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Gli immigrati e la lingua del sì

La conoscenza della lingua del paese d’arrivo rappresenta un elemento essenziale per il successo del processo d’integrazione degli immigrati e dei loro discendenti. Su questo aspetto, come ci spiega Corrado Bonifazi, i risultati delle prove INVALSI forniscono interessanti informazioni e mostrano come i problemi riguardino anche molti studenti italiani.

Un ritardo evidente

I test standardizzati delle prove INVALSI, utilizzati per misurare le capacità cognitive degli alunni in alcune discipline tra cui l’italiano, permettono di verificare il grado effettivo di conoscenza della lingua da parte degli studenti immigrati e di origine immigrata. Tali prove raccolgono informazioni per gli studenti nativi (nati in Italia da genitori nati anch’essi in Italia), per quelli di origine immigrata di prima generazione (nati all’estero da genitori nati anch’essi all’estero) e di seconda generazione (nati in Italia da genitori nati all’estero). Le classi considerate sino alla rilevazione dell’anno scolastico 2017-18 erano quattro: la seconda e la quinta della scuola primaria, la terza della secondaria di primo grado e la seconda delle scuole superiori. A queste classi, nell’anno scolastico 2018/19, si è aggiunto l’ultimo anno delle scuole superiori.

I dati mostrano una netta differenza nelle competenze linguistiche tra i nativi e la prima e la seconda generazione di origine immigrata, con uno scarto ampio che nell’ultimo anno scolastico considerato è compreso tra i 25 e i 35 punti di svantaggio per gli allievi nati all’estero e tra gli 11 e i 21 per quelli nati in Italia da genitori nati all’estero (Tab. 1). Per i nativi i dati disponibili mostrano, nei tre anni considerati, una sostanziale stabilità, tranne che nel secondo superiore in cui il punteggio presenta un netto miglioramento nell’ultimo anno. I risultati degli studenti nati all’estero sono invece in calo nelle due classi della scuola primaria, ma segnano un miglioramento nell’ultimo anno della scuola media e nel secondo superiore. Per la seconda generazione, infine, i risultati dell’ultimo anno vedono una diminuzione nelle prime tre classi e un aumento nel secondo superiore.

L’italiano? Un problema anche per molti studenti italiani

Per le secondarie superiori, in riferimento all’anno scolastico 2016/17, è disponibile un approfondimento dell’ISMU che conferma, come anche per gli studenti di origine immigrata, vi sia una netta frattura nei livelli di competenza linguistica tra i diversi tipi di scuola (Tab. 2). È significativo che gli studenti di prima e seconda generazione che frequentavano i licei avessero punteggi in italiano inferiori a quelli dei nativi delle stesse scuole, ma pari e superiori a quelli complessivi di tutti gli italiani. La loro competenza linguistica risultava infatti decisamente superiore a quella degli studenti italiani degli istituti tecnici e professionali, a dimostrazione che sul processo di apprendimento oltre alle variabili etnico-culturali entrano in gioco anche un’altra serie di fattori di natura socio-economica.

In effetti nel Rapporto nazionale sugli alunni con background migratorio del 2019 veniva proprio messa in luce la stretta relazione tra livelli di apprendimento e situazione socio-economica e culturale della famiglia, con la netta crescita dei primi al migliorare della seconda in tutti e tre i gruppi di studenti considerati [Barabanti 2019]. Nell’approfondimento¹ effettuato per la quinta elementare e il secondo superiore emerge, ad esempio, come il quartile più elevato della seconda generazione si approssimi o superi di poco quello del secondo quartile dei nativi; mentre, il gruppo con la condizione migliore della prima generazione arrivi allo stesso livello del primo quartile degli italiani.

Sempre lo stesso studio ha anche evidenziato come la quota di studenti con i punteggi più bassi, denominati low performer², sia sensibilmente più alta tra la prima e la seconda generazione che tra i nativi. Tra questi, infatti, gli studenti con più basso livello di apprendimento dell’italiano vanno dall’8,1% delle due classi di primaria al 10,4% della terza media; valori che per la seconda generazione salgono al 14,3% del secondo superiore e al 18,8% della terza media e che, per la prima, arrivano al 18,2% della seconda elementare e al 30,8% sempre dell’ultimo anno di secondaria inferiore.

Immigrati e nativi: diversi problemi, stessi bisogni

Sono dati significativi che mostrano come il ritardo nelle competenze linguistiche riguardi, non solo i ragazzi immigrati e i figli degli immigrati, ma anche una quota tutt’altro che trascurabile degli stessi italiani. È evidente che chi viene da altri paesi, e spesso parla in famiglia un’altra lingua, presenta problematiche particolari e ha bisogno di interventi specifici, ma i dati relativi ai nativi mostrano anche tra questi ampie aree critiche e una situazione che meriterebbe di essere affrontata in tutta la sua complessità. Già la quota di low performer tra gli italiani appare consistente, soprattutto perché senza interventi un ritardo di questo tipo non può che tradursi in grosse difficoltà nel prosieguo del percorso scolastico, nell’inserimento nel mercato del lavoro e, in generale, in tutte le fasi della vita da adulto. Il rischio è quello di creare a tredici anni una fascia della popolazione destinata a non arrivare mai prima ma sempre dopo. Stesso rischio che corrono anche molti degli studenti nativi che frequentano gli istituti tecnici e, soprattutto, quelli professionali: competenze così basse in italiano rischiano, infatti, di tradursi in un handicap permanente, difficilmente superabile.

Riferimenti bibliografici

Barabanti P. (2019), Gli apprendimenti di alunni italiani e stranieri a confronto. Difficoltà ed eccellenze nelle prove Invalsi, in M. Santagati ed E. Colussi (a cura di), Alunni con background migratorio in Italia. Emergenze e traguardi, Report ISMU, n. 1, 61-84.

¹ Nel lavoro citato i tre gruppi sono stati divisi in quattro quartili, ognuno contenente il 25% del totale, in base al livello di un indice di status socio-economico e culturale (Escs) costruito con le risposte degli studenti e informazioni raccolte dalle scuole. Il primo quartile raccoglie il 25% degli studenti con ESCS più basso, il quarto quelli con i valori più alti [Barabanti 2019].

² Sono gli studenti che hanno ottenuto il 10% di punteggi più bassi.

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