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Flussi migratori dall’Africa: scenari per il futuro

Mediante un modello che valorizza i dati relativi ai tassi di attività (fonte ILO) e alla popolazione prevista in corrispondenza dei paesi di origine e di destinazione dei flussi migratori diretti in Europa (fonte ONU), un gruppo di lavoro interno alla Fondazione Ismu ha recentemente realizzato una stima delle dinamiche occupazionali e demografiche nei paesi africani, giungendo ad identificare, per ognuno di essi, la consistenza degli eventuali surplus di offerta di lavoro legati alle entrate-uscite dai mercati locali riconducibili a fattori demografico-occupazionali. Partendo dalle stime di tali surplus è stato quindi possibile valutare il numero di potenziali ingressi che essi potranno verosimilmente produrre in ogni singolo paese dell’UE, tenuto conto della loro esperienza passata riguardo ai movimenti migratori di origine africana.

Il modello

Nell’impostazione del modello di stima dei flussi futuri dall’Africa ai Paesi dell’UE-28 si è in prima istanza ipotizzato costante il valore del rapporto, registrato nell’ultimo decennio distintamente per sesso, tra il numero di soggetti immigrati da ogni paese africano verso ogni singolo paese dell’Unione (a numeratore), e l’intensità dei surplus demografici nei mercati del lavoro locali africani (a denominatore). Si è poi applicato tale rapporto ai surplus demografici che la combinazione dei dati ILO e ONU prospetta per il futuro in ogni ambito di provenienza. Una successiva variante al modello ha introdotto un correttivo all’originaria stima dei flussi tramite un coefficiente moltiplicativo pari, per ogni coppia paese di provenienza-paese di destinazionae, al rapporto tra la crescita dei redditi pro-capite nell’insieme di UE-28 e la stessa crescita nei diversi paesi di emigrazione. Valutazioni, queste ultime, desunte dall’estrapolazione dei dati sull’evoluzione dei redditi stessi nell’ultimo decennio secondo le stime della World Bank.

Con tali premesse, si è così giunti a costruire un doppio insieme di previsioni dei flussi dall’Africa verso EU-28. Il primo (etichettato come frutto dell’ipotesi A) è basato sul solo effetto dei surplus e suppone l’invarianza del divario dei redditi pro-capite tra ogni singolo paese di provenienza africano e UE-28, mentre il secondo insieme (ipotesi B) è determinato dai surplus demografici corretti secondo la variazione del rapporto tra la crescita dei redditi pro-capite in ciascun paese di provenienza e lo stesso valore per il complesso di UE-28.

Principali risultati

In base alle ipotesi A, i flussi migratori dall’Africa all’UE-28 sono stimabili per circa un decennio ancora attorno alle 350mila unità annue, con un successivo rialzo a 380mila tra il 2026 e il 2030. Leggermente più contenuta appare l’entità dei flussi secondo l’ipotesi B – in linea di principio più verosimile – in virtù di una media dei redditi pro-capite che, a livello relativo, sembra destinata a crescere più in Africa che in UE-28 (fatte salve talune eccezioni importanti come Somalia e Gambia). Di fatto, con l’ipotesi B il flusso medio annuo è stimabile fino al quinquennio 2021-2025 in poco oltre le 300mila unità annue, con un aumento a quasi 330mila tra il 2026 e il 2030. Secondo entrambe le ipotesi, la pressione di cittadini dal Nord dell’Africa verso l’UE-28 andrà riducendosi nel tempo, mentre aumenterà – per più di quanto serva a compensarne gli effetti – quella delle provenienze dal Centro-sud continentale.

Origini e destinazioni dei flussi Africa-UE 28

Rispetto al dettaglio dei flussi Africa-UE per paese di provenienza, oltre al calo dei (comunque ancora importanti) movimenti dal Marocco verso la Spagna, l’Italia e la Francia, si affievoliranno decisamente anche quelli da Tunisia e Algeria e si rafforzeranno soprattutto quelli dalla Nigeria; analogo sviluppo è atteso per le provenienze dal Senegal, dalla Somalia (anche per via di un effetto moltiplicatore dovuto a redditi sempre più bassi), dal Camerun, dal Sudafrica e dal Gambia, di cui più di metà verso la Spagna e in forte aumento causato, come per la Somalia, da una sfavorevole dinamica dei redditi.

Dietro a tali paesi, nella prospettiva del 2026-2030 si confermerà molto probabilmemte il flusso ghanese, che verrà affiancato da quello maliano, destinato ad accrescersi in modo consistente, e da quello ivoriano, mentre si affacceranno in Europa con numeri ancor più rapidamente crescenti nuovi paesi quali la Guinea, la Repubblica Democratica del Congo, lo Zimbabwe e il Kenya.

Per quanto riguarda i singoli flussi nazionali più significativi, identificati per convenzione come quelli superiori alle 5mila unità annue, va segnalato che attualmente essi sono una decina dall’Africa all’Unione Europea e che diventeranno 15 nel 2026-2030. In tale ultimo quinquennio di previsione mentre si ridurranno i flussi dal Marocco (verso Spagna, Francia e Italia), si moltiplicheranno quelli dal Senegal – anche verso la Francia oltre che verso l’Italia e la Spagna – e dal vicino Gambia alla Spagna; si svilupperannpo flussi dalla Nigeria oltre che verso il Regno Unito anche diretti in Spagna e dal Camerun verso la Francia. Spariranno, o quasi, i “flussi di prossimità” Algeria-Francia e Tunisia-Italia-Francia, così gli unici di una certa consistenza dal Nord Africa rimarranno quelli marocchini – in Francia e in Italia ma soprattutto in Spagna – anche se non più così massicci come in passato. Nasceranno movimenti in uscita dalla Costa d’Avorio alla Francia e dal Mali alla Spagna; infine si confermerà – pur riducendosi d’intensità – il flusso dal Sudafrica al Regno Unito, cui si affiancherà quello dal vicino Zimbabwe verso la stessa destinazione. Va ancora segnalato che supererà la soglia delle 5mila unità annue anche il flusso dalla Somalia alla Svezia.

L’impatto demografico

Si può stimare che il flusso migratorio africano con cui i paesi di EU-28 saranno chiamati a confrontarsi nei prossimi anni sarà sempre oscillante attorno alle 6 unità in ingresso ogni 10.000 abitanti dell’UE-28, ma con forti differenze tra i singoli membri. In particolare, la Spagna vedrà in futuro l’ingresso mediamente di circa 15-16 immigrati africani all’anno ogni 10.000 abitanti, mentre – tra i grandi stati dell’Unione – la Francia scenderà da 10 a 9 ogni 10.000, il Regno Unito salirà da 7 a 8 e l’Italia si confermerà attorno a 8 ogni 10.000. Solo la Germania, seppure in leggero aumento nel tempo (e maggiormente impegnata sul fronte dell’accoglienza di profughi, ma soprattutto di provenienza asiatica), si collocherà sempre su livelli molto inferiori, vedendo l’ingresso sul proprio territorio di circa 3 migranti africani all’anno ogni 10.000 abitanti, ovvero con il medesimo impatto previsto in Grecia, in Irlanda e nei Paesi Bassi.

Più che altrove sembra crescere il peso relativo del flusso annuo di migranti africani diretto a Malta, che passerà dagli attuali 10 ingressi ogni 10.000 abitanti a 17 ogni 10.000 all’anno nel 2026-2030. In tal senso va segnalato anche il Belgio che, dietro alla Spagna ma prima di Francia, Regno Unito e Italia, si confermerà attorno a un’accoglienza di 15 migranti africani all’anno ogni 10.000 abitanti. La Svezia salirà molto dagli attuali meno di 8 a oltre 13 nel 2026-2030, mentre il Lussemburgo continuerà ad oscillare attorno ai 10. Di converso, al di sotto della media europea di accoglienza si collocheranno, oltre a Germania, Grecia, Irlanda e Paesi Bassi di cui si è detto, anche l’Austria, la Finlandia, la Danimarca, Cipro e, tra i rappresentanti dei Paesi dell’Est, tutti con tassi molto bassi, per prima la Repubblica Ceca.

Limiti, plausibilità e possibili usi del modello

In definitiva il modello utilizzato appare molto conservativo nei suoi aspetti previsionali, in particolare recependo le attrattività migratorie passate e proiettandole nel futuro sulla base dell’evoluzione prevista del contesto demografico e dei mercati del lavoro di partenza, ma non di quelli di arrivo. Che però possono essere ritenuti più stabili, nell’area dell’Unione. L’ipotesi B, che considera anche le previsioni d’evoluzione dei rapporti di reddito tra luoghi d’origine e di destinazione, corregge quest’ultimo aspetto, anche se solo parzialmente. Inoltre i flussi di ricongiungimento familiare sono considerati conglobati e dunque proporzionali a quelli per motivi di lavoro, così come i flussi derivanti da altri motivi e, in particolare, quelli per asilo politico. Quest’ultima ipotesi non è naturalmente realistica e va preso atto che il modello non è in grado di prevedere le dinamiche politiche e d’instabilità nazionali – nei paesi d’origine ma anche in quelli di destinazione – che avverranno nei prossimi anni, limitandosi ad assumere che si abbiano effetti analoghi a quelli osservati nel recente passato. In ogni caso, gli Autori ritengono che gli scenari previsti dal modello possano fungere da base per riflessioni numeriche sul prossimo futuro dell’immigrazione africana nei paesi europei. Un utile input da prendere in esame nel mettere in cantiere quelle nuove politiche di governo del fenomeno migratorio e di collaborazione tra Europa e Africa che ormai si rendono assolutamente irrinunciabili.

per saperne di più

Fonte figura – elaborazioni Fondazione Ismu su dati ILO, ONU, World Bank. 

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