Il Decreto flussi firmato poco prima della fine dall’anno dal Presidente del Consiglio segna un netto aumento degli ingressi autorizzati per motivi di lavoro. Resta però da chiedersi se quello attuale sia lo strumento migliore per regolare l’immigrazione in un paese in declino demografico e probabilmente destinato a una forte crescita economica.
Il nuovo decreto flussi
Lo scorso 21 dicembre il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha firmato il decreto che definisce i flussi di ingresso in Italia dei lavoratori non comunitari per l’anno 20211. Il provvedimento prevede 69.700 ingressi, di cui 27.700 per lavoro subordinato non stagionale e lavoro autonomo e 42 mila per occupazioni stagionali nel settore agricolo e in quello turistico-alberghiero. La quota relativa ai non stagionali è attribuita all’autotrasporto merci per conto terzi, all’edilizia e al turismo. Dal 2016 la quota di ingressi è stata sempre pari a 30.850 unità, di cui tra le 17 e le 18 mila per lavori stagionali e tra le 12 e le 13 mila per le occupazioni di maggiore durata. Rispetto quindi agli ultimi cinque decreti l’incremento di quest’anno è notevole, visto che la quota totale risulta più che raddoppiata. Anche se è inferiore a quelle 70-80 mila unità che alcune indiscrezioni della vigilia avevano fatto trapelare, lasciando anche intendere la possibilità di una emanazione in tempi brevi di due decreti, uno per il 2021 l’altro per il 2022, con un totale complessivo di ingressi tra le 140 e le 160 mila unità2. Ipotesi che, per altro, non è stata per il momento formalmente esclusa3.
Questa differenza di cifre è il risultato dell’ampio ventaglio di posizioni sulla gestione dell’immigrazione presente all’interno dell’attuale compagine governativa. Lo stesso Presidente del Consiglio ha, ad esempio, più volte manifestato su questo tema idee decisamente distanti da quelle espresse dai settori della maggioranza favorevoli a una drastica limitazione dei flussi. È però da chiedersi se l’attuale strumento di gestione della programmazione dell’immigrazione per lavoro sia adeguato a un paese in pieno declino demografico e probabilmente destinato a conoscere nei prossimi anni un periodo di forte crescita economica. Non a caso già in questi mesi da vari settori economici sono giunte diverse sollecitazioni ad ampliare il numero degli ingressi previsti4.
Quale politica migratoria?
Del resto la questione migratoria è nel nostro paese talmente controversa e divisiva che difficilmente potrà essere affrontata compiutamente da un governo così composito. In effetti, l’immigrazione è completamente assente dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dalla Legge di bilancio per il 2022 che, invece, mostrano grande attenzione verso la questione demografica. Paradossalmente, il flusso che ha permesso al paese di ritardare di almeno un decennio l’inizio del declino della popolazione non ha meritato alcuna considerazione nei due documenti che dovrebbero delineare il futuro prossimo dell’Italia. In questo modo il paese corre il serio rischio di trovarsi senza una politica migratoria adeguata a una fase di forte crescita economica che, quasi sicuramente, sarà caratterizzata da un sostanzioso aumento della domanda di lavoro straniero, in una situazione di carenza quantitativa e qualitativa dell’offerta nazionale. Con un dibattito che, per di più, rischia di rimanere impantanato sul solo tema degli sbarchi e del controllo dell’immigrazione irregolare, tralasciando completamente la necessità per il nostro paese di dotarsi di una politica degli ingressi efficace.
Sulla sostanziale inadeguatezza dell’attuale normativa è sufficiente ricordare come in venti anni attraverso i decreti flussi sono entrati 800 mila lavoratori stranieri e 1,2 milioni di stagionali, a fronte di due milioni di regolarizzati attraverso le sanatorie messe in atto nello stesso intervallo di tempo5. Una discrepanza che mostra chiaramente come lo strumento attuale non sia mai stato in grado di cogliere pienamente le effettive dinamiche in atto nel mercato del lavoro. La stessa sanatoria dello scorso anno, limitata per altro al settore domestico e a quello agricolo, ha interessato 220 mila lavoratori più del triplo6 di quelli che saranno autorizzati a venire in Italia dal decreto recentemente approvato.
Opzioni per il futuro
Il punto è che l’immigrazione nel nostro paese è legata a una serie di deficit strutturali di natura demografica, economica e sociale che, in questi anni, hanno contribuito a creare tutte le premesse per una sostenuta domanda di lavoro straniero. Una situazione destinata nei prossimi anni a riprodursi, forse anche con maggiore intensità che in passato7. Di tali deficit l’immigrazione non può essere la sola soluzione, ma il suo apporto non può sicuramente mancare. Uno studio condotto sulle future dimensioni della forza lavoro nei paesi dell’Unione Europa ha infatti mostrato come per impedire un drammatico calo dell’aggregato produttore sia necessario in Italia un mix di interventi8. Solo accompagnando le migrazioni con un recupero della fecondità, un aumento dei livelli di partecipazione al lavoro, una crescita del livello di istruzione ed efficaci politiche di equità di genere si può arrivare a ridurre in maniera consistente gli effetti negativi delle attuali tendenze demografiche.
Secondo lo studio citato, se l’Italia ad esempio arrivasse ad avere gli stessi tassi di attività della Svezia e una immigrazione tra il 2015 e il 2060 della stessa intensità di quella registrata tra il 1960 e il 2015, la forza lavoro passerebbe dai 25,1 milioni a 24,5 con una perdita contenuta. Se, invece, i livelli di partecipazione al lavoro rimanessero gli attuali e non si registrasse alcuna immigrazione nell’intero periodo l’aggregato produttore scenderebbe a 17,2 milioni, con una perdita di quasi 8 milioni di unità. Una forchetta di possibilità e di rischi che conferma la complessità dei problemi che attendono il paese nei prossimi decenni e che sollecitano sforzi e impegni rilevanti su più fronti, compreso quello dell’immigrazione che andrebbe affrontata con maggiore consapevolezza e senza strumentalizzazioni.
Note
2 G. Buccini e F. Fubini, “Svolta sui migranti: in Italia raddoppiano i permessi di lavoro rispetto al passato”, Corriere della Sera on-line, 15 dicembre 2021, .
3 F. Lombardini, “Legge Decreto Flussi 2021 2022”, 24 dicembre 2021
4 N. Sergi, “Il decreto flussi 2022? La logica è sempre quella dell’emergenza”, 16 dicembre 2021,
5 E. Di Pasquale e C. Tronchin, “Bentornato decreto flussi”, La Voce, 9 dicembre 2021,
6 Di questi a novembre dello scorso anno solo 38 mila aveva ricevuto il permesso di soggiorno (S. Bleggi, “Salviamo la sanatoria 2020, le proposte di Ero straniero”, 26 novembre 2021.
7C. Bonifazi e A. Paparusso, Gli immigrati nell’economia italiana: tra necessità e opportunità, Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo, 2021.
8 Lutz, W., Goujon, A., Kc, S., Stonawski, M., & Stilianakis, N. (Eds.) (2018), Demographic and human capital scenarios for the 21st century: 2018 assessment for 201 countries, Luxembourg: Publications Office of the European Union.