La demenza, per i due terzi dovuta ad Alzheimer, è una patologia degli anziani, e il numero degli ammalati cresce rapidamente in tutto il mondo in conseguenza dell’invecchiamento demografico. Ne scrive Massimo Livi Bacci, tratteggiando la possibile dinamica futura della patologia, che oggi colpisce 50 milioni di persone nel mondo, che potrebbero triplicarsi nel 2050, con un proporzionale aumento degli oneri per le famiglie e per le istituzioni sanitarie e sociali.
Si avvicina ai 50 milioni, nel mondo, il numero di persone che si trovano in uno stadio più o meno avanzato di demenza. Una malattia crudele per chi ne soffre e per i suoi familiari, lunga nel suo sviluppo, onerosa per le cure che richiede, progressiva e irreversibile. E queste cure sono, in parte prevalente, date dai familiari, nella maggior parte dei casi non sostenuti adeguatamente, o non sostenuti affatto, dai sistemi sanitari e sociali. Il nostro Ministero della Salute definisce la demenza come “una malattia cronico degenerativa caratterizzata dalla progressione più o meno rapida dei deficit cognitivi, dei disturbi del comportamento e del danno funzionale con perdita dell’autonomia e dell’autosufficienza con vario grado di disabilità e conseguente dipendenza dagli altri, fino alla immobilizzazione a letto”1. Si tratta di una malattia silenziosa, insidiosamente graduale, che colpisce le persone anziane; un tempo, nelle popolazioni per lo più rurali con pochi vecchi, essa veniva metabolizzata dal tessuto familiare e aveva scarsa rilevanza sociale. Ma oggi si sta trasformando in un colossale problema in conseguenza del rapido invecchiamento demografico, del rarefarsi delle reti familiari, delle modalità di vita, particolarmente nelle aree urbanizzate oramai prevalenti nel mondo.
Le origini della demenza ancora avvolte nella nebbia
Prima di analizzare le dimensioni del fenomeno, la sua distribuzione globale, la possibile evoluzione, il costo per la collettività, è utile ricordare che “nella definizione di demenza rientrano diverse malattie, alcune classificabili come demenze “primarie” come la malattia di Alzheimer, la demenza con corpi di Lewy, la demenza frontotemporale, e altre definite “secondarie”, in quanto conseguenza di altre condizioni.”2 All’intorno dei due terzi, le demenze sono imputabili alla malattia di Alzheimer; tutte quante però determinano il progressivo deficit cognitivo che conduce alla completa perdita di autonomia. Le cause dell’insorgere della demenza sono per ora avvolte nella nebbia. Si sa però che le persone con alta pressione sanguigna, o con alto livello di colesterolo, o diabetiche, depresse, con alto consumo di alcol e fumatrici, corrono maggiori rischi della media. La malattia dura a lungo, dalla diagnosi alla morte intercorrono, per lo più, 8-12 anni, all’interno però di un ventaglio molto esteso, compreso tra 1-2 anni e oltre vent’anni. La durata dipende dall’età alla quale la diagnosi viene fatta, dallo stato di salute generale della persona, dalle cure ricevute. Poiché la malattia è progressiva, quando si afferma che in Italia ci sono 1,3 milioni di persone con demenza, è sottinteso che in quel numero si annoverano persone con diversi gradi della stessa, che a un estremo hanno un alto grado di autonomia e all’altro estremo sono in stato di completa dipendenza. Gli esperti si sono cimentati in varie valutazioni del costo economico della demenza, che eccede l’1% del prodotto mondiale, e si traduce in una cifra enorme, dell’ordine del PIL globale di un paese come la Spagna.
Una patologia degli anziani in rapida crescita
La demenza è una condizione degli anziani, e la sua prevalenza (la % che ne soffre, in ogni classe di età) aumenta rapidamente con l’età, non diversamente da quanto avviene per molte altre patologie. Nella Figura 1 si possono osservare le curve della prevalenza stimate per la regione europea, per uomini e donne; tra i 60 e i 65 anni meno dell’1% soffre di demenza, ma la percentuale supera il 10% tra gli 80 e gli 85 anni, e supera un terzo oltre i 90 anni. La demenza è più frequente tra le donne che tra gli uomini e il divario cresce con l’età: tra gli 85 e i 90 anni ne soffre il 25% delle prime contro il 16% dei secondi; oltre i 90 anni, il 45% contro il 30%. Molte sono le ipotesi circa le cause di questo divario, pochissime le certezze. Negli ultimi decenni, dove esistono indagini comparabili nel tempo, la prevalenza delle demenze nelle varie classi di età appare abbastanza stabile o anche in leggero declino, forse in ragione delle migliorate condizioni di salute della popolazione. Troppo poco, per ora, per alimentare aspettative di un duraturo declino, data l’assenza di farmaci che curino la malattia. Quello che invece è sicuro è che si prevede, in tutto il mondo, un aumento del numero di ammalati di demenza assai superiore all’aumento della popolazione, a causa dell’invecchiamento demografico (cioè della crescita delle classi di età anziane assai più rapida di quella di altre fasce di età). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) i 50 milioni di sofferenti di demenza sono destinati a crescere a 82 milioni nel 2030 e a 152 milioni nel 2050 con un onere crescente in rapporto al prodotto.3
La Tabella 1 riporta la stima delle persone con demenza in Europa occidentale, nel 2019, e la previsione per il 2050; si suppone che la prevalenza nelle varie classi di età rimanga costante, per cui l’aumento dell’83% delle persone con demenza, nell’arco dei tre decenni, è dovuto esclusivamente all’invecchiamento demografico. In Italia, nel 2050, ci saranno, secondo questa previsione, circa un milione di ammalati in più, oltre 30.000 in più ogni anno (+1,8%). Nei maggiori paesi, la prevalenza varia tra 1,6 per 100 abitanti (Regno Unito) e 2,1 (Italia); non sono accertate le ragioni del primato negativo del nostro paese.
Nel 2020, le persone che soffrono di demenza nel mondo vivono, in prevalenza, nei paesi sviluppati. Questi paesi contengono il 15% della popolazione mondiale, ma ospitano il 40 % degli ammalati di demenza. Le ragioni di questo sbilancio risiedono, soprattutto, nella struttura fortemente invecchiata delle popolazioni più ricche, ma non è escluso che una parte rilevante del divario sia imputabile alla difficoltà di diagnosi della malattia nei paesi poveri. La Figura 2 riporta la geografia della prevalenza della demenza al netto della struttura per età, con l’ipotesi che la prevalenza della malattia sia la stessa nei vari paesi (tassi standardizzati). Il mondo appare con colori assai variegati, da tonalità azzurre corrispondenti a meno di 500 casi ogni 100.000 abitanti (Canada, Argentina, Russia, parte dell’Europa, Africa occidentale e Africa del Sud) a tonalità rosso-brune pari 900-1200 casi per 100.000 (Brasile, Africa del Nord, Turchia). E’ assai problematica l’interpretazione delle cause delle difformità geografica della prevalenza, se cioè questa sia in relazione con le caratteristiche ambientali, o con lo stato di salute generale, o con le capacità diagnostiche, o altro. Secondo l’OMS, i 50 milioni di sofferenti di demenza sono destinati a crescere a 82 milioni nel 2030 e a 152 milioni nel 2050, con un onere crescente in rapporto al prodotto.
Il numero e la dinamica attesa delle demenze rappresentano un onere sociale e economico enorme, del quale non si è ancora preso completa coscienza. Forse perché la maggior parte di questo onere è sopportato dalle famiglie o dal volontariato, e non appare, nero su bianco, nei libri contabili. Inoltre gran parte della marea montante dei costi avverrà nei paesi più poveri nei quali l’incidenza delle demenze è ancora modesta. Ma il costo della demenza peserà fortemente sullo sviluppo sociale e economico delle collettività, ricche o povere che siano. Nel 2015, il costo totale della demenza era stimato in 818 miliardi di dollari, in aumento del 35% rispetto ad una valutazione comparabile riferita al 2010; l’87% di questo costo ($715 miliardi) era imputabile ai paesi ad alto reddito.4 Circa un quinto di questa cifra copre i costi medici, due quinti i costi sociali, e altri due quinti il costo dell’assistenza informale (soprattutto familiare). Nei paesi che la Banca Mondiale classifica ad alto reddito, il costo medio annuo di un paziente è di 40.000 dollari, contro i 10.000 occorrenti nei paesi a reddito medio-alto, e circa 3000 per tutti gli altri paesi. Questo divario, che dovrà essere rapidamente colmato man mano che i poveri diventeranno meno poveri, carica la molla che spingerà in alto il costo globale della malattia. Nei paesi ricchi è la molla dell’invecchiamento che terrà in crescente tensione i conti pubblici per l’aumento del numero dei malati: la cura di un sofferente di demenza durante il ciclo della malattia è stato stimato, per gli Stati Uniti, nel 2018, in 350.000 dollari.
Per adesso, la scienza medica non è riuscita a fare molti passi avanti nella lotta alle demenze. Qualche risultato è stato ottenuto nel ritardarne lo sviluppo e nell’alleviarne gli effetti. In attesa che la scienza apra una breccia, è la società che deve riorganizzarsi, innovando i modi di erogazione dei servizi, di sostegno alle famiglie, di adeguamento degli spazi e delle abitazioni con l’uso di nuove tecnologie, diffondendo conoscenze e buone pratiche, smontando tabù e stigma.
Note
1 Ministero della Salute
2 Ibidem
3 WHO
4 Anders Wimo e al., “Alzheimer & Dementia”, 13 (2017), 1-7
Fonti figure
Fonte figura 1 www.alzheimer-Europe.2019
Fonte tabella 1: Dementia in Europe Yearbook 2019