Solitamente si pensa alle conseguenze demografiche delle guerre per l’aumento di mortalità che genera, ma in realtà i conflitti hanno un impatto altrettanto notevole, anche se meno tragico, su altri comportamenti demografici, come la nuzialità e la natalità. La Grande Guerra è un esempio molto interessante in questo senso, proprio per la brusca riduzione del numero dei matrimoni e per le mancate nascite durante il conflitto, con un effetto frenante della crescita della popolazione italiana che si è trascinato per decenni.
Per illustrare questi effetti abbiamo messo a confronto i dati dell’epoca del conflitto con le recenti stime delle serie storiche di lungo periodo. Ci aiuta, a questo fine, lo scritto di Giorgio Mortara¹ che sei anni dopo la fine della guerra traccia un bilancio lucidissimo e assai approfondito degli effetti del conflitto mondiale sulla popolazione. L’autore utilizzò i dati della Direzione Generale della Statistica (Atti di stato civile, Statistiche delle cause di morte) e della Sanità Pubblica e Militare, fornendo informazioni preziose e analisi dettagliate della demografia al tempo della Grande Guerra, non solo per l’Italia ma anche per i principali Paesi europei.
La prima conseguenza dell’entrata in guerra: il crollo della nuzialità.
Scrisse Mortara: “Il richiamo sotto le armi di milioni di uomini e il disagio economico causato dalla guerra esercitano una influenza immediata, nel senso di una diminuzione della nuzialità”. Ed infatti il tasso di nuzialità crollò da circa sette matrimoni ogni mille abitanti nel periodo prebellico a meno di tre durante gli anni di guerra.
Mortara, stimò che nel periodo bellico si fossero conclusi 565.000 matrimoni in meno rispetto al quinquennio precedente. A guerra finita, però, si verificò un ampio recupero dei matrimoni “perduti” . Dalla Tabella riprodotta dal libro di Mortara, raggruppando i dati in tre quadrienni (anteguerra, 1911-14; guerra, 1915-18; dopoguerra, 1919-22), si desume un dimezzamento dei matrimoni nel periodi di guerra rispetto a quello anteguerra (494.000 contro 924.000), mentre il loro numero quasi triplica tra il quadriennio bellico e quello postbellico (da 494.000 a 1.644.000).
«Tra i danni di natura demografica che la guerra determina, il più grave è quello che colpisce la natalità»
Anche per effetto del rinvio dei matrimoni, le generazioni nate durante il conflitto furono meno numerose di quelle precedenti: nel 1918 nacquero mezzo milione di bambini in meno rispetto a 5 anni prima. Nel complesso – tra il 1915 e il 1919 – vi furono circa un milione di nascite in meno rispetto al quinquennio precedente. Alla fine della Guerra, però, diversamente da quanto si osserva per i matrimoni, non si verificò un recupero delle mancate nascite, ma l’ammontare dei nati ritornò ai livelli precedenti.
La brusca riduzione della natalità del periodo bellico, fu il preludio di un declino continuo e costante che non si è più arrestato fino agli anni Sessanta (il cosiddetto baby boom). A seguito della Grande Guerra, la natalità italiana subì un cambiamento permanente e si avvicinò così ai livelli allora tipici nell’Europa centrale e in quella settentrionale.
In base ai dati dell’epoca, il calo della natalità fu particolarmente forte nelle Regioni di confine (Piemonte, Lombardia, Veneto) e non venne recuperato negli anni successivi al conflitto. Mortara sottolinea: «La quasi mancanza di compenso colpisce maggiormente perché il disavanzo dei 600 mila matrimoni era stato quasi completamente recuperato nel 1922». Nel complesso, l’autore valuta il disavanzo delle nascite durenta il periodo bellico pari a quasi un milione e mezzo rispetto alla media 1911-13.
Il calo delle nascite durante il primo conflitto presenta un effetto «eco» a distanza di 25/30 anni. Tale effetto, tuttavia, è di difficile stima perché –proprio in quel periodo – le poco numerose generazioni nate durante la prima guerra traversarono i disastri e le difficoltà della seconda guerra mondiale, nel pieno della loro età riproduttiva..
La tragedia della mortalità
Il numero di morti nel primo conflitto mondiale fu enorme, sia per le perdite dovute alla guerra di trincea sia per il coinvolgimento della popolazione civile. Si stima che nel quinquennio ci furono 4 milioni 700 mila morti, 1,2 milioni in più del quinquennio precedente e 1,5 milioni in più rispetto al quinquennio successivo. Basti pensare che nel secondo conflitto mondiale il numero «in eccesso» di morti stimato – in un periodo più lungo e per una popolazione più numerosa – è pari a meno della metà. Nel periodo precedente il conflitto, la mortalità dell’Italia era in sostenuta discesa: Mortara sottolinea che «il numero medio annuo di morti per 1000 abitanti, che si aggirava sui 30 all’inizio del cinquantennio 1864-1913, si era abbassato sotto i 20 intorno al 1911». Tale tendenza si interrompe bruscamente: nel periodo bellico il tasso di mortalità arriva a sfiorare il 40 per mille. La speranza di vita si riduce di 10 anni, fino a toccare nel 1918 i 30,5 anni per gli uomini e i 32,1 per le donne.
Le conseguenze di lungo periodo
Le conseguenze dell’enorme riduzione della natalità e del forte aumento della mortalità si ripercossero sulla popolazione italiana per decenni: nel 1961, più di 40 anni dopo la fine del conflitto, erano ancora visibili sulla piramide dell’età gli effetti del calo delle nascite della Grande Guerra, con una riduzione dell’ammontare della popolazione tra i 40 e i 45 anni (dunque nata durante il conflitto) rispetto alle generazioni precedenti e successive; nel 1991, gli effetti demografici sono ancora visibili nella distribuzione per età (tra i 70 e i 75 anni).
L’effetto «eco» di lungo periodo si intuisce, pur sovrapponendosi alle conseguenze in termini demografici della seconda guerra mondiale.
In conclusione, la Grande guerra determinò, rispetto ai fenomeni demografici, un “terremoto”: oltre all’enorme numero di militari deceduti, dovuto alle modalità di combattimento e alla diffusione della guerra di trincea, anche le perdite della popolazione civile furono ingenti. All’aumento della mortalità, si associò una drastica diminuzione della nuzialità (che venne recuperata negli anni subito successivi al conflitto) e ad un crollo della natalità che, invece, non venne mai recuperato.
Bibliografia essenziale
Istat, L’Italia in 150 anni. Sommario di statistiche storiche 1861-2010, Roma 2011
Giorgio Mortara, La salute pubblica in Italia durante e dopo la guerra, Laterza, (Bari, 1925
Franco Savorgnan,, La guerra e la popolazione, Zanichelli, Bologna 1918
Franco Savorgnan, Demografia di guerra e altri saggi, Zanichelli,Bologna, 1921
¹ Giorgio Mortara, La salute pubblica in Italia durante e dopo la grande guerra, Laterza, Bari, 1925