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La crisi demografica della Sardegna

Si sono appena svolte in Sardegna le elezioni regionali, ma il tema natalità è entrato solo marginalmente nel dibattito elettorale. Eppure, come mostrano Marcantonio Caltabiano e Gabriele Ruiu, la Sardegna è caratterizzata da una bassissima fecondità e da prospettive estremamente negative per il futuro della sua popolazione, specialmente nelle aree interne.  Limitare il declino sarebbe ancora possibile se si agisse immediatamente sugli ostacoli alle scelte di fecondità che le giovani coppie devono affrontare.

Si sono appena svolte in Sardegna le elezioni regionali, ma il tema natalità è entrato solo marginalmente nel dibattito elettorale. Eppure la situazione demografica della regione è estremamente negativa (Figura 1): quelle che dovrebbero essere le risorse del futuro, i giovani, sono sempre più scarsi. Inoltre, la tendenza negativa si è accentuata a partire dal 2010, subito dopo la grande crisi economica del 2008, con un numero di nati sempre più basso.

Vediamo qualche cifra: nel 2022 i nati sono stati 7.703, il minimo dall’Unità d’Italia, e poco più di metà rispetto al 2012, quando le nascite erano state 12.444 (a loro volta la metà di quelle del 1978 quando i nati erano stati 25.335). 
Se esaminiamo il numero medio di figli per donna, la situazione non cambia. Questo indicatore è sotto 1 dal 2019, sotto 1,2 dal 1993, senza aver mai mostrato accenni di ripresa negli ultimi decenni. Un trentennio, quindi, al di sotto della soglia (1,3) chiamata in letteratura lowest-low fertility (bassissima bassa fecondità) (Billari et al. 2004), in cui viene a mancare il ricambio tra generazioni.

La straordinaria crescita delle donne senza figli

Questi valori bassissimi sono frutto del sempre maggior numero di donne senza figli (Tabella 1). Abbiamo stimato il numero di donne sarde rimaste senza figli fino alla generazione del 1985 (37 anni nel 2022), e il risultato mostra valori crescenti, fino ad arrivare al livello record di oltre il 40% tra le nate a metà anni ’80 del secolo scorso, a meno di un cospicuo rialzo del numero di madri quarantenni nei prossimi anni, età a cui – nonostante i recenti progressi in tema di procreazione assistita – la probabilità di avere il primo figlio declina piuttosto velocemente. Vi è inoltre da dire che l’isola si caratterizza già per un numero di madri primipare over 40 eccezionalmente alto. Esse rappresentano il 13% delle madri al primo figlio nel 2022, dato che si pone ben al di sopra del 9% registrato a livello nazionale e dell’8% del resto del Meridione. Difficile immaginare che ci si possa spingere oltre.

Al numero decrescente di nati si accompagna un flusso migratorio verso le altre regioni sempre negativo, sebbene parzialmente compensato dal saldo migratorio positivo verso l’estero. 
Il risultato di queste dinamiche è un declino della popolazione sarda ormai già avviato (Figura 2) e, come mostrano le ultime previsioni Istat (Istat 2023), destinato a ridurre drasticamente  il numero di abitanti dell’Isola, le cui dimensioni  dovrebbero scendere verso la fine di questo secolo ai livelli di inizio Novecento.
A questo declino si affiancherà un fortissimo invecchiamento, con una quota di popolazione ultrasessantacinquenne  che dal 25% attuale dovrebbe arrivare a superare il 40% del totale.

Crisi demografica: cause e rimedi

Un recente contributo di Breschi, Perra e Ruiu (2023) individua tra le cause più importanti della crisi la sfiducia delle giovani coppie circa la loro stabilità economica presente e futura. Un mondo sempre più precario a cui i giovani fanno fatica ad adattarsi, anche vista la grande importanza che la cultura sarda pone sul raggiungere l’autonomia economica dalla propria famiglia (a cui tradizionalmente contribuiva anche la donna) di origine prima di considerare l’idea di creare un nuovo nucleo. È forse proprio questa enfasi sull’autonomia che contribuisce a porre l’isola al di sopra del resto del meridione per tasso di attività femminile (54% nell’isola nel 2022 contro il 41% medio del Mezzogiorno, 56% per l’Italia). Eppure, ciò non basta a risolvere l’incertezza economica, anche perché non basta avere un lavoro, ma esso deve garantire anche una certa fiducia circa il proprio futuro e sulle prospettive da offrire ai propri figli. 

Un ulteriore elemento sembra confermare questa lettura del fenomeno. I dati ci dicono infatti che le coppie sarde sembrano aver rinunciato al matrimonio, in quanto fonte di ulteriori spese e che esso avviene spesso anche anni dopo la nascita del primo figlio. Il 47% delle nascite nel 2022 nell’isola si deve a genitori mai coniugati e questo è il dato più alto in Italia. Se il matrimonio avviene, spesso è in comune (il 66% nel 2021) senza grandi festeggiamenti. Eventualmente la funzione in Chiesa viene rimandata a tempi migliori suggeriscono Breschi, Perra e Ruiu. Questo potrebbe rappresentare un segno di una società che ancora rispetta tale istituzione, ma che la sacrifica per non gravare ulteriormente le proprie famiglie di spese legate alla celebrazione. L’isola insomma rappresenta forse un caso più unico che raro in cui il contesto macro-economico e norme culturali hanno contribuito a creare la “depressione demografica perfetta”. 

A causa di ciò, la trappola demografica è già fortemente serrata sull’isola e non c’è più tempo per rimandare eventuali interventi per aiutare le giovani coppie sia sul piano lavorativo che su quello della cura dell’infanzia. Sebbene anche da altri autori sia stato segnalato che non esista una ricetta magica utile in ogni contesto, sembra improbabile che senza il giusto mix tra politiche che favoriscano la transizione dalla scuola ad un lavoro qualificato e servizi di conciliazione, l’isola possa almeno limitare il tracollo demografico previsto dall’Istat. 

Va detto che sul piano dei servizi, lo spopolamento ormai già molto pronunciato delle aree interne, rende difficile creare un’offerta laddove è sempre più debole la domanda. Questo alimenta un circolo vizioso, in cui la bassa densità abitativa induce al taglio dei servizi e quest’ultimo alimenta ulteriormente la fuga dalle aree interne. L’isola è però uno degli obiettivi primari delle politiche di coesione europea, i fondi per agire in linea di principio non mancano, ma ciò significa che sarà dunque indispensabile essere in grado di utilizzarli e di farlo bene. 

Riferimenti

Breschi, M., Perra, M. S., Ruiu, G. (2023), Sardegna senza futuro? L’isola nella spirale della decrescita demografica. Forum, Udine.

Istat (2023). Previsioni della Popolazione Residente e delle Famiglie – base 1/1/2022. Collana Statistiche Report. Istat, Roma.

Kohler, H.-P., Billari, F.C., Ortega, J.A. (2002), The Emergence of Lowest-Low Fertility in Europe During the 1990s. Population and Development Review, 28: 641-680. https://doi.org/10.1111/j.1728-4457.2002.00641.x

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