L’Italia non riesce a rispettare la soglia europea del 33% nell’offerta del servizio degli asili nido. Come ci spiega Ramona Cavalli Il programma Next Generation EU e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza costituiscono l’occasione anche per superare tale limite, considerata l’importanza di tali servizi.
Importanti studi hanno dimostrato che l’investimento di qualità sui primi anni di vita (dai 3 mesi ai 2/3 anni di età) producono effetti più incisivi rispetto a quello su età posteriori alla prima infanzia, volti al contrasto dell’abbandono scolastico e la formazione in età adulta, più costosi e meno efficaci.
Fin dagli anni ‘70, gli studi condotti sul DNA, che hanno portato alla nascita dell’epigenetica, dimostrarono come un ambiente confortevole e stimolante accelerasse lo sviluppo, poiché riusciva ad attivare geni diversi, mentre un ambiente privo di opportunità e di stimoli rallentasse lo sviluppo di sensi e capacità, come ad esempio la vista e la memoria. In seguito, quindi, è stata affermata la c.d. teoria dei primi 1000 giorni, secondo cui nei primi due- tre anni di vita del bambino i sistemi adattivi di base, ossia la salute, raggiungerebbero la maturità. La conferma è arrivata anche dalla psicologia dello sviluppo, le cui ricerche hanno dimostrato che le cure materne affettuose hanno effetti benefici non solo sulla salute e il benessere immediati durante l’infanzia, ma anche sull’equilibrio psicologico, neurologico, motorio, cognitivo nell’età adulta.
Recenti ricerche hanno dimostrato anche che le disuguaglianze, che si verificano fin dalla primissima infanzia, non solo quelle di tipo economico ma anche quelle esistenti in termini di opportunità di accesso a servizi educativi per la prima infanzia di qualità e la consapevolezza dei genitori di dover avere cura del pieno sviluppo dei propri figli fin dal periodo perinatale, si cumulano nel corso del tempo.
Premessa: dagli studi sociali al recepimento normativo
In termini di diffusione di servizi per l’infanzia, nel 2002 il Consiglio Europeo riunito a Barcellona ha stabilito che gli stati membri devono impegnarsi ad offrire il servizio degli asili nido ad almeno il 33% di bambini sotto i 3 anni, e il servizio per le scuole per l’infanzia ad almeno il 90% dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico.
In Italia, con il decreto legislativo n. 65 del 2017, il legislatore ha cercato di raggiungere l’obiettivo del 33% per gli asili nido con il proposito limitato, tuttavia, di perseguire un riequilibrio territoriale nell’offerta di servizi per la prima infanzia, per ridurre i territori carenti o privi di offerta.
Intanto, nel 2018, è stato pubblicato uno dei più importanti documenti in tema di sviluppo precoce del bambino (Early Childhood Development – ECD): il Nurturing Care Framework (NCF). Lo stesso afferma che è possibile creare un ambiente favorevole al pieno sviluppo della persona umana solo se all’interno di ciascun Paese il governo nel suo insieme e la società nel suo insieme si fanno carico di promuovere una nurturing care per tutti i bambini e le bambine1.
Ancor più la Commissione Europea, all’interno del Quadro Strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione per il 2020, ha riconosciuto alla filiera dell’istruzione un ruolo centrale nella promozione di programmi educativi specifici per dotare i bambini, sin dai primissimi anni di vita, delle competenze necessarie per affrontare e superare gli ostacoli nel loro percorso di vita, sottolineando la necessità di fornire un maggior supporto ai bambini più vulnerabili2.
La situazione degli asili nido in Italia
In Italia la distribuzione del servizio delle scuole dell’infanzia è molto eterogenea sul piano regionale. Tra il 2015 e il 2019 il Nord, il Centro, le Isole e il Sud hanno mantenuto una offerta costante del servizio. Tuttavia, è evidente il divario territoriale: il Nord dell’Italia ha garantito il servizio dell’infanzia in modo crescente, ma in misura maggiore di circa un terzo rispetto al Sud, e pari a circa il doppio rispetto al Centro.
Tuttavia, mentre nella fascia tra i 3 anni e la scuola dell’infanzia l’Italia è tra i paesi UE con il maggior sviluppo del servizio, nella cura dei primi 1.000 giorni emerge una forte disomogeneità territoriale3. Infatti nel 2018 il centro-nord ha quasi raggiunto l’obiettivo di Barcellona (32%), con in media 2/3 dei comuni che offrono il servizio del nido, mentre nel mezzogiorno i posti ogni 100 bambini sono solo 13,5, e il servizio è garantito in meno della metà dei comuni (47,6%). Ai primi posti si collocano Valle d’Aosta (45,7%, cioè quasi 1 posto nei servizi socio-educativi per la prima infanzia ogni 2 bimbi residenti), Umbria (42,7%), Emilia Romagna (39,2%) e Toscana (36,2%). Al Sud, ad eccezione della Sardegna che supera la media nazionale (29,3%), vanno oltre la soglia del 20% (ovvero più di un posto ogni 5 bambini) Abruzzo e Molise, mentre Puglia e Basilicata si attestano poco sotto il 17%; molto distanziate Campania (11%), Sicilia (10%) e Calabria (9,4%)4. (Fig.1)
Peraltro, sono i figli di genitori a basso reddito e a bassa istruzione a frequentare il nido in misura minore, cioè proprio nelle famiglie che avrebbero più bisogno di un servizio gratuito o a basso costo. Poiché questa esigenza attualmente non viene soddisfatta, si verifica, specie nel Mezzogiorno, anche il fenomeno dei bambini “anticipatori”, i quali prima di compiere i tre anni vengono iscritti alla scuola dell’infanzia5, meno costosa per le famiglie essendo scuola dell’obbligo.
Nel maggio 2021, l’Italia ha presentato il programma Next Generation EU (NGEU), costituito per circa la metà da sovvenzioni in risposta alla crisi pandemica. Al suo interno, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede l’incremento degli investimenti infrastrutturali a favore degli asili nido per raggiungere il grado di copertura minima pari al 33% per i bambini 0-2 anni. Tra gli obiettivi sono anche stati rafforzati l’istruzione e la parità di genere.
In questo clima di riforme dovute all’emergenza Covid-19 sarebbe auspicabile superare in ogni regione la soglia del 33%, perché il settore della cura e dell’educazione per la prima infanzia è strategico per il contrasto della povertà educativa e per aumentare il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro, senza trascurare il fatto che creerebbe nuovi posti di lavoro gli operatori nel settore dell’educazione. Al raggiungimento di tale traguardo potrebbero contribuire i Fondi strutturali per le politiche di coesione 2021-2027.
A livello più generale, è necessario il riconoscimento del diritto soggettivo di ogni bambina e bambino a beneficiare di percorsi educativi e di istruzione da zero a sei anni: trattandosi di Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), ne verrebbe teoricamente garantita la fruibilità su tutto il territorio nazionale. L’accesso dovrebbe essere gratuito, anche per le mense scolastiche, così come suggerito anche dall’Autorità Garante per l’Infanzia. Infine, i finanziamenti potrebbero essere una opportunità anche per dare piena attuazione ai Poli per l’infanzia, previsti dal D.lgs. n. 65/2017 come ambiti di coordinamento di tutti i servizi educativi per la fascia 0-6 anni, collocando al loro interno anche i Centri per bambini e famiglie6.
In conclusione
Riflettere sul tema consente di scoprire la complessità di queste istituzioni, che più che assolvere una funzione assistenziale, sono principalmente luoghi di educazione, formazione e cura dei bambini. Questi diventano efficaci quando tengono conto dei mutamenti culturali, economici e sociali, e riescono ad adeguarsi ai bisogni, impliciti ed espliciti, dei bambini e delle famiglie che ne usufruiscono, spesso vincolati al fenomeno delle liste di attesa.
Un indispensabile monitoraggio qualitativo, in particolare, dovrebbe essere misurato attraverso appositi indicatori di qualità, per valutare l’organizzazione degli spazi e dei tempi del nido nello sviluppo del bambino; il valore della professionalità degli educatori, qualificata e adeguata per rispondere ai bisogni del bambino e dei loro genitori; l’importanza del progetto educativo del nido, in funzione dei bisogni dell’utenza e di tutti gli attori sociali che con esso interagiscono.
1 Cfr. Rassegna bibliografica infanzia e adolescenza, Supplemento della Rivista, n. 4/2020
2 Cfr. Investire nell’infanzia: prendersi cura del futuro a partire dal presente, Alleanza per l’Infanzia.
3 Cfr. Asili nido in Italia.
4 Si veda Presentazione del Report Asili Nido in Italia.
5 Si veda Presentazione del Report Asili Nido in Italia
6 Cfr. Rosina Alessandro, Investire nell’infanzia.