Popolazione mondiale:

Popolazione italiana:

Giovani (0-19 anni):

Anziani (64+ anni)

Umanità sempre più connessa e la Quarta Globalizzazione

In aggiunta alle migrazioni tradizionali, che formano una robusta rete di rapporti umani, vi sono altri vincoli che pur non implicando un cambio di dimora più o meno stabile, alimentano una rete informale di rapporti interpersonali, di varia intensità, tra abitanti di paesi diversi. Massimo Livi Bacci osserva che questa rete è sempre più fitta e avvolge l’intero pianeta in modo sia materiale (spostamenti fisici) sia immateriale (relazioni virtuali).

La migrazione è una componente fondamentale dei processi di globalizzazione: dietro la finanza e le merci, prima o poi si muovono anche le persone. Nei paesi del mondo sviluppato, nonostante siano cresciuti gli ostacoli normativi e fisici alle migrazioni, il numero degli stranieri residenti è quasi raddoppiato tra il 1990 e il 2020 (da 83 a 157 milioni), passando dal 7 al 12 per cento della popolazione. È questo un sicuro indicatore dei crescenti rapporti umani tra società di paesi diversi, alimentati da persone che si muovono per spinte tradizionali: per motivi di lavoro, di impresa, per ragioni di famiglia, di studio, di cultura, di cura; per attività sociali, religiose o semplicemente per vivere in un ambiente più gradito. Ci sono poi i migranti irregolari, i rifugiati, i profughi.

Oltre le migrazioni: movimenti fisici e contatti intrapersonali virtuali

Ma oltre a questi migranti che formano una robusta rete di rapporti umani, vi sono altri vincoli che pur non implicando un cambio di dimora più o meno stabile, alimentano una rete informale di rapporti interpersonali, di varia intensità, tra abitanti di paesi diversi. Questa rete è sempre più fitta e avvolge l’intero pianeta in modo sia materiale (spostamenti fisici) sia immateriale (relazioni virtuali).

Vediamone qualche aspetto. Si considerino i cosiddetti “turisti internazionali”, un insieme molto eterogeno di persone che per lo più hanno rapidi e passeggeri rapporti con gli abitanti dei paesi che visitano. Secondo le rilevazioni, si trattava di qualche decina di milioni di persone negli anni ’50, quando il “turismo” di massa stava per decollare. Nel 1995, secondo la Banca Mondiale, erano circa un miliardo, nel 2019 2,3 miliardi (Figura 1) e 3 miliardi sono previsti alla fine del decennio. Nell’ultimo trentennio la crescita è stata continua, con la sola caduta nel 2010, anno della crisi e del 2020, anno della pandemia. Il turista, o viaggiatore, incontra persone, stringe conoscenze e in casi non rari stabilisce rapporti amicali o affettivi, o attiva rapporti economici. Dai milioni, miliardi di viaggi, scaturiscono fili che arricchiscono la trama cui prima si è accennato. La Figura 2 fornisce un’immagine dell’intensità e delle direzioni di questo particolare movimento di persone. È particolarmente interessante l’ingresso di paesi nuovi, in sviluppo, in questi movimenti: nel 1990 i Cinesi che intrapresero un viaggio internazionale furono circa un milione, nel 2019 sono stati 157 milioni, cioè un Cinese su otto, e la tendenza di fondo in robusta ascesa sta riprendendo dopo la battuta d’arresto della pandemia.

Studenti internazionali e spostamenti mossi dalle multinazionali

Consideriamo adesso un altro indicatore assai significativo. Sono in forte aumento, nel mondo, gli studenti che trascorrono periodi di studio in altri paesi, e che divengono perciò vitali messaggeri di cultura e conoscenza. Un sottoinsieme di questi sono i cosiddetti “studenti terziari internazionali”, studenti nel ciclo universitario che studiano in un paese diverso dal proprio. Il loro numero può sembrare relativamente esiguo, ma molto rilevante è il loro apporto alla reciproca conoscenza di società diverse. Tra il 1998 e il 2019 – poco più di un ventennio – il loro numero si è triplicato, da 2 a 6 milioni (Figura 3). Per una metà si tratta di studenti iscritti in corsi di studio nei paesi anglosassoni, a riprova della assoluta predominanza di quella cultura negli studi avanzati. Gli studenti internazionali – spesso non vengono contati correttamente dalle statistiche migratorie, o addirittura ne vengono esclusi – hanno una funzione importante di moltiplicatore degli scambi di conoscenze e generano solidi rapporti tra paesi. Molti di loro, alla conclusione dei loro studi, premono per entrare nel mercato del lavoro del paese che li ospita, altri apportano il capitale di nuove conoscenze nel paese di origine, altri ancora alimentano rapporti e migrazioni circolari. La loro funzione è tanto più importante in quanto la durata della loro permanenza all’estero (6 mesi, uno o più anni) permette di acquisire una conoscenza approfondita del paese ospitante e di avviare e mantenere durevoli contatti personali e istituzionali.

L’integrazione economica e la crescita delle imprese multinazionali (MNE, Multinational Enterprises, che hanno sede in un paese, e producono o erogano servizi in altri paesi tramite filiali o imprese associate) moltiplica le occasioni di viaggi internazionali e soggiorni di breve durata di manager, professionisti e tecnici, intorno al mondo. Non esistono dati in proposito, ma il loro numero in costante crescita, la loro dimensione e il loro apporto al prodotto fa ritenere cospicuo questo tipo di movimento, che sfugge alla lente delle statistiche. Secondo l’OCSE, infatti, le MNE sono responsabili di una importante quota del prodotto globale (32%); il 10% di questo prodotto globale deriva dalle filiali consociate estere.1 Su un altro piano stanno quei grandi progetti che da sempre richiedono lunghi lavori, abbondante manodopera, spesso reclutata direttamente a tempo dalle grandi imprese. Così fu, in passato, per la costruzione del canale di Suez, o di quello di Panama. Un esempio attuale è quello dei lavoratori e dei quadri cinesi impiegati dalle grandi imprese di costruzione della Cina, in Africa. Si tratta di grandi opere pubbliche che nel 2019 impegnavano 183mila persone (il picco era stato raggiunto nel 2015 con 264mila lavoratori), soprattutto in Algeria, Angola, Nigeria, Zambia e Kenya.2 Se i megaprogetti collegati alla Via della Seta (BRI, Belt and Road Initiative) dovessero realizzarsi, questo tipo di migrazione temporanea potrebbe rafforzarsi.

La rete dei contatti virtuali

I movimenti ricordati implicano pur sempre lo spostamento “fisico” delle persone, sia pure con modalità e tempi diversi da quelli delle migrazioni tradizionali. Ma la vera, impressionante esplosione dei contatti tra le persone che abitano in paesi diversi, si è avuta con la rivoluzione digitale, ed è dunque di carattere “virtuale”.  Ci informa la Bibbia statistica in questo campo3 che i due terzi della popolazione mondiale (inclusi i bambini) è in possesso di un cellulare, e una proporzione appena minore (60%) utilizza internet. Sono 4,2 miliardi (53% della popolazione) coloro che utilizzano i social media, aumentati di 490 milioni (+13%) nel 2021, spinti dalla pandemia, e aumenta il tempo giornaliero (2 ore e 25 minuti nel 2021) di presenza sui social. Video, ologrammi, e varie forme di “realtà aumentata” avvicinano ancor di più persone distanti.

Questi sparsi elementi ci mostrano un’umanità sempre più interconnessa non solo per lo sviluppo delle migrazioni tradizionali, ma anche per i contatti “fisici” non tradizionali, che non implicano spostamenti di dimora, ma che comunque creano vincoli, di varia intensità, sempre più numerosi. Chi scrive ha definite questa una “quarta globalizzazione”, dopo quella determinate dall’incontro tra Eurasia e America, quella Otto-novecentesca, e quella che abbiamo vissuto nell’ultimo mezzo secolo. Un’umanità avvolta in una rete di contatti “virtuali” sempre più fitti e intensi, creatori di rapporti di lavoro, ludici, amicali o affettivi. Una nuova forma di “globalizzazione umana”, che induce a porre due interrogative finali. Il primo: in che misura questa nuova globalizzazione creerà condizioni favorevoli per una maggiore mobilità internazionale in forma tradizionale? Il secondo: la componente virtuale si sostituirà, almeno in parte, a quella fisica, oppure sarà uno stimolo alla crescita di questa? Un esempio a favore della prima ipotesi: il lavoro in remoto può sostituirsi allo spostamento fisico necessario per prestare la propria opera. Un altro esempio per la seconda ipotesi: un contatto virtuale può mutarsi in un rapporto affettivo che induce allo spostamento fisico di una delle due persone in contatto.


1 Multinational enterprises in the global economy | VOX, CEPR Policy Portal (voxeu.org)

2 Data: Chinese Workers in Africa — China Africa Research Initiative (sais-cari.org)

3 Digital 2021: Global Overview Report — DataReportal – Global Digital Insights

PDFSTAMPA

Condividi questo articolo

Sostieni Neodemos


Cara Lettrice e caro Lettore, fare buona e seria divulgazione è il mestiere che esercitiamo da 15 anni con impegno e entusiasmo e, ci dicono, con autorevolezza. Dacci una mano a fare il nostro lavoro e rafforza la nostra indipendenza con un contributo, anche piccolo. Ci aiuterà a sostenere i costi di Neodemos, e ci incoraggerà a far meglio.

Grazie!

Iscriviti alla nostra newsletter


Due volta la settimana, riceverai una email che ti segnalerà i nostri aggiornamenti


Leggi l'informativa completa per sapere come trattiamo i tuoi dati. Puoi cambiare idea quando vuoi: ogni newsletter che riceverai avrà al suo interno il link per disiscriverti.

Potrebbero interessarti anche