Popolazione mondiale:

Popolazione italiana:

Giovani (0-19 anni):

Anziani (64+ anni)

In Svezia, figli piccoli, guai piccoli; figli grandi, …

La relazione tra avere un figlio e la mortalità dei genitori è già stata studiata, ma il ruolo dell’età del figlio è stato sin qui trascurato. Invece è importante, almeno in Svezia in anni recenti (1991-2012), dove i genitori di figli più giovani sperimentano un netto vantaggio di sopravvivenza, a parità di altre condizioni. A questo risultato contribuiscono sia selezione che cambiamenti comportamentali.

Nella storia dell’umanità, mettere al mondo e crescere figli ha sempre comportato rischi per la salute della madre, che solo nell’ultimo secolo sono stati notevolmente ridotti. Oggi i figli possono rappresentare un rischio in altri ambiti, come ad esempio le prospettive lavorative dei genitori e il doppio carico di gestire sia il lavoro che la genitorialità. Avere la responsabilità di crescere un figlio comporta anche cambiamenti significativi nello stile di vita dei genitori, che devono far fronte alle nuove responsabilità e hanno anche meno tempo per svolgere le loro attività abituali e forse più rischiose. 

Di recente, abbiamo esaminato se tutti questi fattori possano influire sulla salute dei genitori e se l’entità del loro impatto varia a seconda dell’età dei figli: neonati, adolescenti o adulti (Drefahl e Mussino 2023). O meglio: abbiamo messo in luce l’associazione, ma non l’effetto causale, tra la presenza di figli di età diverse e la mortalità dei genitori, sia generale sia per alcune importanti cause.

In Svezia, avere figli piccoli si associa a un ridotto rischio di morte

I dettagliatissimi registri di popolazione svedesi ci hanno permesso di analizzare i rischi di morte di oltre 4 milioni di casi, più o meno equamente divisi tra uomini e donne, di età compresa tra 26 e 50 anni, per il periodo 1991-2012. Usando modelli di sopravvivenza e tenendo sotto controllo una serie di fattori, tra cui ad esempio istruzione e età dei genitori, l’analisi ha confermato come la mortalità dei genitori sia nettamente minore, soprattutto per le donne, rispetto agli adulti senza figli. Inoltre, e questa è un aspetto sin qui trascurato in letteratura, i genitori di figli più piccoli beneficiano di una sostanziale riduzione di mortalità rispetto a genitori della stessa età ma con figli più grandi, e tale vantaggio diminuisce gradualmente con l’aumentare dell’età del figlio (Figura 1 e 2 Modello 1). 

Per verificare la solidità dei risultati, nel modello 2 (Figura 1 e 2) consideriamo solo uomini e donne di età compresa tra i 34 e i 36 anni. A causa del basso numero di decessi, in questo caso abbiamo dovuto aggregare i genitori di bambini di 10 anni e più. Tuttavia, i risultati confermano le conclusioni precedenti, e il confronto col precedente, in particolare, conforta nella conclusione che l’effetto dell’età del figlio più giovane non dipende dall’età dei genitori (corrente, o alla nascita dell’ultimo figlio). Rispetto ai padri e alle madri di un neonato, i genitori di bambini di un anno sperimentano una mortalità più elevata di circa il 50% e i genitori di bambini di età compresa tra 2 e 5 anni una mortalità quasi doppia. Tutti questi bambini sono nati da madri e padri di età compresa tra i 29 e i 36 anni, età in cui la selezione negativa verso la paternità precoce e la selezione positiva verso la paternità tardiva non dovrebbero giocare alcun ruolo o solo un ruolo molto minore, soprattutto per gli uomini.

Mortalità per diverse cause di morte 

Per interpretare questo risultato, abbiamo considerato la mortalità per diverse cause di morte:

1) Neoplasie

2) Malattie del sistema circolatorio

3) Cause esterne e

4) Suicidi.

In questo caso l’osservazione è ristretta alla sola popolazione svedese dei genitori, e i risultati suggeriscono che selezione e cambiamenti comportamentali siano alla base della piu alta sopravvivenza per i genitori con i figli più giovani (Figure 3 e 4).

Gli effetti di selezione si rivelano importanti nello spiegare i ridotti rischi di mortalità per i genitori di bambini piccoli, in particolare riguardo alla mortalità da tumore (neoplasia). La spiegazione più plausibile (che però i dati amministrativi che abbiamo usato non consentono di verificare) è che i (potenziali) genitori con malattie a lungo termine, come ad esempio il cancro, preferiscano posticipare la procreazione: in pratica, solo (o almeno prevalentemente) le persone che si ritengono sane si “lanciano” nell’avventura di avere un figlio, e sono quindi (auto)selezionate.

Il vantaggio più evidente, però, si osserva per le cause di morte esterne e per il suicidio, entrambi innescati da fattori comportamentali e di stile di vita. Questi risultati confermano studi precedenti che hanno evidenziato come avere un bambino piccolo porti a una significativa diminuzione di comportamenti e stili di vita rischiosi ad esempio la riduzione del fumo (Blackburn et al. 2005), il che contribuisce alla riduzione dei rischi di mortalità osservati nello studio.

L’importanza di includere i padri nell’analisi

Da questo studio emerge anche l’importanza di includere i padri nell’analisi, una fetta di popolazione importante ma spesso trascurata nelle ricerche sulla relazione tra fecondità e mortalità. Noi avevamo ipotizzato che l’eventuale effetto dell’età del figlio più giovane sui genitori sarebbe stato meno pronunciato per i padri, poiché la letteratura precedente suggeriva che dare alla luce un figlio ha effetti duraturi sul corpo femminile e perché gli uomini sono generalmente meno coinvolti nella genitorialità rispetto alle donne. Questo studio mostra però che gli uomini, come le donne, beneficiano di un vantaggio di sopravvivenza quando i figli sono giovani.

Tuttavia, è possibile che le somiglianze tra uomini e donne svedesi siano in parte dovute al contesto sociale. La Svezia, come gli altri paesi scandinavi, è ampiamente considerata un esempio di paese di eguaglianza di genere che si riflette per esempio nell’uso del congedo parentale anche da parte dei padri (OECD 2016). Ciò suggerisce che i padri svedesi siano fortemente coinvolti nell’educazione dei loro figli e, pertanto, è probabile che gli effetti positivi associati alla genitorialità siano sperimentati anche dagli uomini svedesi.

Per saperne di più

Blackburn, Clare, Sheila Bonas, Nick Spencer, Alan Dolan, Christine Coe, and Robert Moy. 2005. Smoking behaviour change among fathers of new infants. Social Science & Medicine, 61(3): 517–526.

Drefahl, Sven, and Mussino Eleonora (2023). How does the age of the child affect parental survival? Genus, Issn: 2035-5556, doi: 10.1186/s41118-023-00190-0

OECD. 2016. Background brief on fathers’ leave and its use. OECD Publishing.

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