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Deserti italiani

La popolazione di molte province italiane sta rapidamente diminuendo e invecchiando. Roberto Volpi mostra come – in mancanza di misure adeguate – questo processo di spopolamento rischi di accelerare rapidamente nel prossimo futuro.

Gli italiani considerano l’Italia un Paese iper popolato. E fin qui potremmo convenire. In fondo l’Unione Europea aveva nel 2019 una densità di 109 abitanti per kmq, contro una densità dell’Italia nello stesso anno di 197, superata, dai grandi paesi dell’U.E, dalla sola Germania. La forbice è destinata a contrarsi col passare del tempo, dal momento che la popolazione italiana subirà un ridimensionamento proporzionalmente assai superiore a quello europeo, ma la prospettiva di un suo azzeramento non è alle viste.

Variabilità interna

Ciò detto, è sbagliato immaginare l’Italia, sotto il profilo del popolamento, come una sorta di blocco unico, sostanzialmente omogeneo e di conseguenza pressoché iper popolato in ogni sua parte, con l’ovvia esclusione delle aree montuose più impervie.  E qui invece non ci siamo affatto. l’Italia anche per la sua conformazione fisica – che vede i 302.073 kmq del territorio nazionale così ripartiti: territorio montano 35%, territorio collinare 42%, pianura 23% – ha una formidabile variabilità interna di densità di popolazione. Intere aree del territorio nazionale sono così densamente popolate da raggere ogni confronto internazionale, mentre in altre la densità di popolazione rimanda più a certe sperdute lande africane o asiatiche. Tra i due estremi la distanza è tale da far pensare che territori così lontani come popolamento da sembrare contrapposti non possano che essere la conseguenza di una altrettanto forte contrapposizione sotto il profilo fisico-climatico. E in effetti viaggiando lungo gli oltre mille chilometri di lunghezza dell’Italia sull’asse nord-sud di variabilità tanto fisica che climatica se ne incontra molta. C’è dunque indiscutibilmente un tale fattore nella distanza che separa aree e regioni d’Italia sotto l’aspetto così importante del numero degli abitanti per kmq. Ma per spiegare “tutta” quella distanza occorre pensare anche a fattori economici e socio-culturali, se non vogliamo credere che la sola geografia basti a spiegare tutto anche della storia.

Province spopolate

In Italia abbiamo ad oggi 12 province con neppure 60 abitanti per kmq, meno di un terzo della densità italiana e poco più della metà della densità dell’Unione Europea. Le province in questione, seguendo una graduatoria crescente a partire da quella con la minore densità sono: Nuoro (che con 35 abitanti a kmq è la provincia italiana con la più bassa densità di popolazione), Aosta (38), Grosseto (48), Oristano (49), Sud Sardegna (51), Isernia (52), Potenza (53), Rieti (55), Belluno (55), Matera (55), Sondrio (56), L’Aquila (57).  Di queste, le prime 4 province hanno meno di 50 abitanti per kmq. Se si esclude la provincia di Aosta, completamente in alta montagna, le province di Oristano, Grosseto e Nuoro non sembrano risentire di fattori fisico-climatici così limitanti, se non addirittura invalidanti, sotto l’aspetto del popolamento. Lo stesso si può dire delle altre province, ad esclusione di quella di Sondrio e, in minor misura, di quelle di Belluno e L’Aquila, tutte a (diversa) prevalenza di territorio montuoso. Peraltro, le province di Trento e Bolzano, che non sono, quanto a montuosità, seconde a nessuna delle province più disabitate, non rientrano nell’elenco delle province con meno di 60 abitanti per kmq.

Le dodici province considerate misurano complessivamente oltre 49 mila kmq, per una popolazione totale di 2 milioni e 461 mila abitanti e una densità di 50 abitanti a kmq, un quarto di quella italiana. Questo dato non è solo abissalmente lontano dai valori di densità delle province più densamente popolate, tra le quali quelle di Napoli, Monza e Milano, superano addirittura i 2.000 abitanti a Kmq, ma inclina decisamente in direzione di uno spopolamento di fatto, a maggior ragione in quanto se escludiamo i capoluoghi di provincia e consideriamo il resto dei comuni la densità scende a 41 abitanti a kmq. Un valore che implica vaste aree ben sotto i 30 abitanti per kmq. Nonostante l’ingombrante, ai fini del popolamento, presenza delle Alpi, solo 3 di queste provincie (Aosta, Belluno e Sondrio) si trovano al Nord, 2 (Grosseto e Rieti) al Centro, ben 7 nel Mezzogiorno. Con un gradiente grossomodo di questo tipo: Nord, una provincia a densità di popolazione molto bassa, con aree interne pressoché desertiche, ogni 9 milioni di abitanti; Centro una provincia siffatta ogni 6 milioni di abitanti; Mezzogiorno una ogni 3 milioni di abitanti.

Sono tre le regioni italiane con una tendenza alla desertificazione già assai marcata: la Basilicata, presente nell’elenco con entrambe le province di Potenza e Matera; la Sardegna con ben tre province (Nuoro, Oristano, Sud Sardegna) delle sue cinque complessive e l’Abruzzo e Molise, unite in una stessa regione fino al 1963, con le province de L’Aquila e Isernia sulle sei complessive. Ci sono inoltre altre situazioni critiche sotto questo aspetto – come, per citarne solo due, Enna e Campobasso. La provincia di Enna supera di pochissimo il confine dei 60 abitanti, tanto che il “diritto” a entrare nella graduatoria delle province più desertificate è rimandato probabilmente di non più di un paio di anni – quando andrà a maggior ragione a rappresentare lo spopolamento che sta colpendo le zone più aride della Sicilia; mentre quella di Campobasso finirà per completare lo spopolamento del Molise in tempi di poco più lunghi. Il confine dei 60 abitanti a kmq non è certo un criterio scientifico, ma si pone piuttosto efficacemente come spartiacque. 

Perdita di popolazione

Due punti sono centrali per avvalorare il discorso sulle aree italiane già con caratteristiche di desertificazione. Il primo è che se si tolgono i capoluoghi in nessuna delle dodici province considerate si arriva a 50 abitanti a kmq nel totale dei restanti comuni, complessivamente considerati, delle suddette province. Sotto questa soglia la situazione del popolamento si fa critica, anche se (e la cosa vale segnatamente per le province di Sondrio e Belluno) esso può presentare forti sbalzi tra aree interne alle singole province collegati principalmente a condizioni altimetriche fortemente differenziate. L’altro è ancora più importante e riguarda la più forte perdita di popolazione accusata da queste province dall’anno (2014) in cui, dopo aver raggiunto la punta massima del popolamento, la popolazione italiana comincia a diminuire – cosa che farà indefessamente fino alla fine del secolo, quando, a stare ad alcune stima, si collocherà tra 30 e 40 milioni di abitanti. 

Le 12 province in questione perdono abitanti tra il primo gennaio 2014 e il primo gennaio 2022 a una velocità molto superiore a quella dell’Italia. Infatti mentre la popolazione italiana perde il 2,3% dell’ammontare degli abitanti al primo gennaio 2014, la popolazione delle 12 province a più bassa densità cala del 5,6%, una perdita proporzionalmente 2,5 volte più grande di quella media della popolazione italiana. Non una di queste province perde meno della media nazionale – solo quella di Sondrio ha una diminuzione di pochissimo superiore, in tutte le altre si oscilla tra diminuzioni di popolazione nel periodo considerato che vanno da poco meno del 4 fin quasi all’8%.  Le province con le perdite più alte sono tutte del Mezzogiorno. Altro dato che conferma quello che ormai già sappiamo: il Mezzogiorno perde e perderà abitanti a una velocità ben superiore a quella del Nord, cosicché saranno le sue aree più interne e periferiche a correre il rischio di una desertificazione crescente – come del resto dimostra anche il fatto che le province che scenderanno sotto la soglia dei 60 abitanti a kmq nei prossimi anni saranno a grande prevalenza del Mezzogiorno.

Deserti estesi

I “deserti” non sono affatto piccoli. Al contrario, preoccupano proprio per la loro estensione. Complessivamente misurano infatti, oltre 49 mila kmq, un sesto della superficie nazionale, e sono in aumento. La superficie territoriale media delle 12 province con meno di 60 abitanti a kmq è di 4.095 kmq, il 45% in più dell’estensione media delle province italiane (2.822 kmq). Solo la provincia di Isernia ha una superficie inferiore a quella media delle province italiane. Potenza, Sud Sardegna, Nuoro, L’Aquila, Grosseto sono tra le province più estese. La tendenza a una maggiore estensione è rafforzata anche dall’ampiezza territoriale dei comuni che rientrano in queste province, che hanno una superficie media di 56,3 kmq contro una superficie media di 38,2 kmq dei quasi ottomila comuni italiani. Ma per quanto più piccoli i comuni italiani hanno un numero medio di abitanti che è tre volte superiore a quello dei comuni delle 12 province: 7.462 abitanti contro appena 2.822. Grandi estensioni territoriali tanto provinciali che comunali, dunque, per pochi, pochissimi abitanti che diventano sempre meno: questa in estrema sintesi è la foto dell’incedere del deserto.

Un’Italia di metropoli e lande spopolate

Il confronto con le province con una densità doppia di quella media nazionale, ovvero con più di 400 abitanti a kmq, che sono anch’esse 12, suggerisce un’ultima annotazione. La superficie media di queste 12 province ad altissima densità è assai più piccola di quella media delle 107 province italiane. Anche la superficie media dei comuni di queste province – per quanto comprendano comuni come Roma, Milano e Napoli, i più popolosi d’Italia – è assai più piccola di quella dei quasi ottomila comuni italiani. La media degli abitanti a comune è invece molto superiore a quella dei comuni italiani e ben cinque volte più grande di quella dei comuni delle 12 province meno densamente popolate. 

La perdita di popolazione dell’Italia iniziata alla fine del 2014 avviene in modo tale da approfondire le differenze territoriali del popolamento italiano: “A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. La popolazione avrà infatti una migliore tenuta nelle aree densamente popolate (e ricche); precipiterà in quelle più spopolate (e povere), anche perché se si vanno a guardare i dati per età, si osserva che la maggior perdita di popolazione è concentrata proprio nella popolazione con meno di 50 anni. Alla luce di questi dati demografici, queste province dovranno trovare una ragion d’essere assieme economica e culturale per evitare uno spopolamento ancor più accelerato.

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