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Gli effetti delle riforme pensionistiche sulle imprese

A fronte dell’invecchiamento della popolazione, molti paesi hanno innalzato l’età minima di pensionamento, sollevando preoccupazioni circa la produttività delle imprese e il possibile spiazzamento dei lavoratori giovani. Carta, D’Amuri e von Wachter ridimensionano tali preoccupazioni analizzando gli effetti della riforma Fornero del 2012: la maggiore presenza di lavoratori anziani ha portato un incremento del valore aggiunto in linea con quello dell’occupazione, cresciuta anche nelle classi di età giovani. I lavoratori più maturi, pertanto, non sarebbero un vincolo per le imprese, possedendo capacità ed esperienza difficilmente reperibili sul mercato del lavoro.

Il mondo sta invecchiando rapidamente: entro il 2030, 34 paesi avranno una quota di ultra sessantacinquenni superiore al 20 per cento della popolazione totale. Per fronteggiare i problemi legati alla riduzione della popolazione attiva e alla sostenibilità dei sistemi pensionistici, negli ultimi decenni i governi hanno cercato di prolungare la vita lavorativa innalzando l’età minima di pensionamento. Gli effetti di queste politiche sono molto discussi, in particolare per le possibili ricadute sui lavoratori più giovani (Gruber e Wise, 2010); si sa molto meno invece delle ripercussioni sulle scelte e sulla performance delle imprese. Da un lato, una maggiore presenza di lavoratori maturi può ridurre la produttività delle imprese e la crescita se questi sono meno innovativi o meno disposti a correre rischi rispetto a quelli più giovani (Engbom, 2019). Dall’altro, un numero crescente di analisi suggerisce che l’uscita di personale con molta esperienza può determinare ripercussioni negative per i colleghi (Jaeger, S. e J. Heining (2020), Sauvagnat e Schivardi (2020)). Inoltre, alcuni economisti (Acemoglu e Restrepo, 2018) hanno evidenziato che l’invecchiamento della forza lavoro è associato ad aumenti dell’automazione volti a sostituire le attività manuali, rendendo incerte le ricadute sulla produttività.

L’analisi empirica

In un articolo recente (Carta, D’Amuri e von Wachter 2020), studiamo le conseguenze della riforma Fornero del 2012 – che ha innalzato con effetto immediato l’età minima di pensionamento in media di tre anni per i lavoratori con almeno 55 anni – su occupazione, salari, valore aggiunto, capitale e produttività delle imprese. L’aumento dell’età pensionabile determinato dalla riforma –  differenziato in base a genere, età e anni di contributi previdenziali già versati –  ha comportato una considerevole variabilità nel numero di lavoratori maturi per i quali è venuta meno la possibilità di andare in pensione anche tra imprese con una struttura demografica simile. Sfruttando questa variabilità, l’analisi empirica valuta le ricadute della riforma sui livelli di occupazione in diverse classi di età (Figura 1) e sulle principali variabili di bilancio (valore aggiunto, capitale, costo del lavoro; Figura 2) confrontando imprese simili ma interessate in modo diverso dall’incremento di lavoratori maturi.

L’analisi prende in considerazione l’anno della riforma e i due anni precedenti e successivi. Secondo le stime riportate nella Figura 1, un aumento del 10% degli occupati più anziani (55+) dovuto alla riforma implica un aumento dell’1,8% del numero di lavoratori giovani (15-34) e dell’1,3% per quelli di età intermedia (35-54). Pertanto, lavoratori di età diversa sembrano essere complementari nelle imprese analizzate. L’effetto è concentrato nell’anno della riforma: negli anni precedenti, i principali andamenti delle imprese erano indipendenti dall’incidenza dei lavoratori il cui pensionamento sarebbe stato successivamente posticipato, a conferma della validità della strategia empirica adottata.  Inoltre, l’aumento del costo del lavoro e del valore aggiunto avviene in modo proporzionale all’occupazione: la produttività e il costo del lavoro per addetto rimangono costanti (Figura 2).

Conclusioni di policy

Questi risultati portano a concludere che esiste complementarità tra lavoratori giovani e più anziani. I lavoratori maturi, con capacità ed esperienza specifiche dell’attività lavorativa svolta presso l’impresa, rappresentano una risorsa di difficile reperimento all’esterno, più che un fattore che compromette la produttività. Le nostre evidenze, sebbene basate su una diversa metodologia di stima, sono coerenti con quelle trovate dal lavoro di Bianchi et al. (2019), anch’esso incentrato sugli effetti della riforma Fornero, secondo cui la maggiore permanenza nell’impresa dei lavoratori più anziani compromette le opportunità di promozione dei colleghi. La difficoltà di assumere dall’esterno lavoratori con un certo grado di esperienza – che è alla base dei nostri risultati – permette di spiegare anche perché il mancato pensionamento implicherebbe il venir meno di una promozione interna.

La generalizzazione dei risultati va tuttavia effettuata con cautela: pur mostrandosi robusta all’inclusione delle imprese di ogni dimensione, l’analisi si concentra su quelle più grandi, caratterizzate da maggiori margini di aggiustamento per via del più facile accesso al credito e del più ampio mercato del lavoro interno; l’età effettiva di pensionamento in Italia è tuttora bassa rispetto alla media dell’OCSE1, per cui il prolungamento della vita lavorativa analizzato ha riguardato persone ancora relativamente giovani e presumibilmente produttive.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire esclusivamente agli autori e non coinvolgono la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.

Riferimenti bibliografici

Acemoglu, D. e P. Restrepo (2018). Demographics and automation. mimeo.

Bianchi, N., Bovini, G., Li, J., Paradisi, M., e Powell, M. (2019). Career Spillovers in Internal Labor Markets. Available at SSRN 3470761.

Carta, F., D’Amuri F. e M.T. von Wachter (2020). Workforce aging, pension reforms, and firm outcomes. Banca d’Italia, Temi di Discussione, n. 1297.

Engbom, N. (2019).  Firm and worker dynamics in an aging labor market. FED  Minneapolis WP (756).

Gruber, J. e D. A. Wise (2010). Social security programs and retirement around the world: The relationship to youth employment.  University of Chicago Press.

Jaeger, S. e J. Heining (2020). How Substitutable Are Workers? Evidence from Worker Deaths. MIT, mimeo.

Maestas, N., K. J. Mullen e D. Powell (2016). The Effect of Population Aging on Economic Growth, the Labor Force and Productivity. NBER WP, 22452.

OECD (2015). Ageing  and  Employment  Policies  –  Statistics  on  average  effective  age  of retirement.

Sauvagnat, J. e F. Schivardi (2020). Are executives in short supply? Evidence from deaths’ events. EIEF, mimeo.


1 Secondo i dati OCSE “Statistics on average effective age at retirement”, l’età effettiva di pensionamento ancora nel 2018 era pari a 63,3 anni per gli uomini e a 61,5 per le donne, in entrambi i casi inferiore di due anni rispetto alla media dei paesi OCSE.

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