La crisi economica mondiale ha trasformato radicalmente lo scenario politico, economico e sociale innescando meccanismi d’incremento delle disuguaglianze sociali in molti paesi dell’area OCSE – come del resto avviene spesso, a giudizio di Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001. In Europa, ad esempio, i paesi scandinavi, i meno colpiti dalla crisi, hanno un indice di disuguaglianza minore dei paesi dell’area mediterranea, in maggiori difficoltà economiche.
Il tema della disuguaglianza sociale, in periodi di crisi economica, è tra i più dibattuti e investe concetti come equità e giustizia che non sempre si prestano a essere letti in chiave solo oggettiva poiché riguardano anche risorse relazionali, culturali e ambientali. Interrogarsi su quali siano gli indicatori in grado di cogliere anche il benessere soggettivo è un tema di grande interesse e non soltanto per la comunità scientifica¹.
Non solo PIL
La disuguaglianza economica è generalmente misurata attraverso l’indice di Gini², calcolato ormai da diversi anni per molti Paesi del mondo, ma il confronto tra questi indici andrebbe fatto “a parità di altre condizioni”, il che in concreto significa normalmente considerare Paesi con un analogo livello di PIL (Prodotto Interno Lordo) pro capite. Il PIL però ha i suoi limiti: quantifica (imperfettamente) il complesso delle attività economiche, ma non tiene conto degli aspetti distributivi, né registra tutti i fenomeni che possono condizionare la qualità della vita. Un suo uso superficiale porta talvolta a confondere i due aspetti, reddito medio e benessere della popolazione, che è invece bene tenere distinti.
Si può allora fare riferimento, anziché al PIL, ai dati raccolti nell’ambito dell’iniziativa dell’OCSE del 2011 denominata “Better Life”³ che si è focalizzata sull’analisi statistica e sociologica degli aspetti che caratterizzano la qualità della vita, concentrandosi sulla definizione del concetto polisemico di Well-Being. Sono stati individuati 11 ambiti ritenuti essenziali a questo fine, tra cui la salute, la sicurezza personale e la soddisfazione della propria vita, oltre alle più tradizionali misure del reddito.
La Fig. 1, ricavata da un’analisi in componenti principali dei dati diffusi dall’OCSE per i 36 paesi analizzati, mostra in sintesi la posizione relativa delle dimensioni di Well Being, e fornisce la possibilità di interpretarle in modo complessivo e in relazione reciproca tra loro. Il primo fattore[4] (qui denominato “Sicurezza sociale” e rappresentato come asse delle ascisse del piano cartesiano in figura) si caratterizza per avere sul versante negativo una forte presenza di variabili come “Criminalità”, “Abitazioni inadeguate”, e “Alto tasso di omicidi”. Sul versante positivo compaiono invece variabili come “soddisfazione generale di vita”, “capacità di sapersi mantenere”, “forte rete di sostegno famigliare e amicale”, “sostegno da parte dello Stato”.[5] Dunque, mentre da un lato sono presenti variabili che hanno a che fare con l’insicurezza latu sensu, sul polo opposto si trovano invece variabili che hanno a che fare con aspetti positivi, oggettivi e soggettivi, riguardo la qualità della vita.
L’altra dimensione che emerge, qui denominata ‘Condizione occupazionale’ e rappresentata sull’asse verticale, sembra più interpretabile in termini di sviluppo economico correlato con la reale situazione lavorativa. Infatti troviamo in basso modalità come “disoccupazione di lungo termine” e “instabilità lavorativa”, cioè della probabilità di perdere la propria occupazione. In alto, per contro, troviamo “occupazione stabile” e la possibilità di lavorare molte ore settimanali.
I 36 paesi OCSE qui analizzati, una volta proiettati sul piano fattoriale, si possono raggruppare in quattro classi, con la Cluster Analysis[6] (Fig. 2), ottenendo uno schema interpretativo di immediata lettura che mette insieme Paesi con analogo livello di Well Being. Per ognuno di questi gruppi è stata analizzata l’evoluzione dell’indice di Gini nel recente passato (2008-2011). Ebbene, laddove i Paesi hanno risentito meno della crisi, come nel caso del primo e del secondo gruppo, (Fig. 3) il coefficiente resta pressoché invariato pur trattandosi di due situazioni differenti come contesti socio-economici. Ciò lascia supporre che qui la crisi non abbia avuto effetti sulla disuguaglianza sociale.
Il terzo gruppo, caratterizzato da Paesi ad alto rischio di criminalità e insicurezza sociale, presenta un indice di Gini molto alto rispetto agli altri (tra 0,4 e 0,5) ma stabile. L’ultimo gruppo invece composto da Spagna e Grecia, mostra una certa tendenza al rialzo evidenziando le conseguenze dannose della crisi sulla situazione sociale. Un ultimo appunto riguarda la posizione dell’Italia mostra valori dell’indice di Gini mediamente più alti rispetto al proprio gruppo (il secondo), a significare che essa presenta un valore della disuguaglianza sociale leggermente maggiore rispetto a Paesi di pari condizioni socio-economiche, cosa che non ci fa del tutto onore.
Sembrerebbe dunque confermata la teoria proposta da Stiglitz: Paesi che hanno fronteggiato la crisi partendo da un contesto economico e sociale più favorevole hanno risentito meno dei fattori contingenti in termini di disuguaglianza sociale; di converso, Paesi con situazioni di immobilità economica o di pericolosità sociale, mostrano un impatto negativo della crisi economica anche dal punto di vista della disuguaglianza sociale.
Questo risultato suggerisce che istruzione e socializzazione primaria giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo individuale poiché è grazie alle conoscenze trasmesse, alle capacità personali e alle competenze maturate che è possibile partecipare attivamente alla società. Inoltre è fondamentale il ruolo che riveste il contesto familiare nella trasmissione dei valori e delle norme del vivere civile e quindi l’importanza dell’avere tempo e denaro da dedicare alla prole.
¹ L’OCSE ha istituito l’HLEG work-programme che si focalizza sull’analisi dei temi della disuguaglianza e sulla definizione del concetto di benessere soggettivo.
² L’indice di Gini varia tra 1 (massima concentrazione del reddito) e 0 (perfetta equidistribuzione).
³ OCSE, www.betterlifeindex.org
[4] La percentuale di varianza spiegata dal primo fattore è di 34, quella del secondo è di 13.
[5] Nel grafico le variabili in grassetto sono particolarmente rilevanti nel caratterizzate la dimensione (o asse) a essi corrispondente.
[6] Si è deciso di determinare un possibile raggruppamento di Paesi a partire dal risultato dell’analisi fattoriale in modo da ottenere gruppi immediatamente riconducibili ai fattori di interesse per la ricerca, come lo sviluppo socio-economico e le condizioni lavorative. Si è usato un metodo tradizionale di classificazione basato sul legame medio tra i gruppi.