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La politica migratoria “a punti” del Regno Unito

Il dibattito sull’immigrazione è sequestrato dalla polemica politica, e dall’uso strumentale che se ne fa. Eppure tutti sanno che il fenomeno migratorio è componente strutturale della società italiana e che, nei prossimi decenni, passata la crisi attuale, il paese continuerà a ricevere consistenti flussi di immigrazione. Pochi però si pongono una domanda cruciale: quale modello di immigrazione, e quali tipologie di migranti, convengono al nostro paese? L’immigrazione deve essere solo guidata dalle necessità del mercato del lavoro? Deve essere di breve o lungo periodo? Qualificata o non qualificata? Si deve incoraggiare o impedire l’arrivo dei familiari? L’immigrato è un serio candidato alla cittadinanza, o questa deve essere assegnata solo col contagocce?

Il Regno Unito è un paese che ha cercato di rispondere a questi quesiti, dandosi una nuova politica basata sulla valutazione “a punteggio” dei candidati, assegnato valutando la loro funzionalità alla società britannica. E’ una politica sperimentata in Canada, Australia e Nuova Zelanda, e che in Europa sta destando interesse, come dimostrano recenti modificazioni legislative in Germania e in Danimarca. Nell’articolo che segue, Neodemos fornisce ai lettori alcuni elementi fondanti della nuova politica migratoria del Regno Unito, entrata in vigore lo scorso anno.

 

I principi della nuova politica

Nel 1994, il Regno Unito aveva consolidato in Parlamento la propria complessa politica migratoria: per la verità, con empirismo anglosassone, si trattava di Immigration Rules (regole per l’immigrazione), definite dai documenti ufficiali come le “pratiche che regolano l’entrata e la permanenza nel Regno Unito delle persone soggette a controllo migratorio, per motivi di visita, studio, lavoro, riunione familiare e che riguardano le procedure di asilo, i respingimenti e le deportazioni”. Dal 1994 al 2008, però, queste regole consolidate avevano subito più di 50 diverse modifiche rendendo complesse, intricate e poco chiare le disposizioni, tanto che esistevano 80 diverse vie per le quali i cittadini non europei potevano entrare nel paese. Un esempio dei scarsa coerenza è costituito dal fatto che la concessione del permesso di lavoro, per uno straniero, dipendeva da due decisioni emesse da autorità diverse: una concedeva al datore di lavoro il permesso, l’altra approvava la candidatura dello straniero, con decisioni eventualmente in contrasto e non guidate da intenti omogenei. La riforma è stata ispirata dalla semplificazione, dalla chiarezza e dalla coerenza delle regole, e da tre principi sottostanti. 1) Identificazione dei migranti che più possono contribuire alla società britannica e renderne più attrattivo il reclutamento; 2) Rendere più efficienti, trasparenti e oggettivi i criteri di reclutamento e ammissione; 3) Migliorare il rispetto delle regole e restringere le possibilità di abuso.

 

I cinque livelli di ammissione

La nuova politica si basa su cinque livelli (tier) di ammissione, ciascuno dei quali richiede criteri specifici e  requisiti precisi per l’accettazione delle candidature. Inoltre, l’ammissione per gli immigrati per ciascun livello viene decisa sulla base di punteggi, mentre lo sponsor (individuale o istituzionale) dell’immigrato viene costretto al rispetto di regole stringenti per evitare gli abusi.

I cinque livelli di ammissione (sono esclusi i turisti e i visitanti) sono i seguenti:

1)-Persone altamente qualificate (skilled) che contribuiscono alla crescita e allo sviluppo della produttività; in questa categoria rientrano anche persone con capitali da investire e gli imprenditori;

2)-Persone qualificate che abbiano un’offerta di lavoro e che riempiono vacanze nella forza di lavoro nazionale;

3)-Un numero limitato di lavoratori a bassa qualificazione per soddisfare specifici e transitori vuoti nella forza di lavoro;

4)-Studenti;

5)-Mobilità giovanile e lavoratori temporanei: si tratta di persone cui viene permesso di lavorare per un periodo limitato nel Regno Unito con l’obbiettivo di soddisfare obbiettivi di natura principalmente non economici (per es: settore non profit).

I livelli 1 e 2, che raggruppano gli immigrati che contribuiscono di più allo sviluppo, hanno aperta la via per un vero e proprio insediamento nel paese. I livelli 3-5 hanno, invece, natura temporanea: ci si attende che chi entra per questi percorsi ritorni al paese di origine. Salvo che per gli studenti del livello 4, non è permesso passare da un livello all’altro. I candidati dei livelli 2-5 debbono avere uno sponsor (datore di lavoro, istituzione privata o pubblica) approvato e certificato.

 

La pagella per i molto qualificati

Il sistema del Regno Unito è in vigore, per ora, relativamente ai livelli 1 e 2. Tutti i candidati al Livello 1, che conseguono un certo punteggio, vengono ammessi, senza tetti numerici, che invece esistono nel sistema assai simile vigente in Australia. Vengono attribuiti un massimo di 15 punti per la conoscenza linguistica (10 per la conoscenza, e 5 se si ha una conoscenza anche del gergo professionale) e un massimo di 10 punti per la capacità di mantenersi autonomamente; da 5 a 20 punti per l’età; da 30 a 50 per le qualifiche accademiche; da 5 a 45 per il reddito da lavoro conseguito nel paese di origine in tempi recenti; fino a 5 punti per le qualifiche della, o del, partner; fino a 5 punti se si è avuto già un’esperienza di lavoro nel paese; fino a 25 se c’è uno sponsor istituzionale e fino a 10 se c’è una richiesta da ente pubblico. Chi accumula almeno 95 punti viene automaticamente ammesso; chi non supera i test di lingua e di ”mantenimento” viene escluso.

La politica sommariamente descritta deve poggiarsi su un sistema amministrativo coerente ed efficiente. L’obbiettivo è di massimizzare “l’utilità” del migrante per la società inglese e di minimizzare il rischio di conflitto o di “disadattamento”. Un po’ meccanica, forse, ma realista e trasparente, due caratteristiche che non tutte le politiche immigratorie praticate in Europa possono vantare.

 

 

Home Office, A Points-Based System: Making Migration Work for Britain, London, s.d, pp. 7-11, 15-18.

OECD, International Migration Outlook. Sopemi 2008, Paris, 2008, pp. 104-05

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