/2017), con l’obiettivo di garantire la continuità del percorso educativo dalla nascita fino ai sei anni di età, attribuendo ai servizi per la prima infanzia un ruolo cruciale, non solo nel sostegno all’attività di cura, ma anche come primo importante tassello del percorso educativo. 

Nell’immediato, la partecipazione all’asilo nido ha effetti positivi sulle competenze scolastiche a disposizione nei cicli scolastici successivi, soprattutto per i bambini che provengono da contesti familiari e socio-economici più svantaggiati, contribuendo ad interrompere il circolo vizioso della trasmissione intergenerazionale delle disuguaglianze2. Diversi studi, inoltre, ne hanno evidenziato effetti positivi su occupazione e livelli di reddito nell’età adulta3.

Cambiano i modelli educativi familiari ma c’è ancora tanto da fare

Nell’arco di poco più di un decennio il tasso di iscrizione al nido in Italia è aumentato sensibilmente: passando dal 15,9% di iscritti del triennio 2006-2008 al 28,2% del triennio 2018-20204, ma a livello nazionale siamo ancora al di sotto degli obiettivi fissati dal Consiglio Europeo di Barcellona (2002). Una graduale, seppur lenta, transizione ad un modello educativo che attribuisce maggiore centralità all’asilo nido nel percorso educativo prescolare si sta affermando anche tra i genitori. Secondo i dati dell’indagine Istat Aspetti della vita quotidiana nel 2008 l’importanza dal punto di vista educativo viene indicato come principale motivo di iscrizione al nido per il 39% dei bambini, nel 2019-2020 si è arrivati al 49,5%, mentre è rimasta pressoché stabile la percentuale di bambini iscritti per necessità di sostegno all’attività di cura (33-31%). 

Il circuito vizioso dello svantaggio

La platea di utenti che ricadono nella domanda potenziale dei servizi di asilo nido non accede al servizio prevalentemente per motivi di carattere economico. Se per la maggior parte delle famiglie non mandare il proprio figlio al nido è frutto di una libera scelta familiare, per il 13% circa dipende da problematiche oggettive indipendenti dalla famiglia (costo eccessivo, domanda rifiutata, lontananza, orari scomodi), il più delle volte per l’eccessivo costo dei servizi (9% circa dei non iscritti). 

La probabilità di rientrare nella domanda potenziale aumenta al crescere dell’età del bambino. E, a parità di altre condizioni, è più elevata per i bambini al di sotto dei tre anni che vivono nei comuni periferia dell’area metropolitana rispetto a quelli che vivono al centro dell’area metropolitana. Inoltre, la probabilità di non frequentare il nido per motivi indipendenti dalla famiglia è maggiore per i bambini che vivono in famiglie in cui almeno un genitore non lavora o con entrambi i genitori non occupati, rispetto a quelli che vivono in famiglie dual earner. La condizione occupazionale dei genitori rappresenta spesso un criterio di selezione per l’accesso ai servizi educativi pubblici. Pertanto, l’essere fuori dal mercato del lavoro, per uno o entrambi i genitori, rappresenterebbe un doppio svantaggio per i minori, che potenzialmente sono così più esposti al rischio di povertà economica ed educativa. Inoltre, gli effetti della pandemia sulla capacità di spesa delle famiglie e sull’occupazione potrebbero comportare un maggior rischio di esclusione e di povertà educativa per questo segmento sociale (Fig. 1).

Conclusioni

Una maggiore partecipazione ai servizi per la prima infanzia rappresenterebbe per i bambini che ne restano esclusi un’importante opportunità educativa, oltre a favorire la partecipazione al mercato del lavoro delle madri che sono fuori dal sistema produttivo per dedicarsi alla cura dei figli. Attraverso l’introduzione del Sistema integrato di istruzione e formazione 0-6 anni e con l’investimento di risorse programmato attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si punta al potenziamento dei servizi educativi per la prima infanzia. Le caratteristiche della platea di utenti per ora esclusi dal servizio richiedono un investimento volto non solo ad aumentare il numero dei posti disponibili, ma anche a trasformarlo progressivamente da servizio a domanda individuale a servizio universale, facendolo così rientrare tra i livelli essenziali delle prestazioni da garantire nell’infanzia5, proprio per l’importanza che assume nel percorso educativo. 

*Le opinioni qui espresse sono quelle degli autori e non coincidono necessariamente con quelle delle Istituzioni di appartenenza.

Note

1  L’obiettivo di sviluppo sostenibile numero 4.2 stabilisce che ogni bambina e bambino abbiano uno sviluppo infantile di qualità, ed un accesso a cure ed istruzione pre-scolastiche così da essere pronti alla scuola primaria (United Nations Sustainable Development Goals o SDGs), ONU, 2015, Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

2  Save the Children, 2019, Il miglior inizio. Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita.

3 Heckman J. e Dimitri V. Masterov D.V., ‘The productivity argument for investing in young children’, Review of Agricultural Economics, 2007, vol. 29, Issue 3, pp. 446-493.

4 Dota F., Orsini S., Bambini al nido: tra affermazione della funzione educativa e rischio di esclusione, in VII Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana per gli Studi sulla Qualità della Vita, 22-24 Aprile 2021, Libro dei Contributi Brevi, versione preliminare 20.04.2021.

5  Come auspicato dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, cfr. IRS, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, 2019, I livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali delle persone di minore età, documento di studio e di proposta.

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