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L’’Italia del futuro:così si eviterà il declino demografico(*)

L’Italia non è destinata al declino demografico ed è un paese d’immigrazione. Questi i contorni del cambiamento alla luce dei nuovi scenari Istat per la popolazione da qui al 2051[1]. Un’immagine forse diversa da quella alla quale anche i demografi ci avevano abituato.

 

Il mancato declino dell’ammontare complessivo della popolazione è una sorpresa per chi ha sottostimato l’effetto dei flussi migratori sul totale della popolazione, della ripresa della natalità nelle regioni più avanzate, dell’aumento della longevità. Lo scenario “centrale” Istat vede un aumento da 59,1 milioni nel 2007 fino a 62,3 milioni del 2038: nei prossimi decenni l’Italia non si spopolerà affatto.

L’irreversibilità e la consistenza numerica nel lungo periodo della popolazione straniera o di origine straniera non sono certo delle sorprese. Sono però realtà difficili da accettare, come mostra il dibattito sull’immigrazione, esasperatamente concentrato sull’emergenza, come in questi giorni nella discussione sul reato di immigrazione clandestina. Non succede solo da noi: persino in Germania, dopo decenni di flussi di immigrati, nel 2006 il ministro degli interni tedesco Schäuble può dichiarare “Non siamo mai stati un paese d’immigrazione e non lo siamo neanche oggi”. Lo scenario Istat “centrale” prevede al 2038 una presenza di 9,2 milioni di stranieri, il 14,8% della popolazione complessiva, quota che tenderà poi ad aumentare. Probabilmente una sottostima, se pensiamo che non sono considerati, se non implicitamente nei flussi futuri, gli irregolari oggi presenti; inoltre persino lo scenario “alto” prevede meno immigrati di quanti non se ne siano osservati nella realtà degli ultimi anni. Forse una sovrastima degli “stranieri”, se pensiamo che le regole di accesso alla cittadinanza non potranno rimanere immutate di fronte all’inclusione di alcuni tra essi come nuovi italiani.

 

Se per riflessioni più dettagliate è necessario un accurato studio delle previsioni demografiche Istat, i dati pubblicati mostrano nitidamente gli sviluppi della rivoluzione demografica in corso. Si consoliderà la ripresa della fecondità dai livelli minimi degli anni novanta. Proseguirà l’aumento della durata della vita, con le donne che potrebbero arrivare a vivere in media 90 anni attorno al 2050, ribadendo, qualora ce ne fosse bisogno, la spinta demografica verso l’aumento dell’età al pensionamento. Si accentuerà il vero declino demografico italiano: quello del Sud, dove in assenza di cambiamenti la popolazione inizierà a calare tra pochi anni.

Fa bene l’Istat, anche per evitare errori di interpretazione delle previsioni demografiche, prese troppo spesso come verità fattuali, a sottolinearne l’incertezza, soprattutto quando si guarda al 2030 o al 2050. Farebbero bene, però, la classe politica e quella imprenditoriale ad approfittare di queste previsioni per adottare una strategia di medio-lungo periodo, che comprenda realisticamente il governo della rivoluzione demografica in corso.

 


[1] V. http://www.demo.istat.it/ e http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20080619_00/testointegrale20080619.pdf

 

(*) Una versione cartacea di questo articolo è stata pubblicata sul “Sole 24 Ore” del 20 giugno 2008.

 

 

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