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Verso Nord. Mobilità studentesca e risorse familiari.

Negli ultimi due decenni il sistema universitario italiano ha attraversato una fase di trasformazione profonda. L’espansione nel sistema dell’offerta, con l’apertura di numerose sedi decentrate, oltre ad avere inciso sull’organizzazione e sulla struttura dei corsi, ha contribuito a cambiare la geografia delle sedi universitarie e con essa la mobilità degli studenti. Il decentramento territoriale dell’istruzione universitaria poteva, in linea di principio, ridurre la mobilità territoriale di lungo raggio. Così non è stato. L’attrattività delle università centro-settentrionali sugli studenti provenienti dalle regioni meridionali è rimasta elevata nel corso degli anni in termini assoluti (v. Impicciatore e Tuorto, Neodemos 3/3/2011 ) ed è andata addirittura aumentando in termini relativi, come mostra la figura 1, almeno fino al 2007 per poi subire una lieve frenata negli anni della crisi. La persistente attrattività degli atenei del Centro-Nord dipende, in primo luogo, da due motivi. Il primo è legato al prestigio di cui continuano a godere molti dei maggiori atenei di quest’area. I dati ISTAT mostrano che il 65% degli studenti meridionali iscritti in un ateneo del Centro Nord dichiara di aver fatto questa scelta per il prestigio di cui gode l’ateneo o per la qualità dei servizi e delle strutture, fattori che sono rilevanti nella scelta solo nel 22% di chi si iscrive in un ateneo del Sud. Il secondo motivo concerne il diverso mercato del lavoro. Nel Mezzogiorno, a fronte dell’aumento della qualità dell’offerta di lavoro, rimane stabile, se non addirittura decrescente la domanda di profili professionali più qualificati. Se a questo aggiungiamo che la ricerca del lavoro nel Meridione è maggiormente legata ai canali informali, ne risulta un più basso “ritorno” in termini occupazionali e remunerativi dei titoli di studio più elevati, come dimostrano le indagini di Almalaurea (2011).

La classe non è acqua
Affinché si realizzi l’intenzione di iscriversi in un’Università lontana anche centinaia di chilometri dal luogo d’origine, questi fattori devono, tuttavia, più che compensare l’incremento dei costi che tale scelta comporta. In tal senso, le risorse familiari possono influire non poco sulla scelta dello studente meridionale di proseguire gli studi vicino casa o in un’università del Centro-Nord. Il punto è che così come le opportunità di accesso all’istruzione terziaria non sono equi-distribuite nella popolazione, così le possibilità di iscriversi in una determinata Università non sono uguali per tutte le famiglie. L’analisi dei dati ISTAT sui percorsi di studio e lavoro dei diplomati, rivela che gli studenti provenienti da famiglie con uno status più elevato (definito in base al titolo di studio dei genitori) non sono soggetti alle restrizioni legate alla distanza casa-università così come per gli studenti con minori risorse familiari. Tuttavia, ciò che colpisce di più è che l’influenza delle risorse familiari non solo non diminuisce ma tende ad aumentare nel tempo (figura 2).

Perché lo status familiare diventa sempre più importante?
La rilevanza dello status familiare si accresce  proprio in corrispondenza dell’applicazione della riforma universitaria (il cosiddetto Processo di Bologna) nel quale si è registrato un progressivo incremento di immatricolazioni e l’apertura di nuove sedi. Il decentramento delle sedi universitarie, riducendo il costo dell’investimento in istruzione terziaria, avrebbe spinto le famiglie meno abbienti a iscrivere i propri figli nelle università più vicine. Per contro, i figli delle famiglie più istruite e benestanti sarebbero in grado di scegliere più liberamente la sede universitaria sfruttando la mobilità territoriale come un ulteriore mezzo per far fronte alle difficoltà nel mercato del lavoro locale. In altre parole, la strategia di andare a studiare al Centro-Nord continuerebbe ad essere percepita come un efficace strumento di mobilità sociale ascendente pur con costi crescenti nel tempo, soprattutto in tempi di crisi. A questo contribuiscono sicuramente l’elevato costo della vita nelle grandi città del Centro-Nord, il fatto che la contribuzione media per studente in termini di tasse di iscrizione è più che doppia negli atenei del Nord rispetto a quelli del Sud e le carenze nel diritto allo studio, che vanno a pesare in primo luogo sui fuori sede. Si tratta tuttavia di aspetti che non sembrano essersi modificati radicalmente nel tempo tanto da giustificare il peso crescente dello status familiare sulle possibilità di andare a studiare al Centro-Nord. Altre ragioni vanno probabilmente cercate nelle recenti difficoltà di inserimento lavorativo e nella diffusione di contratti di lavoro precari e a tempo determinato, soprattutto tra i più giovani. In presenza di esiti occupazionali più incerti, la decisione familiare di investire nella mobilità verso Nord, soprattutto in presenza di risorse scarse, ne verrebbe influenzata negativamente.

E per finire, una buona notizia
Proprio alla luce di questa progressiva inerzia sulla mobilità per studio tra le classi meno abbienti, appare appropriata la scelta dell’attuale Governo di stanziare fondi a favore della mobilità per studio. Il Decreto ministeriale 755 datato 4 settembre 2013[1] destina complessivamente diciassette milioni di euro per il periodo 2013-2015 in borse di mobilità a favore di studenti che vogliono iscriversi in corso di laurea triennale o magistrale con sede in una regione diversa da quella di residenza. I criteri per l’assegnazione delle borse tengono conto del voto al diploma e della condizione economica dello studente. L’importo della borsa di mobilità è determinato in euro 5.000 annui.

Impicciatore R. e Tuorto D., 2011, ‘Mobilità interna e istruzione universitaria: risorse familiari, individuali e opportunità di ascesa sociale nell’occupazione’, Sociologia del lavoro n. 121: 51-78.

Almalaurea, 2011, XIII  Indagine sulla condizione occupazionale dei laureati, Bologna.

 


[1] Atti ministeriali

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