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I cittadini dei Paesi Terzi in Italia: percorsi verso la cittadinanza?

Nel corso del 2012 è proseguita la diminuzione dei flussi di nuovi ingressi di cittadini non comunitari verso il nostro Paese già iniziata durante il 2011. Nel 2012 sono stati rilasciati quasi 264 mila nuovi permessi, il 27% in meno rispetto all’anno precedente in cui se ne sono registravati quasi 362 mila (Fig.1). Sono ancora i nuovi permessi per lavoro a ridursi in maniera più evidente: il 43% in meno rispetto al 2011. Quelli per famiglia sono scesi invece del 17% e quelli per altri motivi del 21%; all’interno di quest’ultima categoria sono diminuiti soprattutto i permessi per motivi umanitari e asilo per i quali durante il 2011 a seguito della Primavera Araba si era registrato un picco “storico”. Emergono tuttavia segnali che mettono in luce le conseguenze di altre situazioni di tensione nel Mediterraneo: si riscontra, ad esempio, un aumento dei flussi in ingresso per motivi umanitari e asilo dall’Egitto (+292%) e dalla Siria (+70%).
Il primato nel 2012 spetta alla Cina , con oltre 25 mila nuovi permessi, seguita dal Marocco (22 mila) e dall’Albania (19 mila). Arretra la Moldova (9 mila) che si colloca al decimo posto, mentre esce dalla graduatoria – diventando undicesima – la collettività Ucraina.
Una presenza stabile: dal 2007 ad oggi chi è rimasto?
Al 1° gennaio 2013 erano regolarmente presenti in Italia quasi 3,8 milioni di cittadini non comunitari (PROSPETTO 1), principalmente da Marocco (513 mila), Albania (498 mila), Cina (305 mila), Ucraina (225 mila) e Filippine (158 mila). A fronte della diminuzione di nuovi flussi in ingresso si evidenzia una crescente stabilità della presenza non comunitaria; sono, infatti, sempre di più i soggiornanti di lungo periodo (cioè con un permesso a tempo indeterminato): nel 2012 erano 1,9 milioni 896.223, e nel 2013 sono saliti a oltre 2 milioni, il 54,3% della presenza regolare.
I percorsi di stabilizzazione degli stranieri sul nostro territorio rappresentano un aspetto interessante per lo studio dell’integrazione. L’analisi condotta sugli immigrati entrati per la prima volta nel nostro Paese nel 2007 ha evidenziato che il 68,2% dei cittadini non comunitari risulta avere ancora un permesso valido nel 2013. Particolarmente stabili sono coloro che provengono dalla Moldova e dall’Ucraina, paesi per i quali la quota si colloca intorno all’80%. Anche la Cina presenta un’elevata percentuale di persone che, a distanza di cinque anni, si trovano ancora nel nostro Paese (79%). I Filippini, all’opposto, appaiono come una collettività più instabile sul territorio, con un tasso di permanenza (62%) inferiore alla media. Si tratta di una collettività da anni presente sul nostro territorio, per la quale è, però, continuo il ricambio. Diversa è anche la propensione a prendere un permesso di soggiorno di lungo periodo registrata per le diverse cittadinanze appartenenti alla coorte di ingressi del 2007. Per la maggior parte delle collettività la quota di permessi con scadenza convertiti in permessi di lungo periodo supera il 20% e sfiora il 30% per Albania (29,7%), Tunisia (28,7%) ed Egitto (27,9%). Resta invece sotto il 10% per Cina (5,7%) e Filippine (8,8%). In generale le donne entrate nel 2007, oltre a essere più frequentemente in Italia nel 2013, mostrano una propensione a richiedere un soggiorno di lungo periodo maggiore degli uomini: 29,4% rispetto al 14,5%. Questa evidenza è riconducibile principalmente al fatto che nel breve arco di tempo considerato è stato più facile ottenere un permesso di lungo periodo per gli immigrati entrati  a seguito di un familiare residente in Italia da più lungo tempo, che ha trasmesso a chi lo ha raggiunto la possibilità di avere un permesso di lungo periodo, pur con meno di 5 anni di permanenza sul territorio. Le donne, in questo, sono quindi risultate favorite.
Sempre più nuovi italiani
Sono sempre di più i cittadini dei paesi non comunitari che acquisiscono la cittadinanza italiana, ulteriore sintomo di stabilizzazione di questo tipo di presenza sul nostro territorio. Durante il 2012 si sono registrate oltre 65 mila acquisizioni di cittadinanza, in crescita dalle 56 mila del 2011. Di queste ultime abbiamo i dettagli sulla precedente cittadinanza, che in  quasi 50 mila casi (l’88,8%) era quella di un paese terzo[1]. Sono stati soprattutto Marocchini (10.732) ed Albanesi (8.101) ad accedere alla cittadinanza italiana; seguono, ad una certa distanza, Egitto, Tunisia, Brasile e Perù (Fig.2). Le donne rappresentano il 50,4% del totale delle acquisizioni. Durante il 2011 le acquisizioni di cittadinanza per residenza da parte di persone originarie di paesi terzi sono state circa 25 mila, e quelle per matrimonio quasi 15 mila. Per le donne il matrimonio resta però la modalità largamente prevalente per l’accesso alla cittadinanza (oltre il 48% del totale rispetto al 10,4% per gli uomini). Le acquisizioni per motivi diversi dalla residenza o dal matrimonio riguardano soprattutto minori che diventano italiani per trasmissione del diritto dai genitori e persone che, nate in Italia, al raggiungimento della maggiore età hanno i requisiti e richiedono la cittadinanza italiana. Nell’ultimo anno sono state circa 10.000 le acquisizioni che hanno riguardato queste categorie, mentre circa 8.000 hanno riguardato minori.
Risulta quindi evidente che per molti cittadini dei Paesi Terzi la scelta dell’Italia come Paese di immigrazione è una scelta definitiva, tanto da decidere, nonostante la lunghezza e le difficoltà del processo, di acquisire la cittadinanza italiana.
Sempre più importante appare, quindi, puntare anche sulle politiche di integrazione di lungo periodo per gli immigrati non comunitari e, ormai in maniera urgente, anche per le seconde generazioni.

Per saperne di più
I cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti ”, Istat, 30 luglio 2013

 


[1] Considerando anche i paesi comunitari entrerebbero nella graduatoria anche Romania (al terzo posto con 3.920 acquisizioni) e la Polonia (al nono posto con 1.060 nuovi cittadini).

 

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