La partecipazione delle donne al mercato del lavoro è aumentata considerevolmente negli ultimi due decenni ma rimane molto più bassa della media europea. Allo stesso tempo, i differenziali salariali orari sembrano contenuti, ma sono accompagnati da importanti differenze per i redditi da lavoro annuali. Questo sembra essere determinato non solo dalla maggiore incidenza del part-time per le donne, ma anche da carriere più discontinue.
La partecipazione delle donne italiane nel mercato del lavoro
L’Italia è stata caratterizzata a lungo da un basso livello di partecipazione¹ delle donne al mercato del lavoro. Come mostrato nel grafico di sinistra della figura 1, questa situazione è cambiata negli ultimi 25 anni: la partecipazione delle donne è aumentata sostanzialmente, riducendo il gap con gli uomini di più di 20 punti percentuali. Questa dinamica è in larga parte determinata dalle donne sposate, separate o vedove. Per le donne nubili, invece, non si registrano particolari cambiamenti. Questo suggerisce che la formazione della famiglia non è più motivo di abbandono del mercato del lavoro come in passato.
Possiamo trarre simili conclusioni osservando le donne occupate (figura 1, grafico di destra). Occorre anche aggiungere che la crisi sembra aver colpito maggiormente gli uomini, con una conseguente ulteriore riduzione del divario occupazionale tra uomini e donne.
Nonostante tutto, il caso italiano mostra ancora dei ritardi rispetto ad altri paesi (tabella 1). Il confronto con la Spagna e l’Irlanda appare particolarmente interessante: in questi due paesi, nel 1993, il divario nei tassi percentuali, sia di occupazione che di partecipazione lavorativa, tra uomini e donne era simile a quello dell’Italia, ma nel corso del tempo si è sostanzialmente allineati alla media europea, al contrario del nostro Paese.
Retribuzione diseguale?
Un altro importante elemento che occorre considerare è la differenza salariale rispetto agli uomini. Il fatto che le donne ricevano una paga inferiore rispetto agli uomini a parità di caratteristiche come età, livello di istruzione o esperienza lavorativa è un fatto noto nella letteratura economica e diffuso in molti paesi.² Alcuni studi – ormai di qualche anno fa – hanno mostrato che le differenze salariali non erano molto marcate in Italia, dove il divario era di circa il 7% nel 1999.³ Il forte aumento della partecipazione femminile negli ultimi anni potrebbe avere cambiato la situazione: in primo luogo le donne che entrano nel mondo del lavoro oggi potrebbero essere relativamente meno “abili” rispetto alle donne che erano occupate già venti anni fa, con conseguenti minori livelli salariali. Ma può anche darsi che per una perdurante discriminazione, le donne abbiano dovuto accettare peggiori condizioni lavorative per trovare un’occupazione.
La figura 2 mostra il minor reddito annuale delle donne (linea blu) rispetto a quello degli uomini a parità di istruzione, età, regione di residenza tra il 1989 ed il 2014; la linea rossa mostra, inoltre, l’analogo divario per i salari orari.[4]
Appare evidente che esiste un sostanziale gap di reddito tra uomini e donne: a livello annuale, a parità di caratteristiche (linea blu), le donne guadagnano in media circa il 35% in meno rispetto agli uomini. Questa differenza è rimasta relativamente stabile a partire dal 1993. Le differenze in termini di salario orario, pur rilevanti, sono invece , attorno al 10%. Anche in questo caso, sembra ci sia stato un leggero peggioramento a partire dal 2002.
La differenza per i risultati tra redditi annuali e salari orari è causata in primo luogo da una maggiore prevalenza del part time (30% dei contratto per le donne e 8% per gli uomini nel 2014), da un minor numero di ore di straordinario ed in alcuni casi da una carriera più discontinua.
Per saperne di più
Banca d’Italia, Indagine sui Redditi delle Famiglie Italiane, varie edizioni
Blau F., Kahn L., 2016, “The Gender Wage Gap: Extent, Trends and Explanations”, IZA Working paper,
Petrongolo B, Olivetti C., 2008, “Unequal Pay or Unequal Employment? A Cross Country Analysis of Gender Gaps”, Journal of Labour Economics, Vol 26, No. 26, No. 4,
Eurostat, Banche dati
note
¹Un individuo partecipa al mercato del lavoro se è occupato, disoccupato o in cerca di prima occupazione.
²Per ulteriori approfondimenti su questo tema rimando al recente lavoro di Francine Blau and Lawrence Khan (2016)
³ Si veda lo studio di Barbara Petrongolo e Claudia Olivetti (2008).
[4] Questo risultato è ottenuto usando una regressione lineare con un set di indicatori per titolo di studio e per la regione di residenza ed un polinomio quinto per età.