Nel 2011, il caso ha voluto che cadessero le celebrazioni della nascita del “bambino sette miliardi” e i commenti sul futuro della popolazione mondiale sono stati – anche su Neodemos – numerosi, alimentati anche dalla revisione delle proiezioni demografiche delle Nazioni Unite1. Ricordiamo che queste, nella cosiddetta “variante media”, prevedono una crescita della popolazione dei paesi in via di sviluppo da 5,7 miliardi nel 2010 a 8 miliardi nel 2050; e che questo risultato – nonostante il cospicuo aumento tra le due date – implica un rallentamento dell’incremento annuo, che dall’1,35% nel 2010 dovrebbe ridursi allo 0,48% nel 2050. Aggiungiamo anche che questo rallentamento si dovrà alla prevista riduzione della fecondità tra i due periodi sopra indicati, da 2,63 a 2,18 figli per donna. Se invece la fecondità si bloccasse ai livelli attuali, la popolazione del mondo meno sviluppato raggiungerebbe, nel 2050, i 9,7 miliardi . Si può stimare che un rallentamento della riduzione della fecondità costerebbe – rispetto agli 8 miliardi previsti nel 2050 – circa 380 miliardi di persone in più per ogni decimo di punto di fecondità in eccesso, nel 2050, rispetto all’ipotesi adottata (cioè 2,18 figli per donna). Nell’ultimo secolo, l’aumento della diffusione del controllo volontario delle nascite – nei paesi che ancora chiamiamo “in via di sviluppo”- si è accompagnato alla introduzione dei programmi nazionali di pianificazione familiare (PNPF) ed al rafforzamento della loro efficienza e qualità. C’è consapevolezza che un eventuale indebolimento dei PNPF – dovuto a mutamenti nelle politiche, a minori investimenti, ad un deterioramento della loro qualità – possa riflettersi in aumenti demografici più accelerati rispetto al previsto con effetti negativi sullo sviluppo, soprattutto nei paesi dell’Africa sub-sahariana ed in alcuni paesi dell’Asia.
La valutazione dei programmi
Un recente studio aggiorna un’indagine internazionale sulle tendenze dei PNPF in 81 paesi in via di sviluppo2. Valutare complessi programmi e sintetizzare i risultati non è semplice. Essenzialmente l’indagine si base su un complesso questionario somministrato ad un numero variabile (10-15) di esperti del settore in ciascun paese oggetto dell’inchiesta; ciascun esperto doveva valutare 31 aspetti dei programmi in essere; i giudizi relativi sono stati poi sintetizzati con riferimento a quattro aspetti dei PNPF: le politiche, i servizi, la valutazione e l’accesso, e ulteriormente sintetizzati per esprimere un voto generale. Gli indici sintetici sono espressi in percentuali di un massimo teorico. Gli indicatori relativi alle politiche (8 item) includono, tra l’altro, le disposizioni legislative e regolamentari e l’atteggiamento delle forze politiche e sociali; quelli relativi ai servizi (13 item) includono gli aspetti operativi dei PNPF come il coinvolgimento del settore privato, numero e qualità del personale, la distribuzione e il marketing. Il capitolo valutazione (3 item) riguarda le metodologie di valutazione e l’uso dei risultatati; quello dell’accesso (7 item), i metodi disponibili, quali l’aborto legale, la sterilizzazione maschile e femminile, i singoli contraccettivi.
Programmi più forti, ma non tanto
La tabella 1 riporta, in sintesi, per le varie aree regionali, gli indici sintetici relativi al 1999, al 2004 e al 2009. Nell’insieme c’è un certo rafforzamento dei programmi ad esclusione dell’Asia che pur avendo uno score alto ha subito un lieve arretramento tra il 1999 e il 2009. Il divario tra aree regionali, che era assai cospicuo, si è fortemente ridotto. Il maggiore rafforzamento nei programmi si è avuto nelle repubbliche dell’Asia Centrale e nell’Africa Francofona, che tuttavia ha l’indice sintetico più basso. Scendendo ai singoli paesi, preoccupa la bassa classifica del paese più popoloso dell’Africa – la Nigeria (160 milioni di abitanti, tasso di incremento pari al +2,5%) – con un indice pari appena a 33,6, contro una media generale di circa 50. Indici sintetici come quello qui brevemente riportato vanno, naturalmente, presi con grande cautela. Questi, infatti, non misurano la performance delle politiche, ma il grado dello sforzo fatto dai vari paesi, indipendentemente dai risultati raggiunti. Ed è possibile che una volta raggiunti livelli di bassa fecondità, gli investimenti in PNPF possano diminuire, considerando che cauti comportamenti riproduttivi facciano ormai parte del costume e non necessitino di un’organizzazione esterna che li favorisca. Tuttavia una crescita demografica troppo rapida – come lo è ancora oggi in tante parti del mondo – aggiunge ulteriori ostacoli di ordine sociale, economico ed ambientale allo sviluppo. Occorre dunque che anche i PNPF – sempre che non siano coercitivi od intrusivi – continuino a fare la loro parte, facilitando il cammino delle coppie verso una riproduttività effettivamente scelta.
Note
1 – Redazione, Nazioni Unite: popolazione del mondo stazionaria alla fine del secolo, Neodemos, 11/05/2011; Gustavo De Santis, Si fa presto a dire 7 miliardi, Neodemos, 09/11/2011; Redazione, Bambino sette miliardi. E se nascesse a San Marino, Neodemos,27/10/2011
2 – J. Ross e E. Smith, Trends in National Family Planning Programs, 1999, 2004 e 2009, “International Perspectives on Sexual and Reproductive Health”, Alan Guttmacher Institute, vol 37, n.3, Settembre 2011.
L’efficienza dei programmi di pianificazione familiare nel mondo
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