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Un Paese serio non può che fare così

Il 17 giugno monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della fondazione Migrantes, della Conferenza episcopale italiana, ha dichiarato: “Il sistema di accoglienza italiano per richiedenti asilo, improvvisato, insufficiente, politicamente non condiviso, segnato da malaffare e da una burocrazia impagliata, ha portato a una mancanza di credibilità dell’Italia in Europa, e ha giustificato in qualche modo un mancato accordo europeo sul l’agenda delle migrazioni”. In altre parole, l’Europa non si fida di come l’Italia gestisce le migrazioni. La burocrazia è proprio impagliata. La lentezza delle commissioni per concedere l’asilo e dei tribunali per discutere i ricorsi è inconcepibile. Del resto, le commissioni prefettizie, anche se recentemente sono state raddoppiate da 20 a 40, sono oberate di lavoro, anche perché nessuno dei componenti si occupa solo di questo. E i ricorsi, secondo una normativa assurda, vanno presentati nei tribunali delle sedi di Corte d’Appello della regione ove risiede il richiedente asilo: ciò significa che si tratta di 20 tribunali, ad esempio in Lombardia tutti i ricorsi si concentrano sul tribunale di Milano. Forse tutto questo poteva funzionare quando i richiedenti asilo erano meno di 10 mila l’anno. Ma non può funzionare se le richieste diventano 10 volte tanto!

Inoltre, gli italiani cercano di fare i furbi non identificando i migranti, sperando che se ne vadano in Francia o in Germania. Non dobbiamo poi stupirci dei blocchi francesi a Ventimiglia o di quelli austriaci e tedeschi al Brennero! La furbizia italica ha generato anche la proposta di concedere a tutti un permesso temporaneo, per poter varcare legalmente il confine. Sbagliato anche questo: potrebbe portare al blocco di Schengen verso l’Italia, proprio in piena stagione turistica. Un disastro.

Infine, gli accordi di riammissione con i Paesi poveri per i migranti irregolari che non hanno diritto all’asilo, nonché gli sforzi per applicarli, sono poi insufficienti. Tanto che nel 2014 sono stati accompagnati a casa appena 15 mila irregolari, quando in Italia – secondo la fondazione Ismu – vivevano nel nostro Paese più di 300 mila stranieri irregolari.

Quest’ultima constatazione fa allargare il discorso alle migrazioni tout court. Forse questa palese incapacità di gestire l’emergenza rifugiati deriva dal fatto che l’Italia non ha mai regolamentato sul serio le immigrazioni. Quasi tutti gli attuali stranieri con permesso di soggiorno, dopo essere entrati in Italia, in modo più o meno regolare per lo più con visto turistico, sono diventati clandestini e sono stati poi regolarizzati nei click day (fingendo di vivere ancora nel loro Paese di origine e accordandosi col datore di lavoro) o usufruendo delle periodiche sanatorie. Con questo meccanismo, nel decennio 2000-2009 il saldo migratorio in Italia è stato positivo per 300 mila unità l’anno. Ma non abbiamo mai messo in atto meccanismi d’ingresso ed espulsione realistici, dove la grande richiesta di lavoratori stranieri potesse trovare risposte sensate rispettando la legge.

Ora i rifugiati svelano la debolezza di questo gioco. Lo Stato non può più voltarsi dall’altra parte. Non possiamo lasciare che offerta e domanda di lavoro s’incontrino ignorando la legge. Perché gli altri Stati europei non ce lo lasciano fare, e perché, quando vengono identificati, i richiedenti asilo entrano in una procedura rigida che deve concludersi con una scelta “secca” dello Stato.

Sarebbe opportuno che gli avvenimenti di queste settimane inducessero il governo a rivedere tutta la partita delle migrazioni, con la stessa determinazione messa in altre partite, come il Jobs act o la lotta alla corruzione. Innanzitutto, la vicenda dei richiedenti asilo va presa per quella che è: una situazione eccezionale che va affrontata con misure eccezionali. Non è possibile che la procedura di concessione o negazione dell’asilo duri due/tre anni, durante i quali i richiedenti asilo hanno il diritto di essere mantenuti dallo Stato, e non hanno alcun obbligo di lavorare, come se fossero prigionieri di guerra. I tempi vanno ristretti drasticamente, moltiplicando le commissioni, impegnandole a tempo pieno, moltiplicando anche l’impegno dei giudici per vagliare i ricorsi. Vanno, inoltre, messi in atto percorsi di lavori socialmente utili (ad esempio nella manutenzione urbana): per salvaguardare la dignità dei migranti e favorire atteggiamenti più cordiali da parte dei cittadini italiani. Va garantito a tutti il diritto di un esame attento della propria richiesta, ma quando l’asilo non viene concesso, il richiedente va riaccompagnato nel suo Paese. Come vanno riaccompagnati anche gli irregolari, magari da tempo in Italia, che incappano nelle maglie di controlli. Sarà costoso e per alcuni può sembrare crudele, ma un Paese serio non può fare che così. Oppure apre le sue frontiere: certamente, non può fingere di tenerle chiuse.

Va poi rivista in profondità la legge per gli ingressi regolari. Va preso atto dell’impossibilità di pre-determinare le esigenze di un mercato del lavoro come quello italiano, sostanzialmente basato su conoscenze personali e famigliari. Bisognerebbe aver più fiducia della capacità del mercato di stabilire l’incontro fra domanda e offerta, stabilendo norme che ne permettano il funzionamento regolare anche con una stabile componente legata all’immigrazione. Piuttosto di fissare in modo aleatorio e per ogni provenienza i numeri degli ingressi regolari, si potrebbero estendere i tempi del permesso d’ingresso a tempo determinato (ad esempio a sei mesi), condizionato alla disponibilità di un garante (persona fisica e/o giuridica) residente in Italia. Non sembra utile predeterminare il numero di tali permessi d’ingresso, mentre va garantita la trasformazione automatica in permesso di soggiorno per quanti dimostrino di aver trovato un’occupazione regolare e un alloggio stabile. Per quanti non trovassero un’occupazione e una casa, scatterebbe invece l’espulsione, e il garante sarebbe corresponsabile dell’eventuale permanenza irregolare in Italia. Grazie a questa corresponsabilità, i garanti favorirebbero l’arrivo solo di persone effettivamente in grado di trovare rapidamente un lavoro regolare.

Questo meccanismo avrebbe il pregio di semplificare le procedure burocratiche, riducendo i costi e adattando il sistema normativo sugli ingressi-espulsioni al mercato del lavoro e alla società italiana, salvaguardando le finalità delle leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini, ossia connettere migrazioni e lavoro.

Articolo pubblicato sulla rivista Il Mulino

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