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La fine della politica del figlio unico in Cina. Un cambio generazionale?

Alcune generazioni sono segnate, per tutta la loro vita, dagli eventi storici del momento. Nel caso della popolazione cinese, si può parlare di “generazione del figlio unico”, caratterizzata dalla politica voluta da Deng Xiaoping nel 1979 che tracciò una profonda discontinuità con il passato. Tuttavia, il 29 ottobre 2015, il Partito Comunista cinese ha annunciato ufficialmente la fine di questo esperimento di ingegneria demografica, che verrà sostituito con la politica dei due figli. Il cambiamento richiederà tempi lunghi, ma per poter comprenderne l’evoluzione è importante confrontare le motivazioni che nel 1979 spinsero all’introduzione della politica del figlio unico con quelle che hanno portato alla sua abolizione. Il confronto, insieme all’analisi dei dati elaborati dalle Nazioni Unite, ci aiuta a comprendere quale sia il futuro demografico di un paese che raccoglie quasi un quinto della popolazione del pianeta.

L’inizio

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Dopo la morte di Mao Zedong, il nuovo obiettivo del Partito Comunista Cinese divenne la crescita economica, che avrebbe ristabilito la leadership del partito e portato prosperità. In questo disegno generale si inquadrava la politica del figlio unico, che fu giustificata con logica maltusiana, poiché si riteneva che la forte crescita della popolazione avrebbe rallentato, se non impedito, la crescita economica. La pianificazione familiare basata sull’ambizioso target di un unico figlio per coppia era necessaria perché si temeva che, altrimenti, la popolazione sarebbe cresciuta più rapidamente delle risorse, insufficienti per sostenere l’intera popolazione. Anche per effetto di questa politica, la fecondità è precipitata a 1,5 figli per donna negli anni duemila, e la crescita demografica è rallentata, e potrebbe presto evolvere in un declino, nello scenario “centrale” delle previsioni delle Nazioni Unite   (Figura 1).

La politica dei due figli

Una prima motivazione che ha spinto l’assemblea del Partito Comunista Cinese a sostituire la politica del figlio unico con quella dei due figli è la sproporzione nel rapporto fra sessi. Come si può vedere dalle piramidi delle età della Figura 2, che mostrano la proporzione di maschi e femmine della popolazione ad ogni intervallo di età, nel 1950, il numero di maschi era pari a quello delle femmine e la Cina era caratterizzata da una popolazione giovane. La linea tratteggiata, che indica la proporzione di un genere che supera l’altra, ci mostra chiaramente che non c’erano forti squilibri e la maggior parte della popolazione si concentrava alla base della piramide. Un confronto con la piramide dell’età del 2015 ci mostra chiaramente come le cose siano cambiate. La preferenza per un figlio maschio, dopo l’introduzione della politica del figlio unico, ha portato a forti squilibri di genere anche nelle età prime età adulte – creando, tra l’altro, squilibri sul mercato matrimoniale.

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La seconda motivazione è il rapido invecchiamento della popolazione, anch’esso ben evidente nella Figura 2. L’esempio del Giappone e delle difficoltà sociali ed economiche generate dal rapido invecchiamento ha spinto la Cina all’adozione della nuova politica, nella speranza di facilitare un’inversione di tendenza e una ripresa della natalità, che gli esperti giudicano, tuttavia, poco probabile. I cinesi, infatti, sembrano avere oramai interiorizzato il paradigma della bassissima fecondità. Certo, senza un cambiamento di rotta nei comportamenti riproduttivi il declinante numero di giovani sarà difficilmente in grado di sostenere il numero crescente di anziani che presto sarà fuori dalla forza lavoro, data anche l’insufficienza del sistema di welfare. Con la politica dei due figli il Partito Comunista intende contrastare la contrazione della popolazione attiva e dei consumatori, favorendo la transizione da un’economia basata sull’export verso una più orientata allo sviluppo dei consumi interni.

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Un’analisi sociologica della trasformazione della società cinese dopo il 1979 ci offre qualche spunto di riflessione finale. La politica del figlio unico, col tempo, è diventata socialmente accettata. Molti genitori sono cresciuti come figli unici e vedono i loro coetanei avere un unico figlio. La rigida politica inaugurata nel 1979 impose d’improvviso, e d’autorità, alle coppie quel trade-off tra quantità e qualità dei figli che emerge con gradualità nelle società nelle quali non si interferisce con le scelte riproduttive dei singoli. Prima del 1979, una famiglia numerosa era la norma poiché i molti figli potevano essere impiegati come forza lavoro ed erano una forma di assicurazione e pensione per i genitori in età anziana. Quasi quarant’anni dopo, il quadro è rovesciato e, non diversamente da quanto accade da tempo nel mondo più sviluppato, la forte crescita del costo dei figli (particolarmente nelle città) per istruzione, salute, abitazione ed altro, e la diminuzione dei vantaggi che da essi si attendono hanno spinto le famiglie cinesi a considerare normale la forte restrizione della natalità. Riportare in auge il paradigma dei due figli sarà, per il Partito Comunista, un’ardua impresa.

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