Popolazione mondiale:

Popolazione italiana:

Giovani (0-19 anni):

Anziani (64+ anni)

La guerra dei fiumi

Non manca l’acqua dolce sul pianeta, ma è mal distribuita, e la sua appropriazione genera conflitti tra stati. Massimo Livi Bacci presenta i casi delle acque del Nilo, del Tigri e dell’Eufrate, e del Brahmaputra, con riferimento alla loro difficile gestione e alla conflittualità tra gli stati che essi traversano.

L’acqua dolce è un bene prezioso e in linea di principio abbondante sul pianeta, ma è gravemente maldistribuita; essa viene sprecata e inquinata, e molti paesi e regioni soffrono della sua mancanza. C’è una stretta relazione tra disponibilità di acqua, produzione agricola e di cibo e cambio climatico. Questa relazione però è sotto stress a causa della domanda crescente di cibo per una popolazione che, prima della metà del secolo, sarà tra un miliardo e mezzo e due miliardi più numerosa di oggi prima della metà del secolo.

Acqua, troppa e troppo poca

 Nell’ultimo mezzo secolo, l’umanità in crescita numerica ha consumato, ogni anno, un punto percentuale di acqua in più, per usi agricoli, industriali e domestici (Figura 1).  L’autorevole, e solitamente edulcorato, Water Development Report del 2023, asserisce che nei prossimi decenni “gli effetti combinati della crescita demografica, dell’aumento dei redditi e dell’urbanizzazione determineranno un aumento esponenziale della domanda di acqua, mentre la sua disponibilità diventerà più erratica e incerta” generando nuove scarsità e aggravando quelle strutturali, soprattutto nel Medio Oriente e nel Sahel.1 Il riscaldamento globale aggraverà, ovviamente, la situazione dove questa è oggi precaria. Inoltre “la crescita demografica implica la diminuzione delle quantità pro capite disponibili, accentuando la competizione tra paesi che hanno esigenze e obiettivi diversi, spesso restii a considerare l’acqua come un “bene comune”.2 All’inizio di questo secolo, si stimava che circa due miliardi di persone vivessero in aree con seria scarsità di acqua, ma un altro miliardo si aggiungerà a questa massa attorno al 2050.3

L’accaparramento dell’acqua è dunque un tema con forti implicazioni geopolitiche, e la crescita della popolazione, territorialmente disuguale, ne è parte in causa. In quelle regioni percorse da fiumi transfrontalieri, i contenziosi e i conflitti sono la regola, non l’eccezione. Molti di questi si trascinano, irrisolti, per anni. C’è una pletora di accordi tra stati per regolare l’uso dell’acqua, ma il variare delle condizioni demografiche, politiche, economiche e ambientali dei contraenti, implicano che quasi mai siano definitivi e che spesso vengano disattesi.4 

Superior stabat lupus… il Nilo…

I percorsi dei fiumi, dall’alto al basso e da monte a valle, pongono in posizione di forza i paesi upstream nei confronti di quelli downstream: i primi possono intercettare, inquinare, deviare le acque, i secondi devono subire le conseguenze di questi atti. Rimane attuale la favola di Fedro…” Superior stabat lupus, longeque inferior agnus” con le ben note conseguenze. Che nel mondo attuale si traducono in controversie, minacce e conflitti.

Sono molto significative, ai nostri fini, tre complesse situazioni. La prima, in Africa, riguarda il corso del Nilo. La seconda il Tigri e l’Eufrate. La terza il corso del Brahmaputra. Fiumi con percorsi transfrontalieri, vitali per i paesi che attraversano e oggetto di pericolose controversie.

Il Nilo è vitale per i tre paesi che traversa, Egitto e Etiopia, paesi con oltre 100 milioni di abitanti, e il Sudan, che ne ha “appena” la metà. Non certo paesi tranquilli, l’Etiopia col sanguinoso conflitto con la regione del Tigrai non ancora sedata, il Sudan in piena guerra civile (2023). Egitto e Etiopia, inoltre, hanno ambiziosi programmi di crescita e di modernizzazione dei loro paesi. I trattati che regolavano l’uso del fiume, rimontanti al 1929 e al 1959, assicuravano all’Egitto i due terzi dell’acqua, e un diritto di veto su interventi strutturali a monte del paese. Convenzioni andate in pezzi, quando nel 2011 l’Etiopia ha annunciato il progetto della Grand Renaissance Ethiopian Dam (GERD), una gigantesca infrastruttura destinata a produrre energia per il paese, intercettando l’acqua del Nilo azzurro (che confluisce col Nilo bianco in Sudan). Il grande invaso ha cominciato a riempirsi nel 2020, e dal 2023 gli impianti generatori di energia elettrica sono in funzione. L’Egitto ha contrastato furiosamente la realizzazione del progetto; teme una riduzione del flusso di acqua e aborre l’idea che i rubinetti del flusso, in mano etiope, non siano adeguatamente manovrati in caso di siccità. Il Sudan è meno ostile, e potrebbe trarre vantaggi, pur temendo danni da una gestione della diga che fosse contraria ai suoi interessi. La controversia non si è limitata alla diplomazia e alla politica, le minacce sono andate ben oltre, fino a prefigurare la possibilità di un conflitto armato. Il primo ministro etiope Abiy Ahmed dichiarò “Nessuna forza può impedire all’Etiopia di costruire una diga. Se c’è bisogno di scendere in guerra, milioni sono pronti a farlo”.5 La stabilità della regione è connessa strettamente a un’equa soluzione delle controversie, che non sono campate in aria. 

Tigri e Eufrate, Brahmaputra

La competizione per le acque del Tigri e dell’Eufrate, coinvolge la Turchia, la Siria e l’Iraq, territori questi ultimi martoriati dalla guerra, nella regione più conflittuale del mondo. Il South Eastern Anatolian Project (GAP) avviato dalla Turchia, è in via di completamento con la costruzione della diga sul Tigri (Ilisu Dam), ultima di una serie di 22 per lo sfruttamento delle acque dei due fiumi, tramite 19 impianti idroelettrici e sistemi di irrigazione (Figura 2). Il GAP è un vasto progetto di investimenti che mira a sostenere lo sviluppo economico della regione sudorientale del paese, fortemente svantaggiata. La sua realizzazione ha determinato una considerevole diminuzione dei flussi che attraversano i due paesi a valle, con danni rilevanti per l’agricoltura, che prospera nelle aree paludose e umide mesopotamiche, e delle popolazioni della regione. 

Il terzo caso emblematico riguarda il Brahmaputra, che nasce dall’altopiano tibetano, percorre un lungo tratto da ovest ad est, in territorio cinese (col nome di Yarlung Tsangpo), e entra in India nell’Assam, scorre nel Bangladesh e sbocca infine nel golfo del Bengala. Va detto che l’altopiano e il sistema montuoso che lo circonda, dà origine al grande sistema fluviale asiatico, che include da ovest a est, Indo, Gange, Brahmaputra, Fiume Giallo, Yangtze, Mekong e altri minori, fornendo acqua a un quarto dell’umanità (Figura 3). Il conflitto che si è aperto tra Cina e India riguarda il progetto, annunciato nel novembre del 2020 da Pechino, della costruzione di un gigantesco impianto idroelettrico lungo il corso del Brahmaputra (chiamato Yarlung Tsangpo nel percorso cinese), incluso nel Piano Quinquennale 2021-25. Il fiume fornisce un’alta proporzione di acqua all’India (e al Bangladesh) vitale per l’agricoltura, e questa si oppone al progetto, sollevando un conflitto che ha generato timori dell’esplodere di azioni di guerra, anche perché il fiume traversa lo stato himalayano del Arunachal Pradesh, che è amministrato dall’India, ma reclamato dalla Cina come parte del Tibet. “La Cina è la superpotenza posta a monte del sistema idrico dell’Asia, ma non ha una politica propria sui fiumi transfrontalieri, e le controversie che insorgono vengono trattate nelle politiche bilaterali con i singoli paesi posti a valle. La sua diplomazia dell’acqua è guidata dalle questioni interne, che riguarda la sicurezza degli approvvigionamenti idrici e energetici”6 Buona parte dei grandi fiumi dell’Asia hanno origine dal plateau tibetano in Cina e scorrono a valle irrigando 18 nazioni, con una enorme influenza. “Progetti quali la costruzione di dighe e di impianti idroelettrici alimentano le  tensioni politiche regionali e ne alimentano di nuove”.7 Superior stat lupus…a oltre quattromila metri di altezza, grande e forte. 

Ai tre casi brevemente illustrati se ne potrebbero aggiungere molti altri relativi alle controversie e ai conflitti tra stati rivieraschi di fiumi come il Giordano (Giordania, Stato Palestinese, Israele), l’Indo (Pakistan e India), il Mekong (Cina, Vietnam, Tailandia). L’intreccio tra dinamica delle popolazioni, crescita economica, rivendicazioni storiche e geografiche, influenza gli equilibri regionali e i rapporti tra stati. Con la partecipazione, non neutra, del fattore demografico.

Note

1 UNESCO, The United Nations Water Development Report 2023, Parigi, 2023

2 Giorgio Federici, L’acqua: troppa o troppo poca, “Gnosis”, n, 2, 2023

3 Alberto Boretti e Lorenzo Rosa, Reassessing the projections of the World Water Development Report, npj Clean Water, 2:15, 2019

4 La Convention on the Protection and Use of Transboundary Watercourses and International Lakes, approvata a Helsinki, 17 Marzo 1992, è stata fino ad oggi ratificata da un numero limitato di stati

5 Citato nella voce Water Conflicts, Wikipedia

6 Geneviève Donnellon-May, China’s Super Hydropower Dam and Fears of Sino-Indian Water Wars, “The Diplomat”, 3 maggio 2022, China’s Super Hydropower Dam and Fears of Sino-Indian Water Wars – The Diplomat

7 Pak Yiu, China dams make ‘upstream superpower’ presence felt in Asia, Nikkei Asia, 24 luglio 2023, China dams make ‘upstream superpower’ presence felt in Asia – Nikkei Asia

PDFSTAMPA

Condividi questo articolo

Sostieni Neodemos


Cara Lettrice e caro Lettore, fare buona e seria divulgazione è il mestiere che esercitiamo da 15 anni con impegno e entusiasmo e, ci dicono, con autorevolezza. Dacci una mano a fare il nostro lavoro e rafforza la nostra indipendenza con un contributo, anche piccolo. Ci aiuterà a sostenere i costi di Neodemos, e ci incoraggerà a far meglio.

Grazie!

Iscriviti alla nostra newsletter


Due volta la settimana, riceverai una email che ti segnalerà i nostri aggiornamenti


Leggi l'informativa completa per sapere come trattiamo i tuoi dati. Puoi cambiare idea quando vuoi: ogni newsletter che riceverai avrà al suo interno il link per disiscriverti.

Potrebbero interessarti anche