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Quando la migrazione divide le famiglie a metà: caratteristiche e benessere dei genitori transnazionali in Italia

Nonostante le famiglie transnazionali siano piuttosto diffuse a livello globale, si sa ancora poco di come le migrazioni di uno o più membri di una famiglia, nonché l’instaurarsi di relazioni di cura a distanza che ne consegue, incidano sul benessere individuale dei suoi diversi membri. Attraverso un ingrandimento sui genitori transnazionali residenti in Italia – ovvero genitori stranieri che hanno uno o più figli nel paese di origine – Francesca Tosi ne fornisce una prima evidenza, descrivendone le caratteristiche principali e analizzandone i livelli di benessere soggettivo.

Per famiglia transnazionale si intende solitamente un nucleo familiare composto da una coppia, con o senza figli, di cui almeno un membro adulto vive all’estero. Nonostante questo sia un assetto familiare abbastanza comune nei sistemi migratori globali, il suo studio è un territorio inesplorato per la statistica ufficiale. Si sa ancora poco, ad esempio, di quanti siano ad oggi le famiglie transnazionali nei diversi paesi del mondo, quali caratteristiche eventualmente le accomunino e, soprattutto, quali effetti il mantenimento delle relazioni familiari a distanza abbia sulle condizioni di vita dei diversi membri della famiglia e sulle rispettive scelte migratorie.

Analizzando in modo inedito i dati dell’Indagine Multiscopo dell’Istat «Condizione e integrazione dei cittadini stranieri in Italia» 2011-2012, è possibile ricostruire alcune prime evidenze sulla presenza di genitori transnazionali in Italia, ovvero sugli stranieri adulti che vivono nel nostro paese avendo uno o più figli nel paese di origine.

I genitori transnazionali in Italia

Quello della genitorialità transnazionale è un fenomeno piuttosto diffuso in Italia, riguardando quasi 420mila stranieri residenti, ovvero circa un genitore straniero su cinque (22,4%) tra i 15 e i 64 anni. Tra questi, poco più della metà sono madri (51,1%), di cui tre su quattro di origine est-europea, in particolare romena (28,6%) o ucraina (22,1%). La nazionalità romena è la più rappresentata anche nel caso dei padri (17%), seguita dalla rappresentanza dei paesi dell’Africa Sub-sahariana (14,9%) e del Sud-est Asiatico (14,7%), da altre nazionalità dell’Est Europa (13,1%) e infine dal Marocco (11,6%). Spicca, tra questi, in particolare il dato africano, considerato che, nel complesso, la popolazione maschile di origine romena residente in Italia è di quasi tre volte più numerosa di quella proveniente dal continente sub-sahariano (Tabella 1).

Quanto alle caratteristiche socio-demografiche, rispetto alle popolazioni di stranieri residenti in Italia osservata nel suo insieme e, più nello specifico, di genitori immigrati con figli conviventi, gli stranieri con figli all’estero mostrano delle peculiarità.

Innanzitutto, i genitori transnazionali – in special modo le madri – si concentrano nella fascia di età tra i 45 e i 64 anni (62,4%), seguita dal gruppo 35-44 (27,9%) e dai giovani tra i 15 e i 34 anni (9,7%). Inoltre, tra i genitori transnazionali vi è un’elevata incidenza di individui in una coppia a distanza oppure usciti da una precedente unione. Tra le donne straniere con figli all’estero, quasi una su quattro vive un rapporto a distanza col partner (23,8%), quota che sale a uno su tre per i padri (36,1%). Elevata, rispetto alla media dei genitori stranieri con figli conviventi, anche la percentuale di separati legalmente o divorziati (28,6% tra le madri, 14,6% tra i padri) e, in particolare, di vedove (Figura 1).

I genitori transnazionali sembrano anche essere inseriti più stabilmente nel mercato del lavoro rispetto agli stranieri con figli conviventi: il 66,3% è regolarmente occupato (contro il 47,8% dei genitori stranieri non-transnazionali), mentre solo il 10,8% ha un impiego irregolare (contro il 12,5%) e il restante 22,9% è inoccupato (contro una media del 39,7%). Il dato varia di poco fra uomini e donne, con queste ultime – soprattutto provenienti dall’Est Europa e dall’America Latina – largamente impiegate in condizioni regolari (il 67,4%, contro il 36,2% delle straniere con figli conviventi) per lo più nel lavoro domestico e di cura.

Famiglie a metà e benessere soggettivo

Analizzare la condizioni di vita di un genitore nel paese di immigrazione significa anche chiedersi se e come la separazione dai figli causata dalla migrazione incida in qualche modo sul suo benessere individuale. Sebbene, infatti, l’esperienza migratoria consenta al genitore di potenziare i mezzi per provvedere al sostentamento dei figli che restano nel paese di origine, il mantenimento delle relazioni familiari a distanza può giocare un ruolo di mediazione cruciale nel determinare i suoi livelli di benessere soggettivo – ovvero non oggettivamente misurabile, ma valutato secondo l’esperienza personale.

A questo scopo, indagando in particolare la qualità della salute auto-percepita, è possibile mettere in relazione la genitorialità transnazionale con i livelli di benessere soggettivo dei genitori stranieri residenti in Italia. Poiché tiene conto delle differenti dimensioni della salute umana – fisica, sociale, emotiva – la salute auto-percepita, valutata su una scala da 1 (molto scarsa) a 5 (molto buona), è un indicatore affidabile dei livelli di benessere generale e può essere usata per confrontare tra loro gruppi di genitori stranieri immigrati di prima generazione tra i 15 e i 64 anni che differiscono tra loro solo sulla base della genitorialità transnazionale.

Le madri straniere con figli all’estero hanno un benessere inferiore rispetto alle immigrate con figli conviventi in Italia

A parità di altre condizioni, le madri transnazionali residenti in Italia riportano una qualità della salute auto-percepita significativamente inferiore rispetto alle straniere che sono immigrate con la propria famiglia in Italia, oppure che l’hanno formata in seguito all’arrivo nel paese. Questa evidenza, d’altro canto, non emerge per i padri, i cui livelli di benessere soggettivo non mostrano alcuna differenza rispetto agli altri genitori stranieri residenti nel paese (Tabella 2).

Le relazioni familiari a distanza hanno dunque diverse implicazioni per madri e padri immigrati, probabilmente dovute al ruolo sociale ascritto in base al genere del genitore. Mentre, infatti, il tipo di cura transnazionale richiesta ai padri incide piuttosto sulla loro capacità di provvedere economicamente e materialmente alla crescita dei figli, alle madri si richiede di assicurare anche una cura affettiva costante indipendentemente dal fatto che questa debba essere prestata in condizione di separazione fisica dai figli, cosa che sembra riflettersi nei livelli inferiori di benessere delle immigrate che vivono la genitorialità attraverso i confini nazionali.

L’importanza di monitorare il benessere dei cittadini stranieri

Indagare gli effetti delle pratiche familiari transnazionali sulle condizioni di vita dei diversi membri delle famiglie divise dalla migrazione è di cruciale importanza, sia per comprendere come si caratterizza la mobilità tra paesi di origine e di destinazione dei flussi migratori internazionali, sia per interpretare al meglio i modelli di convivenza tra nativi e popolazioni immigrate.

Favorire il benessere degli stranieri contribuisce infatti, tra le altre cose, a ridurre i possibili conflitti sociali che si innescano nei processi di integrazione, facilitando al tempo stesso il dispiegamento del potenziale sociale ed economico generato dalla migrazione internazionale. In questo senso, identificare i fattori di protezione e di rischio per il benessere degli immigrati coincide col promuovere quello della società tutta.

per saperne di più

Il tema dell’articolo è oggetto di sviluppo all’interno del Programma di Ricerca “Migrazione e migranti in Italia” della Fondazione Alsos

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